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II senso dell’informazione, come combattere gli stereotipi diventando soggetti del racconto delle persone con disabilità – Il video del primo workshop

05 Novembre 2025 - 11:56 in collaborazione con  Lega del Filo d'Oro
Nelle prime due giornate di workshop sul giornalismo al Centro Nazionale della Lega del Filo d’Oro a Osimo, il focus sul racconto in prima persona e le difficoltà (e le opportunità) nascoste nell’uso dei social network

Come migliorare il racconto giornalistico delle persone con disabilità? È partito da questa domanda il primo workshop del laboratorio di giornalismo realizzato da Open e Lega del Filo d’Oro e dedicato a persone sordocieche seguite dalla Fondazione.

Le prime due giornate si sono svolte a metà giugno a Osimo, nel Centro Nazionale di Lega del Filo d’Oro, con l’obiettivo di superare stereotipi e linguaggi inappropriati, promuovere una narrazione più rispettosa e inclusiva e far sì che le persone con disabilità siano protagoniste delle loro storie.

«Questo non è un workshop in cui vi diciamo come si fa giornalismo, ma un laboratorio di apprendimento collettivo», ha affermato in apertura Serena Danna, vicedirettrice di Open, che ha tenuto il primo incontro affiancata anche da interpreti in Lingua dei Segni Italiana.

«Sono stato intervistato molte volte, volevo provare com’è stare dall’altra parte della barricata», ha spiegato Francesco Mercurio, avvocato e presidente del Comitato delle Persone Sordocieche. Insieme a lui a partecipare all’incontro ci sono partecipanti con esperienze e background diversi tra loro: Stefano Ciccarelli, giornalista, Marco Ke, influencer e attivista nella comunità sorda, e Samantha Marsili, docente universitaria.

Gli errori dei media

Il primo passo per individuare nuove strategie narrative sulla disabilità è capire quali sono i principali errori commessi dai media. Secondo Francesco Mercurio, che si informa perlopiù online, a mancare è l’equilibrio: «Le persone con disabilità vengono descritte come eroiche o poverine».

Anche Stefano Ciccarelli utilizza Internet come strumento di informazione, e usufruisce di un servizio che su convenzione offre alle persone con disabilità visiva la possibilità di leggere gratuitamente i quotidiani. «Non so se parlare di errori, perché va considerato che anche nel mondo della comunicazione conta molto la sensibilità di chi scrive, oltre che il target di riferimento. Ma sono stati fatti comunque passi da gigante», ha affermato, citando il «Vademecum per comunicare la disabilità» del 2024.

Per Marco Ke, invece, gli errori più eclatanti riguardano i video in LIS, spesso non tradotti correttamente: «Quando si postano o diffondono questi video, le persone sorde non capiscono o hanno difficoltà. Se i sordi si isolano, la lingua diventa morta». Samantha Marsili, infine, si è concentrata sulla mancanza di formazione. «Ogni persona con disabilità ha delle caratteristiche, dei limiti, delle difficoltà. Una formazione adeguata può trasformare il pensiero negativo in positivo, partendo dall’ascolto delle singole storie», ha detto.

Rovesciare il paradigma

«Io credo che vada rovesciato il paradigma. Dovete essere voi a raccontare le vostre storie, è l’unico modo per smettere di essere oggetto del racconto e diventare soggetti», ha affermato la vicedirettrice di Open. 

Ai partecipanti sono stati forniti gli strumenti per riconoscere una notizia, verificare le fonti e individuare quali caratteristiche debba avere una storia affinché abbia impatto non solo sulle persone sordocieche ma su tutta la società. Con queste informazioni, è stato chiesto loro di scegliere una storia e raccontarla.

Ognuno degli studenti ha declinato il compito in maniera diversa, spaziando da un tono più giornalistico, come quello di Stefano Ciccarelli che ha parlato del Disability Pride a Torino di giugno 2025, a elaborati più personali e soggettivi: il resoconto di un incontro organizzato da Lega del Filo d’Oro tra persone sordocieche italiane e greche a cui ha partecipato Marco Ke, un editoriale di denuncia di Francesco Mercurio sulla prassi che gli accompagnatori confermino le azioni quotidiane delle persone sordocieche anche quando non necessario, un racconto dell’esperienza dell’apprendimento della Lingua dei Segni costaricana durante la pandemia fatto da Samantha Marsili. 

L’esercitazione è stata l’occasione per passare in rassegna i diversi formati di un articolo giornalistico, dal reportage alla cronaca, all’intervista, fino ai criteri per differenziare un racconto giornalistico dalla testimonianza o semplice divulgazione.

Sui social l’accessibilità è fondamentale

Benedetta Grandinetti, social media manager di Open, ha introdotto il tema dei social, oggetto della seconda parte del corso: uno strumento che da semplice rete di connessione è oggi fonte primaria di informazione e piazza pubblica. 

«L’accessibilità è fondamentale, se non siamo in grado di comunicare, perdiamo la maggior parte degli utenti», ha affermato. 

I partecipanti hanno condiviso le loro esperienze con i social. Per Francesco Mercurio, che usa attivamente solo Facebook e fruisce dei contenuti su Youtube, il rapporto è mutato nel tempo: «Prima era un ambiente più bello, poi è cambiato, lasciando spazio a insulti e commenti cattivi. Io continuo a utilizzarli per pubblicare notizie che ritengo utili o vicine alla mia sensibilità e ai miei contenuti personali». 

Stefano Ciccarelli, che utilizza le stesse piattaforme, ha riflettuto su come sia cambiata la struttura stessa dei social. «Tiktok è improntato sui video, Instagram sulle foto, e questo per una persona cieca che vive di testi scritti è complicato. Sta diventando sempre più inaccessibile perché è un mondo che si sta costruendo sull’immagine». 

Un uso diverso è quello fatto da Samantha Marsili, che ha account su Facebook, Tiktok e Youtube, dove produce video in LIS. «Io vedo ancora abbastanza bene, credo dipenda molto anche dalla nostra condizione», ha spiegato. Marco Ke pure utilizza Facebook, TikTok e YouTube, anche per lavoro, e ha sottolineato l’importanza di sottotitoli e video accessibili per la comunità sorda.

Ai partecipanti sono state fornite informazioni sulle strategie di comunicazione più efficaci per ogni piattaforma, in relazione anche al messaggio e al target da raggiungere. La lezione si è chiusa con la proposta di creare una redazione social per raccontare i primi due giorni di laboratorio con una narrazione accessibile e che veda gli studenti protagonisti. 

Le prossime tappe si sposteranno a Roma, per lavorare su factchecking e giornalismo politico. Ne parleremo ancora su Open, a presto! 

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