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Ucraina, perché Putin incontra Trump a Budapest: la minaccia dei Tomahawk e il rischio bluff

17 Ottobre 2025 - 05:37 Alessandro D’Amato
vladimir putin donald trump incontro budapest missili tomahawk
vladimir putin donald trump incontro budapest missili tomahawk
La possibilità di fornire a Kiev missili che potessero colpire il territorio russo ha riportato lo Zar sul tavolo dei negoziati. Ma potrebbe essere tutta una finta per guadagnare tempo

La parola chiave è Tomahawk. Donald Trump ha annunciato che incontrerà «entro due settimane» Vladimir Putin a Budapest per parlare del cessate il fuoco e della pace in Ucraina. L’annuncio arriva alla vigilia di un altro incontro. Quello allo Studio Ovale con Volodymyr Zelensky. Un incontro in cui si sarebbe parlato della possibilità di fornire missili Tomahawk a Kiev. E proprio il fatto che il presidente Usa sembrasse fare sul serio ha convinto lo Zar. A prendere sul serio i negoziati di pace. Oppure a un altro bluff che gli permetta di guadagnare tempo.

La telefonata tra Putin e Trump

E infatti dopo la telefonata tra i due l’ipotesi di fornire Tomahawk per ora è rimandata. Mentre la frase di Trump sugli scambi commerciali tra Russia e Usa alimenta il sospetto che lo sfruttamento delle risorse energetiche di Mosca faccia parte del tavolo di contrattazione. Il vertice di Anchorage in Alaska era fallito. Proprio perché la Russia non aveva intenzione di fermarsi mentre guadagnava terreno. Donald e Volodymyr avrebbero parlato anche delle difese aeree Patriot e delle sanzioni per bloccare l’export di petrolio e gas russo. Ora l’agenda cambia. Mentre Vladimir ha avvertito che i missili a lunga gittata danneggerebbero le prospettive di pace. «Non possiamo esaurire le nostre scorte, servono anche a noi», ha frenato ieri Trump.

Un’escalation

Ora il presidente americano pensa che non avrebbe senso provocare un’escalation in vista del vertice. Mentre in Russia si vede la telefonata come un capolavoro diplomatico dello Zar. L’inviato presidenziale Kirill Dmitriev ne ha approfittato per schernire «i guerrafondai di Regno Unito e Ue» che tentano «con grandi sforzi di far deragliare le prospettive di pace». La scelta di Budapest come sede del prossimo vertice Russia-Usa non è che l’ultimo «ostentato trollaggio», come lo ha definito ieri il politologo Aleksej Mukhin. Una presa in giro all’Unione Europea.

Astuzie e trappole

Volodymyr Fesenko, presidente del think tank Penta di Kiev, dice oggi a Repubblica che «astuzie e trappole sono una specialità di Putin: come in Alaska, cercherà di imporre il suo piano di pace a condizioni russe. Ma Trump ragiona diversamente. Vuole la fine della guerra e ritiene che questioni simili possano essere risolte solo a livello dei leader. Giorni fa aveva annunciato che avrebbe parlato con Putin, e aveva fissato l’incontro di oggi con Zelensky. Condurrà colloqui paralleli e cercherà di persuadere entrambi a negoziare la pace. Ma sorge il solito problema, il più difficile: a quali condizioni? Si può trovare un compromesso efficace? Diciamolo meglio: Putin è pronto a un compromesso? Non abbiamo risposta, ma Trump non vuole un piacevole colloquio col leader russo: se Putin non accetterà passi concreti potrebbe fornire all’Ucraina i Tomahawk. Sa che concessioni a Putin, come in Alaska, porterebbero in un vicolo cieco».

I tomahawk e Vladimir

Fesenko dice che la questione dei Tomahawk potrebbe essere rinviata «fino all’incontro di Trump con Putin; ma l’Ucraina può ricevere altri tipi di armi, difesa aerea e sostegno sull’energia». Il presidente Usa «con il tema dei Tomahawk cerca di costringere Putin a riprendere i negoziati. Obiettivo raggiunto, almeno in parte. Ora dipende se Putin è disponibile a compromessi. Se rifiuterà un accordo accettabile per Trump, gli Usa riprenderanno la pressione sulla Russia». Dopo l’Alaska, spiega che «sono cambiate molte cose: Putin non ha accettato l’incontro con Zelensky rifiutando veri negoziati. Ma la Russia non ha ottenuto successi militari, e Trump ha cambiato bruscamente retorica: ha mostrato simpatia per Kiev, e ha dichiarato disponibilità ai missili a lungo raggio».

Il pareggio

E conclude: «Qui non si parla più di sconfitta né di vittoria, e vale per entrambi. La questione è concordare condizioni reciprocamente accettabili per finire la guerra. Bisogna negoziare un pareggio, e sarà difficile. Non aspettiamoci risultati rapidi». Ettore Sequi su La Stampa spiega: «Il nuovo tentativo di mettere fine alla guerra avviene mentre Putin cerca di guadagnare tempo prima della sospensione delle operazioni militari per la stagione invernale e Kiev tenta di legare la propria sicurezza agli americani. Gli americani mirano a chiudere la Guerra per potersi dedicare alla sfida sistemica (geopolitica, economica, militare e tecnologica) con la Cina nell’indo Pacifico. L’Europa prende atto che la propria sicurezza e quella degli Stati Uniti si sta progressivamente separando. La fine di questo conflitto arriverà con un’equazione: quando la convenienza di fermarsi supererà la convenienza di restare in guerra».

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