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Bayram, la sfida della «cosmopolitica» di fronte a guerre e Ai: «Così dai ragazzi può arrivare la scossa»

11 Ottobre 2025 - 06:53 Diego Messini
La prima edizione della maratona oraria a Roma. L'ideatore Sebastiano Caputo a Open: «Il futuro fa paura? La risposta solo con uno shock d'immaginazione»

Una settimana fa una marea umana riempiva le strade di Roma per urlare il proprio sdegno per i troppi civili uccisi nella guerra di Gaza, nel frattempo volta pur tra mille incognite al termine. Cortei, megafoni, striscioni: quel giorno, e in quelli precedenti, una fetta di Generazione Z si è presa lo spazio pubblico «alla vecchia maniera». Nelle stesse ore, a poche centinaia di metri, qualcuno provava a immaginare un’altra scossa «generazionale» all’Italia e al mondo di oggi. Non necessariamente alternativa, certamente diversa. Il progetto Bayram ha aperto le porte quello stesso sabato 4 ottobre al Maxxi di Roma. Che cos’è? Un nuovo appuntamento di pensiero pensato per una generazione che uno non ne aveva, spiega a Open l’ideatore Sebastiano Caputo, e al contempo un grande esperimento di contaminazioni. «Abbiamo bisogno di guardare come stanno andando le cose attorno a noi e immaginare come vorremmo che andassero. E il modo con cui vogliamo che succeda è facendo dialogare persone che hanno moltissimo da dire e che apparentemente non hanno nulla in comune: un poeta e un politico; un astronauta e un teologo; un esperto di tecnologia e un artista. Il “sottosuolo” con l'”ultraceleste”». Ed è proprio così che possono nascere idee vincenti, svolte, visioni – è la scommessa di Bayram.

La sfida della «cosmopolitica»

Già, Bayram. Ma che significa? Suona criptico, immaginifico appunto. Ma il senso è molto concreto: festa, in moderno turco. La radice d’altronde è la stessa di “bailamme” – baraonda, caos creativo, appunto. Eppure la scommessa degli organizzatori della maratona oratoria romana è proprio quella di combatterlo, il caos. Quella di cui c’è bisogno domani, anzi oggi – teorizzano – è «cosmopolitica». Dove per cosmo deve intendersi il contrario di caos. «La sfida di questa generazione è quella di ristabilire un ordine futuro nel disordine del presente», spiega ancora Caputo. Per iniziare a farlo, in questa prima edizione, l’evento ha messo a fattor comune le competenze e prospettive di relatori come Guido Maria Brera e Barbara Alberti, Edwige Pezzulli e Antonio Funiciello, Dario Fabbri e Benedetto Levi, Bruno Frattasi e Alessandro Aresu, e tanti altri ancora. «Le prime edizioni sono sempre delicate, piene di incognite, ma è andata benissimo», racconta a bocce fredde Caputo, che è sua volta giornalista ed editore, avendo dato vita al gruppo editoriale MAGOG e alla rivista Dissipatio.

Guerra, tecnologia e shock creativo

Che fare, dunque, in un mondo scosso da guerre e angosce, accelerazioni tecnologiche spaventose e tentazioni politiche feudali, fremiti ma pure opportunità d’ogni tipo? «Oggi il futuro è una categoria in crisi, fa paura. Di fronte a ciò la sfida di Bayram è quella di provocare una sorta di shock immaginativo, perché per riordinare il futuro serve la capacità di avere “allucinazioni” creative, come quelle che si provano quando un film, un libro, una storia ti rimangono attaccati alla pelle e ti cambiano». E la risposta di piazza e di popolo su guerra e pace che andava in scena proprio in quelle ore nella capitale – sostenuta, rilanciata, temuta, criticata? «Quello era un movimento di massa, carnale, fatto di corpi. Come nei decenni scorsi, da un certo punto di vista. Bayram vuole essere un movimento mentale, perché oggi la sfida è su un’altra dimensione, quella cognitiva». Tesoro in cassaforte, e appuntamento al 2026.

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