La Spagna contro il cambio d’ora, il premier Sánchez vuole l’abolizione in Europa: «Perché non ha più senso» – Il video


«Cambiare l’ora due volte all’anno non ha più senso». Con queste parole, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez rilancia il dibattito sull’abolizione dell’ora legale, chiedendo all’Unione europea di mantenere la promessa – fatta ormai sette anni fa – di porre fine a questa pratica. «Questa settimana effettueremo nuovamente il cambio, ma sinceramente non ne vedo più la ragione», dichiara Sánchez in un video pubblicato su X. Una battaglia che la Spagna intende portare avanti al Consiglio Ue «con l’obiettivo che nel 2026 si smetta definitivamente di spostare le lancette», conclude il premier. Sebbene il tema non fosse all’ordine del giorno, riporta Politico, il segretario di Stato spagnolo per l’Energia, Joan Groizard, ha richiesto l’inserimento del punto in agenda: «Il sistema energetico sta cambiando profondamente. È il momento di riaprire il confronto per trovare una soluzione davvero efficace».
Un’Europa ancora divisa
Nonostante il sostegno popolare – l’84% dei 6,4 milioni di cittadini europei che parteciparono alla consultazione pubblica della Commissione Ue nel 2018 si disse favorevole all’abolizione – l’Unione non è mai riuscita a trovare un’intesa politica sul tema. La proposta avanzata allora dalla Commissione, sotto la guida di Jean-Claude Juncker, prevedeva di porre fine al cambio d’orario entro il 2019. Tuttavia, le profonde divisioni tra i leader nazionali ne bloccarono l’attuazione, facendo naufragare anche il successivo tentativo del Parlamento europeo di fissare l’abolizione per il 2021.
Paesi come Portogallo e Grecia si opposero duramente, mentre altre nazioni, soprattutto del Nord Europa come Finlandia e Polonia, hanno espresso più volte preoccupazioni sugli effetti negativi – fisici e mentali – che l’ora legale avrebbe su una parte significativa della popolazione. Per Sánchez, però, è tempo di superare le esitazioni: «Ci sono prove scientifiche che dimostrano come il cambio d’orario non porti benefici tangibili in termini di risparmio energetico e abbia invece conseguenze negative sulla salute e sulla vita delle persone», ha detto nel filmato pubblicato sui social.
Una sfida politica complessa
Il percorso, tuttavia, è tutt’altro che semplice. Per portare avanti la proposta, la Spagna dovrà ottenere il sostegno della maggioranza qualificata del Consiglio Ue: almeno 15 dei 27 Stati membri, oppure un gruppo di paesi che rappresenti almeno il 65% della popolazione dell’Ue. Senza contare che anche solo quattro governi contrari possono bloccare il processo. La posta in gioco è alta: si tratta non solo di una questione tecnica, ma anche di una scelta simbolica e politica. Il cambio d’orario, introdotto per la prima volta durante la Prima guerra mondiale per risparmiare carbone e poi ripreso in tempi di crisi energetica, è oggi sempre più percepito come una misura obsoleta.
Il tempo stringe (di nuovo)
Secondo le attuali norme europee, in vigore dal 2001, gli Stati membri devono spostare avanti le lancette l’ultima domenica di marzo e riportarle indietro l’ultima domenica di ottobre. Una prassi che, per molti cittadini, non ha più motivo di esistere in un’epoca di cambiamenti climatici, efficienza energetica e stili di vita completamente diversi rispetto al passato. Riuscirà la Spagna a trasformare il malcontento popolare in un cambiamento concreto? Per ora, il nuovo tentativo ha riportato il tema sotto i riflettori. E forse, come disse Juncker nel suo discorso sullo stato dell’Unione nel 2018, «abbiamo davvero esaurito il tempo».
October 20, 2025