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Francesca Albanese contro Padellaro: «Io straparlo? Mi criticano per coprire Israele»

06 Dicembre 2025 - 05:43 Alessandro D’Amato
francesca albanese
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Il commento sul Fatto sulla relatrice Onu «toccata da inaspettata e insperata popolarità». E la sua replica

Il 4 dicembre scorso Antonio Padellaro aveva scritto sul Fatto Quotidiano un commento in cui criticava il Partito Democratico su Francesca Albanese. E aveva scritto che alla relatrice speciale dell’Onu sulla Palestina, «forse perché toccata da inaspettata e insperata popolarità, capita di straparlare». Citando i casi di Liliana Segre o del sindaco di Reggio Emilia. Oggi Albanese in una lettera al quotidiano risponde a Padellaro. «Non credo di “straparlare”: esprimo ciò che penso, rendendomi disponibile a rispondere a giornalisti di tutto il mondo ogni giorno, tra continue conferenze e un delicato lavoro di inchiesta che da tre anni mi porta a confrontarmi con istituzioni, accademie e società civile dei cinque continenti. Le mie posizioni sono il frutto di studio, esperienza sul campo e un mandato Onu che non si improvvisa», esordisce.

Albanese, i giornali e Padellaro

Poi Albanese passa a parlare di quello che ha detto su La Stampa: «Non ho mai – MAI – auspicato violenza contro chicchessia (come potrei io che da una vita mi batto contro la violenza in tutte le sue forme?), né inteso che ciò che è accaduto servisse da “avvertimento” ai giornalisti, come qualcuno ha fantasiosamente suggerito, pontificando sulla parola “monito” e sul virgolettato trasfigurato ad arte all’interno del quale è stato fatto circolare». E spiega: «Il mio richiamo era, ed è, alla necessità di riflettere sul diffuso clima di imprecisione, superficialità e violenza verbale ed epistemica consolidatosi in Italia, di cui la copertura mediatica della Palestina è esempio. Un clima da cui tutti dovremmo difenderci, ciascuno facendo il proprio lavoro con rigore».

La popolarità inaspettata e insperata

Albanese poi dice che la sua presunta “popolarità inaspettata e forse insperata” non è motivo di giubilo: «Ne farei, anzi, molto volentieri a meno, dato che è il frutto dell’essere divenuta testimone – quasi oculare – di un genocidio, e delle persecuzioni seguite alle denunce che il mio ruolo mi impone di formulare. Trovo infatti che l’attuale rumore attorno alla mia persona stia servendo a continuare a ignorare i crimini incessanti di Israele e, insieme, a non raccontare la straordinaria presa di coscienza che sta attraversando l’Italia».

Infine, conclude così: «La ringrazio comunque per aver posto la questione con misura. Il confronto civile resta essenziale, soprattutto ora, mentre la libertà di parola si restringe e mentre, altrove, si muore per raccontare la verità. Io continuerò a fare il mio lavoro, con rigore e senza infingimenti, come si addice a chi cerca di servire il diritto, incurante dell’opportunità del momento».