Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene: le femministe accusate di stalking e diffamazione

Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene sono accusate in concorso di stalking e diffamazione dalla procura di Monza. Le prime due, note per l’impegno femminista e contro la violenza di genere, hanno ricevuto l’avviso di conclusione indagini dal pubblico ministero Alessio Rinaldi. Così come la terza, giornalista e scrittrice. Secondo l’accusa avrebbero condotto una «campagna di molestia e denigrazione» sui social. Causando alle persone offese uno stato d’ansia e un’alterazione significativa delle proprie abitudini quotidiane.
Le accuse alle femministe
Ad accusarle sono A.S., la presunta vittima dello stalking e della diffamazione. E Serena Mazzini, social media strategist conosciuta come Serena Doe, ma solo nei confronti di Vagnoli e Fonte. Le due ragazze avevano annunciato nel gennaio 2025 su Instagram una perquisizione nei loro confronti e il sequestro dei loro cellulari. Successivamente Selvaggia Lucarelli aveva fatto sapere nella sua newsletter che Vagnoli e Fonte erano «indagate per stalking e diffamazione aggravata».
E che «l’accusa racconta una brutta storia di vessazioni nei confronti di un attivista accusato di essere un abuser (autore di un abuso, ndr)». Vagnoli aveva replicato: «In un paese in cui neanche le più palesi vittime di violenza e stalking riescono ad accedere al 612 bis, ovvero l’articolo del codice penale che disciplina gli atti persecutori, trovo tristemente ironico che delle persone abusanti si appellino proprio a quella norma per punire chi difende gli interessi delle vittime di violenza».
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Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene
Secondo Repubblica e il Giornale Mazzini è stata presa di mira dopo essere stata ascoltata come testimone nella denuncia presentata da A.S. Il pm contesta alle indagate di aver accusato l’uomo «mediante chat pubbliche su Instagram, di essere un “abuser” e un “manipolatore”». E Mazzini «di essere capogruppo di soggetti omofobi, misogini, transfobici e dediti alla diffusione di materiale a contenuto sessuale». Secondo gli inquirenti, le tre attiviste avrebbero alimentato sui social una campagna di screditamento contro A.S. Diffondendo messaggi del tipo: «Gli facciamo fare la fine della mer… che è», «Che si ammazzi con il coltello», «Avrà una morte sociale e politica che non immagini», «Lo mutiliamo, questo cogl….».
La vicenda
La storia comincia nel dicembre 2023. A.S. intraprende una relazione con Sabene. Ma nasconde il suo flirt con un’altra donna dello stesso ambiente. Quest’ultima rimane incinta e la prima relazione si interrompe. A quel punto da alcune chat private sarebbe partita l’idea di una gogna digitale per quello che A.S. aveva fatto. Prima le accuse di essere un abuser. Poi i tentativi di escluderlo dalla scena pubblica con telefonate a organizzatori di eventi e presentazioni. A metà febbraio l’uomo tenta il suicidio. Viene soccorso dalla polizia. Successivamente presenta denuncia.
L’avviso di conclusione indagini
Le tre indagate respingono ogni accusa. Carlotta Vagnoli dice a Repubblica di aver agito «nella piena legalità e per la protezione delle vittime di violenza maschile». Sabene è stata sentita come testimone anche in merito a un gruppo telegram di suoi follower denominato Safe, con all’interno tantissime persone appartenenti alla comunità Lgbtq+. Lì il comportamento delle attiviste sarebbe stato criticato. E lì Mazzini sarebbe diventata bersaglio. Ora che il pm inviato l’avviso previsto dall’articolo 415 bis, le tre ragazze hanno la possibilità di chiedere di essere ascoltate dai magistrati o di presentare delle spiegazioni scritte per difendersi. Prima che la procura decida se mandarle o no a processo.
