Gli recidono un’arteria durante un intervento di bypass, morto un 69enne dopo due anni di coma. L’equipe medica condannata a pagare un milione

Era entrato in sala operatoria per un intervento di bypass coronarico, ma poi non si e più risvegliato ed è morto dopo due anni. A farne le spese un uomo di 69 anni che si era rivolto alla struttura per un intervento considerato di routine. Dalla vicenda è nato un contenzioso giudiziario, e la dinamica è stata chiarita in aula e nella sentenza civile di primo grado. A causare l’arresto cardiaco e i danni cerebrali, rimasti anche dopo la rianimazione, sarebbe stato un errore dei medici. Per il tribunale civile di Genova i chirurghi avrebbero prima lesionato un’arteria e poi, non accorgendosi in tempo dell’emorragia, avrebbero ritardato gli interventi necessari a limitare i danni. Ora dovranno risarcire il figlio, 50enne, per un milione di euro.
Il caso finito in tribunale
Per i giudici e i periti chiamati a far luce sull’intervento finito male, tutto è partito da un’arteria recisa che ha scatenato una serie di altri errori che hanno portato «dapprima, all’emorragia e, successivamente, all’arresto cardiaco e al conseguente danno ischemico cerebrale che ha condotto a morte il paziente dopo quasi 2 anni». Ma i sanitari sono stati ritenuti responsabili anche di quanto successo nei minuti successivi: «Il ritardo con cui i sanitari hanno riconosciuto l’insorgenza della complicanza emorragica che ove prontamente riconosciuta, avrebbe consentito un intervento tempestivo di riparazione del condotto arterioso lesionato, e in ultima analisi, evitato l’insorgenza dello shock emorragico», si legge nella sentenza di primo grado.
La sentenza e il risaricmento
Dalla vicenda sembra emergere una chiara responsabilità medica alla base della condizione irreversibile in cui l’uomo si è trovato dopo l’intervento. Il tribunale genovese a riprova ha stabilito che «in caso di un approccio diagnostico-terapeutico corretto, sia durante l’intervento cardiochirurgico che nel follow up post-operatorio, il decesso non si sarebbe verificato ed il paziente avrebbe avuto ottime prospettive di sopravvivenza ed una buona qualità di vita». Sulla base di queste valutazioni è stata calcolata la cifra del risarcimento, pari a un milione di euro per «danno da perdita del rapporto parentale, danno morale catastrofale e danno biologico terminale», in favore del figlio.
