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Per vent’anni è stata schiava sessuale del compagno della madre: «E adesso mia figlia non vuole più parlarmi»

18 Ottobre 2025 - 07:01 Alba Romano
schiava sessuale venti anni asti
schiava sessuale venti anni asti
Lui è in carcere con le accuse di violenza sessuale, riduzione in schiavitù, maltrattamenti e produzione di materiale pedopornografico

Ha vissuto 20 anni della sua vita come una schiava sessuale. Adesso ha 27 anni e il convivente della madre è in carcere. «Ho vissuto vent’anni con una bestia e non me ne sono accorta. Anche se lui oggi è in carcere, io sono distrutta. E la cosa che più mi addolora è che mia figlia non vuole più parlarmi. Mi dà la colpa degli abusi che ha subito. Dice che non ho saputo difenderla, ma non ci riuscivo. Avevo paura di lui», dice la madre. Giacinto Sostero, racconta oggi La Stampa, è stato arrestato con le accuse di violenza sessuale, riduzione in schiavitù, maltrattamenti, produzione di materiale pedopornografico.

22 anni schiava

Secondo il capo d’imputazione Sostero «ha costretto la figlia della sua convivente dall’età di cinque anni a essere vittima di continui maltrattamenti e a compiere atti sessuali». Tra questi, «la costringeva a fare degli spogliarelli», «le faceva indossare vestiti attillati», «la picchiava con una racchetta da tennis». E ancora: «La costringeva a pulire il pavimento in ginocchio per non comprare un mocio». E «La minacciava di morte perché non raccontasse a nessuno quello che succedeva». Infine, «voleva metterla incinta perché la considerava la sua nuova compagna e doveva considerare la madre come una sorella».

Una prigione psicologica

Il tutto è avvenuto in un alloggio popolare a due passi dal centro di Asti. Lui non lavorava: si faceva mantenere dalla compagna, dipendente di una società di marketing. «Con lui vivevo in una prigione psicologica. Mi terrorizzava. Avevo paura che uccidesse me e mia figlia», ha detto la madre. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto di Asti Laura Deodato, affiancata dalla pm Manuela Pedrotta della Dda di Torino ha portato all’imputazione di riduzione in schiavitù: «La ragazza era di sua proprietà».

Un vicino di casa

Lui era un vicino di casa: «Quando mi hanno assegnato la casa popolare lui viveva al piano di sopra. Ero senza marito, ero in difficoltà, ero seguita dai servizi sociali, e mia figlia aveva cinque anni. All’inizio era gentile. Mi accompagnava a fare la spesa, sembrava premuroso». «Mi sono sempre sentita inadeguata, un po’ stupida, e lui mi faceva sentire bene. Apprezzata. Ma era solo per finta». Poi sono arrivati i maltrattamenti, le minacce. «Ci ha relegate in casa. Non potevo uscire senza di lui. E da quando mia figlia è diventata adolescente ha fatto la stessa cosa con lei. Non poteva incontrare gli amici, né avere un telefono».

La figlia

La ragazza non aveva alcuna vita sociale: «Io e mia figlia abbiano dovuto fingere per tutti questi anni che la nostra vita fosse normale. Vivevamo in un costante clima di terrore». La donna era costretta a fare la spesa con 50 euro la settimana. «Se non bastavano mi picchiava». Poi un commerciante ambulante l’ha accompagnata in procura e da lì è partita l’inchiesta: «Quando lo hanno arrestato mi sono sentita libera. Ma a rivederlo in tribunale, con quell’aria indifferente, mi sono sentita male. Perché mia figlia non mi vuole più vedere, e non so come riuscirò a farmi perdonare».

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