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Marcello Dell’Utri, la sentenza della Cassazione, Vittorio Mangano e il cancro: «Fango da trent’anni»

23 Ottobre 2025 - 07:11 Alessandro D’Amato
marcello dell'utri silvio berlusconi
marcello dell'utri silvio berlusconi
«Processi, avvisi di garanzia, accuse. Come si può pensare che io possa aver messo o fatto mettere bombe che hanno provocato stragi?»

Marcello Dell’Utri ha appreso della sentenza della Cassazione «dal Foglio». E oggi su Il Giornale dice di aver vinto «tre a zero. Tribunale, corte d’appello e ora Cassazione. Non ci sono rapporti fra il sottoscritto e Berlusconi e Cosa nostra». Dice che la storia va avanti da una trentina di anni, ovvero dal 1994: «Subito dopo le elezioni, quelle della discesa in campo del Cavaliere, mi ero messo in testa di creare un partito strutturato e organizzato come un’azienda. In realtà avevo in mente il vecchio Pci, la scuola delle Frattocchie, lo studio della storia e della Costituzione, la classe dirigente ben preparata. Ma subito cominciarono a uscire i primi articoli sull’Espresso. Due pagine e un titolo in forma di requisitoria: Dell’Utri vuole mettere l’Italia sottosopra».

La sentenza

Secondo l’ex senatore «poco dopo sono iniziati i miei guai. Processi, avvisi di garanzia, accuse terrificanti, così grandi da essere fantascientifiche. Come si può pensare che io possa aver messo o fatto mettere bombe che hanno provocato stragi?». Oggi, fa sapere, ha ancora i conti bloccati «dai magistrati di Firenze. Io non avrei comunicato le donazioni ricevute da Berlusconi. Per forza: non sapevo di essere tenuto a rendicontare questi importi». L’inchiesta di Firenze fa parte di una storia «che va avanti dal 1998, ovvero da ventisette anni. Aprono e chiudono, archiviano e poi seguono nuovi spunti. Ma non sono mai stato interrogato da quei pm».

Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri

Poi dell’Utri parla di Vittorio Mangano: «Quando lo assunsi ad Arcore risultava essere uno bravo con i cavalli e i cani. Poi uscì il resto e il contesto». Lo aveva conosciuto «sul campo della Bacigalupo, la squadra di Palermo che avevo fondato». Mangano era legato a Gaetano Cinà, pure finito in questo reticolo di procedimenti. «Vero, ma Gaetano era il padre di Filippo, ottimo centravanti che poi abbiamo venduto al Varese. Se vai a vedere le parentele, fai fuori mezza Palermo». La condanna a sette anni per concorso esterno però rimane. «E sa cosa le dico? Da dieci anni, anzi da undici aspetto la sentenza della Corte di Strasburgo che spero annulli quella condanna. Esattamente come è successo per Bruno Contrada. La sentenza, affermano gli avvocati, sta per uscire, ma intanto ancora non c’è».

Il cancro

«Aspetto. E non lascio arrivare allo stomaco tutto questo fango che mi viene addosso da trent’anni. Ho avuto un cancro alla prostata. Ma se mi fossi attorcigliato su tutte queste persecuzioni, oggi avrei dieci malattie», dice Dell’Utri. Che ora è concentrato sulla Biblioteca Utriana: ««Una raccolta di libri a soggetto siciliano che sto realizzando nella Valle dei Templi ad Agrigento e che speriamo di inaugurare in primavera. Vede, l’impegno su questo fronte mi aiuta a non sprofondare nel gorgo delle contestazioni e dei capi d’imputazione».

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