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Scontro Meloni-Quirinale: ecco l’email integrale con le frasi di Garofani inviata da un utente anonimo

19 Novembre 2025 - 18:33 Sofia Spagnoli
sergio mattarella giorgia meloni
sergio mattarella giorgia meloni
La mail è arrivata in alcune redazioni domenica alle 13:24, dall’indirizzo stefanomarini@usa.com. Al suo interno era allegato un articolo firmato da un tale “Mario Rossi”

La vicenda si complica attorno al caso che sta scuotendo Palazzo Chigi e il Quirinale. La Stampa ha pubblicato il testo integrale dell’email inviata a diverse testate di destra e rilanciata dal quotidiano La Verità, in cui un utente sotto falso nome racconta della conversazione carpita al consigliere del Presidente Mattarella, Francesco Saverio Garofani, accusato di tramare contro Giorgia Meloni. La mail è arrivata in alcune redazioni domenica alle 13:24, dall’indirizzo stefanomarini@usa.com. Al suo interno era allegato un articolo firmato “Mario Rossi”, chiaramente un falso nome. Il testo è praticamente identico a quello pubblicato da La Verità martedì, a firma di un cronista inesistente, Ignazio Mangrano.

Era stato il quotidiano Il Giornale a sottolineare questa mattina che il testo pubblicato da La Verità non fosse una vera esclusiva, ma che si basasse su una semplice mail inviata a più redazioni, priva di elementi di riscontro. Se non fosse che, a rendere la vicenda più solida sul piano giornalistico, è stata poi l’ammissione arrivata oggi dal Corriere della Sera che ha intervistato lo stesso Garofani.

Il testo integrale contenuto nell’email

Ecco il testo integrale della mail/articolo:

Quirinale, quel cocktail che svela il gioco del Colle: così il Quirinale guarda al dopo-Meloni: «Serve una grande lista civica nazionale»

DI MARIO ROSSI

«C’è una conversazione, avvenuta lontano dai riflettori, che sta agitando più di un palazzo romano. Una di quelle scene da Prima Repubblica, dove le verità più pesanti si dicono davanti a un cocktail, certi che l’alcol sciolga le lingue, ma non i telefoni. E invece no. Protagonista: Francesco Saverio Garofani, consigliere per la difesa del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ex parlamentare del Pd, per tre legislature deputato dal 2006 al 2018. Uno che difficilmente parla a caso. E che, in un incontro conviviale di ieri, in un locale pubblico, dove, indisturbati, lo abbiamo ascoltato di straforo, si è lasciato andare a una serie di considerazioni che, messe in fila, raccontano molto di più degli umori personali di un consigliere. Raccontano la linea del Quirinale. E questa linea, oggi, è tutto fuorché tenera con il centrodestra.

Garofani dipinge un quadro chiaro. Se il contesto politico restasse quello attuale, Giorgia Meloni sarebbe destinata al Quirinale. Lo dice quasi sorridendo, sì, ma come chi sta dicendo una cosa che lo preoccupa parecchio. E soprattutto aggiunge un dettaglio non irrilevante: «In quell’area non c’è nessuno adeguato». Tradotto: Meloni è l’unica. E questa unicità, secondo il consigliere del Colle, sarebbe un problema. Poi c’è il calendario, già definito. Si voterà nella tarda primavera del 2027, probabilmente maggio. Manca un anno e mezzo. Un’era geologica per la politica. Ma al Colle — è questo il punto — non sembrano così convinti che il tempo basti a cambiare gli equilibri, se non interviene qualche provvidenziale scossone. Non a caso Garofani si lascia scappare un commento che racconta un mondo: «Speriamo che cambi qualcosa prima delle prossime elezioni, io credo nella provvidenza. Basterebbe una grande lista civica nazionale». Non proprio una dichiarazione di neutralità istituzionale. E ancora. Per la costruzione di un nuovo centrosinistra, un “nuovo Ulivo”, Garofani vede in Ernesto Ruffini — ex grande capo dell’agenzia delle Entrate, da qualche mese in campo — una pedina utile. Ma non sufficiente. «Serve un intervento ancora più incisivo di Romano Prodi» dice. L’ex Professore, che evidentemente per il Quirinale non è solo una reliquia, ma ancora un potenziale regista politico in grado di rimettere insieme i cocci di un’opposizione incapace di alzare lo sguardo oltre i propri litigi.

Il consigliere arriva anche a toccare il terreno delle previsioni impossibili. Esagera perfino per gli standard dei retroscena: «Se non fosse morto, oggi il premier sarebbe David Sassoli o lo sarebbe dalla prossima legislatura». Una frase che peraltro è un’ammissione di debolezza degli attuale leader del centro sinistra: senza un leader moderato, europeo, rassicurante per l’establishment, l’Italia ha preso un’altra direzione. Indovinate quale. Il tutto, ripetiamolo, non in un’intervista né in una sede ufficiale. Ma in quella zona grigia dove i consiglieri parlano “a titolo personale” e intanto, però, mandano messaggi in bottiglia destinati a chi li deve capire.

Il punto politico, infatti, è questo: Garofani non è un opinionista qualsiasi, ma un consigliere di Mattarella, peraltro su dossier delicatissimi. E quando uno così arriva a prefigurare Meloni al Quirinale come un incubo istituzionale e a invocare «provvidenze» politiche contro il governo in carica, qualche domanda bisognerebbe porsela. Il Colle, insomma, non appare affatto indifferente al risiko politico che porterà al nuovo Capo dello Stato. E sta osservando, valutando, probabilmente orientando».

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