Rieti, gli ultras intercettati: «La mia? Era una pietra piccola. Dovevo mirare più in basso»


«Se avessimo preso l’autista avremmo fatto una strage». È una delle frasi captate dalle intercettazioni ambientali nel caso di Rieti. A parlare è un ultras della curva Terminillo, dopo la morte di Raffaele Marianella. Mentre uno dei 12 fermati per i fatti del 19 ottobre parlava, Alessandro Barberini era sotto interrogatorio. Lui, insieme a Manuel Fortuna e Kevin Pellecchia, è accusato di aver ucciso il secondo autista del pullman dei tifosi del Pistoia Basket. E a differenza degli altri due ha ammesso in parte le sue responsabilità: «Anche io ho tirato un sasso. In tanti lo abbiamo fatto. Ma il mio non è stato quello che ha ucciso». E ancora: «Ho colpito la parte centrale del pullman, la mia era una pietra piccola».
L’interrogatorio di Alessandro Barberini
Barberini, 53 anni, cameriere, ha una figlia. Sul suo profilo Facebook compare spesso il profilo di Benito Mussolini. «Volevamo fargli vedere chi eravamo noi, che non avevamo paura certo di loro», ha raccontato agli inquirenti per spiegare l’agguato sulla strada statale Terni-Rieti. L’ultras del Real Sebastiani ha spiegato: «Ho visto la partita di basket come ogni domenica. Ci sono state delle schermaglie accese dentro il palazzetto». Dopo gli screzi, forse a causa di un coro su tifosi alleati, «siamo andati dietro il PalaSojourner con l’intenzione di prenderci a cazzottate con loro ma c’era la polizia». L’agguato l’hanno pianificato 100 tifosi. Ma a presentarsi all’uscita per Contigliano sono stati solo in 12. «Con noi c’era anche Giuseppe Aguzzi, il capo degli ultrà (anche lui destinatario di un Daspo, ndr). Eravamo in macchina, abbiamo aspettato che passasse il pullman e ci siamo messi lungo il guardrail», ha aggiunto.
I sassi
Di sassi scagliati contro il pullman, secondo le indagini, ce ne sono più di due. Ma «non eravamo andati lì per uccidere». E ancora: «Non so chi ha tirato quel sasso grosso e non mi sono reso conto che c’era una persona morta». Barberini è stato fermato mentre scappava a piedi dalle volanti di scorta al pullman. Come Fortuna e Pellecchia. Altri due del raid sono stati identificati qualche ora dopo. «Ho fatto una cavolata, chiedo scusa», ha concluso. Intanto un’altra intercettazione ambientale vede protagonista Manuel Fortuna: «Gli ho detto una manica de cazzate», dice a Pellecchia. Addirittura uno dei due mima il lancio della pietra. «Chi pensi sia stato?», domanda. L’altro ribatte che forse è stato lui.
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Il Dna degli Ultras
il procuratore capo di Rieti Paolo Auriemma e il pm Lorenzo Francia hanno conferito l’incarico per eseguire il test sul Dna nei confronti di 6 giovani. Servirà ad accertare le responsabilità. Tra loro i tre fermati. Secondo quanto raccontato da un testimone, un ventenne di Rieti che è stato ascoltato dagli investigatori, a fine partita si era sparsa la voce di un appuntamento proprio a Contigliano. Sul profilo Fb di Barberini, intanto, si legge che è stata avviata una raccolta fondi per sostenerne le spese legali. È già arrivata a quota 28 mila euro. Il difensore di Pellecchia, l’avvocato Andrea Vella, intanto precisa: «Il mio cliente non ha mai partecipato o aderito all’associazione “Comunità Roccaforte”», il gruppo di ultrà contiguo alla destra estrema.
Pellecchia, Fortuna e Barberini davanti al giudice
Nel primo pomeriggio di oggi, giovedì 23 ottobre, Fortuna, Barberini e Pellecchia compariranno davanti alla Gip Giorgia Bova per l’udienza di convalida dei fermi. L’accusa è di omicidio volontario aggravato. Nel corso dell’udienza Pellecchia, Fortuna e Barberini potranno avvalersi della facoltà di rispondere o meno alle domande dei magistrati. Gli investigatori stanno svolgendo ulteriori accertamenti su almeno 5 tifosi, sospettati di aver avuto un ruolo nell’azione. In particolare coloro che erano a bordo delle due auto che si sarebbero allontanate dalla superstrada poco dopo l’agguato.
Il Daspo per gli ultrà
La polizia ha annunciato pure l’emissione di 12 Daspo per i fatti di domenica scorsa al PalaSojourner. Per 8 ultrà lo stop è di 5 anni, mentre per uno solo il divieto sarà di 8 anni, in quanto recidivo. Sarà anche denunciato. Nessuno di loro è minorenne. Le microspie della questura hanno anche captato altri dialoghi: «Li abbiamo massacrati!». E ancora: «Forse dovevo mirare più in basso».