Famiglia nel bosco, la richiesta d’aiuto e la testimonianza di Catherine all’Alleanza delle Nazioni Indigene

La vicenda della famiglia Birmingham-Trevallion, salita alle cronache per l’allontanamento dei tre figli da parte del Tribunale per i Minorenni de L’Aquila, riscontra nuovi elementi dalla sua associazione con l’Alliance of Indigenous Nations (AIN), una controversa organizzazione internazionale che sostiene di voler unire i popoli indigeni di tutto il mondo per “proteggere Madre Terra”. Nella sezione “AIN Testimonials” del sito di quest’ultima è presente una lettera intitolata “Catherine Louise Birmingham – Testimony“, indirizzata ad un “avvocato” per ringraziarlo dell’aiuto fornito e per aver rimesso la famiglia “sulla retta via”. Come riscontrato da una precedente inchiesta di Open Fact-checking su una bufala No Vax, la testimonianza (archiviata su Web Archive in data 10 ottobre 2025) sarebbe rivolta a John Cipolla, cittadino italo-americano, accusato negli Stati Uniti per frode e violazioni dell’HIPAA, per aver creato “tribunali paralleli” e per vendere consulenze legali fasulle attraverso la stessa AIN.
Nella testimonianza, Catherine Louise Birmingham descrive la propria esperienza con i servizi sociali italiani “traumatica” e “illegale”. Dopo qualche mese trascorso senza ricevere supporto, trova in John una guida e un aiuto, definendolo “guerriero di luce” («great warrior lightworker»): il “legale” dell’AIN avrebbe informato la famiglia riguardo i loro diritti e le loro libertà, così come avrebbe indicato le azioni necessarie da intraprendere con gli avvocati. Nel finale, Catherine esprime la propria gratitudine per il sostegno ottenuto, testimoniando la “chiusura del loro caso” e la “riconquista della libertà”.

Il blog della madre e l’Unschooling
In fondo alla testimonianza, il sito dell’AIN riporta due link del blog di Catherine Birmingham. Uno di questi rimanda a un articolo intitolato “Our Dream of Raising Children Naturally – The Outliers of Society”, che si inserisce nel contesto della scelta della famiglia di vivere come “neorurali” nei boschi intorno a Chieti e della loro adesione all’Unschooling.

Secondo quanto riportato dalla madre dei bambini, l’Unschooling punta a un approccio che consente la maturità del cervello e lascia che “il naturale sviluppo dell’autonomia e del desiderio” guidi la direzione e i tempi di apprendimento del bambino. Di fatto, Catherine Birmingham contrappone l’Unschooling alla scuola convenzionale, che a suo dire separa i bambini dai genitori, controlla cosa imparano e quando, e usa un sistema di ricompensa e punizione che crea ansia e auto giudizio. Infine, sostiene che questo approccio permetta ai bambini di prosperare con la guida di adulti maturi, un metodo che avrebbe osservato in società tribali che ha incontrato durante i suoi viaggi.
Nell’articolo del blog, Catherinne invita alla lettura di una pubblicazione dell’European Journal of Alternative Education Studies del 2018 sull’Unschooling, dove viene descritto come una variazione dell’educazione domiciliare (“homeschooling”) in cui i bambini apprendono attraverso le esperienze di vita quotidiana anziché seguire un curriculum stabilito. Tuttavia, il paper stesso, nel capitolo intitolato “Success of Unschooling”, spiega come non sia in grado di confermare l’efficacia accademica dell’Unschooling.
Il contesto linguistico dei bambini
Secondo l’ordinanza del Tribunale per i Minorenni de L’Aquila, i minori non avrebbero riscontrato una buona conoscenza dell’italiano e la stessa madre avrebbe collaborato anche all’interpretazione delle dichiarazioni dei figli. Tuttavia, a causa delle limitazioni riscontrate, il Tribunale ritiene utile la partecipazione di un interprete all’esito della maturazione delle condizioni che consentano ai bambini di esprimersi liberamente, al riparo da potenziali condizionamenti dei genitori.
Catherine Louise Birmingham, nel suo articolo, riporta una visione diversa riguardo alle capacità linguistiche dei figli, in linea con le scelte educative della famiglia. Secondo la pubblicazione, i bambini parlerebbero più lingue, soprattutto e in sicurezza l’inglese e l’italiano. Tuttavia, la stessa madre afferma che i figli parlerebbero solo con persone che conoscono e di cui si fidano.
