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La spedizione punitiva dei parenti contro i ragazzini che hanno torturato un coetaneo a Moncalieri

04 Novembre 2025 - 05:56 Alessandro D’Amato
rapimento tortura 15enne moncalieri spedizione punitiva
rapimento tortura 15enne moncalieri spedizione punitiva
I ragazzini avrebbero fatto quattro video della serata del sequestro e sembra li stessero postando in chat di gruppo

A rapire e torturare il ragazzino di 15 anni di Moncalieri sono stati i suoi compagni di scuola. Con un’amica di 15 anni, a sua volta indagata. Il 15enne è fragile e ha problemi di studio. «Una sopraffazione vera e propria», dice a La Stampa la procuratrice per i minori di Torino Emma Avezzù. L’indagine dovrà anche accertare se c’è stata una violenza sessuale: a denunciarla è stata la madre del 15enne. Sembra che al ragazzino sia stata anche spenta una sigaretta sul corpo e che dopo il poveretto sia stato gettato nel nel fiume Po.

Lo sgabuzzino della tortura

Secondo il quotidiano torinese la vittima è rimasta chiusa in uno sgabuzzino per ore e rapata a zero. Troppo anche per la baby gang di cui facevano parte almeno due dei persecutori del ragazzino fragile. Gli altri membri della gang hanno fatto partire un linciaggio social contro uno dei due presunti torturatori: «Ti ho messo come la mia putt… rattone! Se ti becco in giro..». «Non sei più un gangster, ma un pentito». «Andiamo a beccarli per un semplice confronto». In cinquanta si sono anche presentati sotto le case di entrambi i presunti torturatori: «Avete finito di vivere». Secondo la ricostruzione de La Stampa tutti i ragazzini, i componenti della gang e la vittima, sono italiani e non appartengono a famiglie di immigrati nè di prima nè di seconda generazione. Per un investigatore dei carabinieri provengono tutti da famiglie del ceto medio: «Nulla che c’entri con quelli che sui giornali vengono definiti “maranza“», dice la procuratrice Avezzù.

I quattro video poi cancellati e la spedizione punitiva

I ragazzini avrebbero fatto quattro video della serata del sequestro e sembra li stessero postando in chat di gruppo. Poi è arrivata la spedizione punitiva di alcuni parenti della vittima sotto casa di uno dei due a Moncalieri. «Solo in quel momento, forse, si sono resi conto della sopraffazione di cui erano stati protagonisti. Erano stati in tre contro uno», spiega ancora la procuratrice Avezzù. I filmati a quel punto sono stati cancellati da chi li aveva realizzati. Il sindaco di Moncalieri, Paolo Montagna, conosce molto la famiglia della vittima perché da tempo era seguita dai servizi sociali. «Provo grande inquietudine per quello che è successo. Mi sembra una guerra fra poveri. Sono fragilità diverse che invece di unirsi per mettere la testa fuori dall’acqua, scatenano una competizione al ribasso che fa orrore. Cosa c’è nella testa di ragazzi che fanno una cosa del genere? Serve un patto rinnovato fra scuola, famiglie e istituzioni. Bisogna tenere l’argine più alto».

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