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Dove va il nuovo Fedez? Dal libro alla musica tutti gli indizi sul rapper che ha negato il rap

22 Ottobre 2025 - 18:16 Gabriele Fazio
Dalla svolta pop alla rinnegazione del rap, Sanremo e tutte le hit, fino a diventare ingiustamente icona della cattiva musica

Quante vite che ha vissuto Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez. 36 anni che sembrano il doppio, in cui è riuscito ad accentrare su di sé, pur soffrendo la situazione, l’attenzione di un intero paese che sembra continuare a pendere dalle sue scelte. E ne ha fatte di scelte Fedez in questi 36 anni che sembrano il doppio, abituati come siamo a rimanere giornalmente aggiornati, volenti o nolenti, su quello che fa, che dice, che pensa, che ipotizza, che incide. Si parte dal rap, quello lo sappiamo per certo, da quello stesso punto da cui provengono tutti i maggiori interpreti del game italiano.

Il debutto, il successo, poi il grande successo, poi l’incontro con Chiara Ferragni e l’ascesa al titolo nobiliare internettiano, la nostra personal Royal Family, con tanto di splendidi bimbi, Leo e Vitto, principe e principessa di questo castello milanese ipercool, oggi dimora dell’attaccante dell’Inter Marcus Thuram, che da fuori sembrava fatato e poi invece no. I libri, i programmi tv, i podcast, l’imprenditoria, mentre miete amicizie come Attila l’erba.

Colleghi a parte, che da un certo punto della storia lo hanno quasi unanimamente eletto come esempio plastico di tutto ciò che un rapper non dovrebbe essere, salvo poi costruire una narrativa che insegue, dichiaratamente e affannosamente, i traguardi raggiunti da lui, i beneamati soldi, inoppugnabile simbolo del proprio riscatto sociale, nella lista abbiamo nomi tipo J-Ax, Fabio Rovazzi e Luis Sal. Con i primi due il rapporto parrebbe essersi ricucito, col terzo, l’unico mai riuscito a stenderlo mediaticamente con quel «Dillo alla mamma, dillo all’avvocato», al momento no.

Anni di musica insincera

Il ruolo della musica in questa folle cavalcata, ogni trotto una stories, un retroscena, un annuncio, un X Factor, uno scandaletto, una querela del Codacons, una lite con un politico, diventa un contorno. Dopo la parentesi in coppia con J-Ax (Comunisti col Rolex), che si può archiviare sicuramente come un successo, escono due dischi di Fedez. Il primo, Paranoia Airlines, fu a buona ragione smontato dalla critica, un album che suona totalmente insincero e privo di spunti, di verve, senza un solo brano che si sia reso in qualche modo memorabile.

Va un pochino meglio due anni dopo Disumano, che all’interno presenta brani che hanno strappato il loro canonico quarto d’ora di successo, Bella storia, Bimbi per strada (Children), Meglio del cinema, Problemi con tutti (Giuda) e, diremmo soprattutto, Mille, uno degli ultimi grandi tormentoni estivi italiani. Ma nemmeno con questo lavoro convince, è come se quell’artificio che si intravede guardando le sue storie su Instagram, e che poi tale si è rivelato, venga tradotto in musica. Così diventa impossibile strapparsi l’etichetta di artista privo di contenuti.

La rinnegazione del rap

Di rap in quei dischi c’è veramente poco ma d’altra parte la fase rap è talmente lontana nel tempo e talmente marginale nella narrazione della sua vita, che molti non ricollegano proprio Fedez alla disciplina. Ad un certo punto lui stesso alza le braccia, lo fa in maniera chiara, netta e definitiva quando accetta, con quel coraggio che mai gli è mancato, di farsi intervistare da Antonio Dikele Distefano, direttore di Esse Magazine, rivista di riferimento per tanti giovanissimi amanti del rap, non tutti proprio groupie di Fedez.

Anzi, un’intervista oggettivamente complessa da affrontare, tant’è che il video sarà rilasciato oltre un mese dopo, alla fine di lunghe trattative sui tagli, ma dalla quale Fedez esce a testa altissima quando all’ennesimo attacco sulla sua musica alza le braccia ammettendo di non riconoscersi più nella figura di rapper e togliendo così la terra sotto i piedi a tutti gli haters del game italiano.

La svolta sanremese

Se Sanremo è (e lo è sicuramente) il più importante fenomeno di costume della stagione culturale italiana, non poteva non farsi da scenografia anche per alcuni snodi cruciali nella storia di Fedez. Al Festival di Sanremo, quando si presenta in coppia con Francesca Michielin, si certifica l’apertura al puro pop. Al Festival di Sanremo, quello co-condotto da Chiara Ferragni, quello del bacio con Rosa Chemical che scandalizzò l’Italia, si certifica la crisi del suo matrimonio.

Al Festival di Sanremo dell’anno scorso si certifica un riavvicinamento alla musica, alla scrittura, in una forma decisamente più onesta rispetto al passato, forse anche perché nel frattempo in quegli anni, 35 nel febbraio 2025, che però sembrano sempre il doppio parlando di lui, rientra anche una diagnosi di tumore al pancreas, un fatto fisiologicamente segnante. Così quello che avviene sul palco dell’Ariston è una sorta di esorcismo, che avendo a che fare con Fedez non poteva che avvenire sotto il più luminoso dei riflettori della tv italiana.

Il nuovo brano, il nuovo libro

In occasione dei suoi 36 anni, Fedez esce con un nuovo brano e un nuovo libro. Il brano si intitola Temet Nosce, dal latino “Conosci te stesso”, citazione del tempio di Apollo a Delfi, di Matrix e anche di sé stesso, dato che ha quell’espressione tatuata sul petto. Un brano in cui si ritrova la migliore scrittura di Fedez, quadrata e amara, che tenta di essere il più pungente possibile, talvolta riuscendoci anche («Gli schiavi dell’industria hanno al collo le catene / Una playlist di gente vuota con le tasche piene»), in cui si torna a parlare di depressione («La mia colazione: caffè corretto con il Rivotril / Non conoscerai la gioia se non scopri la sua antitesi»), altro aspetto dell’intimità che Fedez non ha mai nascosto.

«Cicatrici chiuse fuori ma ferite aperte dentro» canta Fedez nel brano, un modo come un altro per dire che L’acqua è più profonda di come sembra da sopra, che poi è il titolo del terzo libro in cui Fedez, che nel frattempo ha sempre solo 36 anni anche se sembrano il doppio, racconta la sua verità. Forse il più atteso, dato che è il primo uscito dopo che il regno dei Ferragnez si è sgretolato sotto gli occhi dell’intero stivale.

Scandali e no

All’interno tutti i retroscena che vi aspettate, dal senso di usurpazione provato quando l’ei fu signora Lucia stava sul palco di Sanremo e lui sotto, perché, scrive: «Per me quel palco è sinonimo di musica: pensavo che la priorità, nella nostra coppia, avrebbe dovuto essere mia, in quanto cantante E il mio lavoro, il mio ambito, il lavoro di Chiara non è presentare. Insomma, più o meno consciamente, me la vivevo male». Alla famigerata Angelica («Non era un’amante con cui ti vedi ogni giorno, ma un fuoco che bruciava sottoterra»), negando quindi il racconto di Fabrizio Corona secondo il quale ci sarebbe stata la possibilità di abbandonare Chiara Ferragni sull’altare per scappare con lei.

E poi anche l’insofferenza per la corte dell’ex moglie, compresa la vicenda Pandorogate: «A non volere quel milione di euro in casa sono stato io – racconta – Le ho detto: trova il modo, ma questi soldi qui non li voglio».

Salvate il soldato Fedez

«Mi vedono come un manipolatore – scrive ancora Fedez nel suo libro – ma la verità è che non ho deciso nulla. Ho assecondato gli impulsi sbagliati». Con Fedez il dubbio se fidarsi o meno resta sempre, forse è il vero core business della sua attività imprenditoriale. Si può essere onesti e contemporaneamente al centro dello showbiz italiano? Lasciandoci trasportare dalla tradizionale italica diffidenza diremmo di no, se non fosse che Fedez nella sua vita ha commesso errori talmente macroscopici ed evitabili che sorge il dubbio che in effetti si, potrebbe anche essere il 36enne che è.

Uno che si è arricchito molto e molto in fretta e che ha dovuto imparare a vivere una vita quasi surreale, da accerchiato ed emarginato allo stesso tempo. Uno con della buona volontà in tasca, è innegabile, che fare l’amicone dei politici (e di qualcuno lo è senz’altro) sarebbe stato molto più semplice e conveniente. Uno fregato dalla sua stessa immagine, trattato spesso come sinonimo di cattiva musica, di frivolezza culturale (se non quando di vera e propria ignoranza), una vecchia abitudine italiana, quando in realtà orbita ben al di sopra di tanti nuovi idoli take away. Uno che ha messo la faccia su battaglie politiche che si sarebbe potuto evitare in scioltezza, guardandole da lontano, mentre sorseggia un cocktail sul suo jet privato. Uno che vive una più o meno costante battaglia con il Codacons, che lo ha attaccato spesso a casaccio. Uno che nell’Italia degli ultimi anni è arrivato a rappresentare qualcosa, qualcosa che in tanti vogliono abbattere, altrettanti idolatrare, fondamentalmente perché ha capito prima degli altri che ciò che fai vedere fuori, anche se non è proprio la verità verità, rende molto più di ciò che porti dentro. E lui nel mezzo, illuminato da luci e ombre, forte di una coperta di Linus larga 13 milioni e mezzo di follower, della capacità di creare dibattito attorno a un tema e, talvolta, essere lui stesso il tema.

Il futuro incerto

Sicuramente in balìa dei suoi personalissimi trend, che oggi l’hanno riportato alla musica e, una delle ultime novità, lontano dai social. Re Artù che si libera di Excalibur. Tant’è che nel videoclip di Temet Nosce viene ricreata la scena finale di The Truman Show, quando Jim Carrey, finalmente consapevole della realtà fasulla nella quale vive, raggiunti i confini del suo mondo inscatolato, inforca la porta nera che da sul mondo, pronto a vivere la vita di tutti. E domani, chissà.

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