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Ci sono terre rare anche in Europa ma estrarle è troppo difficile per le leggi Ue. Il cortocircuito e come si sta provando a risolverlo

14 Dicembre 2025 - 07:10 Gianluca Brambilla
piano ue materie prime critiche eutopia
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La strategia RESourceEu punta a ridurre le importazioni dalla Cina e rilanciare l'agenda verde. Ma per aumentare le estrazioni di materie prime critiche dal suolo europeo bisogna modificare alcuni provvedimenti del Green Deal

Per rilanciare l’agenda del Green Deal e ridurre la dipendenza dalla Cina, l’Unione europea vuole cominciare a estrarre terre rare e altre materie prime critiche nel proprio sottosuolo. Ma per riuscirci, prima di darsi qualsiasi obiettivo o elaborare qualsiasi piano, è costretta a rimettere mano proprio ad alcune leggi di sostenibilità che ad oggi frenano l’apertura di nuove miniere. Ad ammettere il cortocircuito è Jessika Roswall, commissaria europea per l’Ambiente, che mercoledì 3 dicembre ha presentato il tanto atteso RESourceEU, la strategia che mira a incrementare l’estrazione di minerali considerati più importanti per l’energia pulita e l’industria della difesa.

La tripla strategia Ue sulle materie prime critiche

Ad oggi, l’Unione europea dipende quasi esclusivamente dalle importazioni di materie prime critiche, un’etichetta che si applica a materiali come il litio, che oggi viene impiegato nella produzione di batterie, o le terre rare, un gruppo di diciassette elementi chimici utilizzati per i motori delle auto ibride o nei magneti che fanno funzionare le pale eoliche.

Per affrancarsi dalle forniture della Cina, Bruxelles lavora su tre binari: diversificare i fornitori, aumentare le estrazioni in suolo europeo e sviluppare una filiera del riciclo efficiente e all’avanguardia. L’obiettivo, messo nero su bianco nel documento approvato dalla Commissione europea, è di ridurre la dipendenza dall’estero fino al 50% entro il 2029. Per riuscirci, Bruxelles mobiliterà fino a 3 miliardi di euro nei prossimi dodici mesi per sostenere progetti concreti in grado di offrire forniture alternative a breve termine.

Il piano, come suggerisce anche il nome, ricalca grosso modo l’iniziativa RePowerEU, ideato all’indomani della guerra in Ucraina. In quel caso, l’obiettivo era azzerare la dipendenza energetica da Mosca. Il RESourceEU, invece, punta a ridurre quella altrettanto pericolosa dalla Cina per le forniture di materie prime come terre rare, cobalto, litio, nickel, manganese e rame, su cui Pechino ha un dominio quasi assoluto sia nell’estrazione che nella raffinazione. «Questa tensione sulle materie prime è destinata a perdurare. Ecco perché abbiamo bisogno di una risposta sistemica», ha sottolineato il commissario europeo all’Industria, il francese Stéphane Séjourné.

EPA/Olivier Matthys | La commissaria Ue Jessika Roswall e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen

I tagli normativi per l’apertura di nuove miniere

Il punto relativo all’apertura di nuove miniere è forse quello più complicato. «Ci sono lunghe attese e una certa incertezza nell’ottenere nuovi permessi a causa delle diverse legislazioni ambientali. Dobbiamo rivedere e anche modificare il quadro normativo», ha spiegato la commissaria Roswall.

La proposta della Commissione europea arriverà «nella prima metà del 2026» e consisterà in un’accelerazione dei permessi ambientali per chi intende aprire una miniera, a partire da una revisione della direttiva quadro sulle acque, e potrebbe includere anche norme ad hoc per l’uso di sostanze chimiche pericolose nelle attività minerarie. «È necessario eliminare i colli di bottiglia normativi per accelerare l’avvio della produzione di progetti così rilevanti», si legge nel piano RESourceEu presentato dalla Commissione europea.

Lo «shock semplificativo» di Bruxelles

L’esecutivo comunitario assicura che i nuovi requisiti manterranno «il massimo livello di protezione per i lavoratori, la salute e l’ambiente». Eppure, il cortocircuito è evidente: per rilanciare l’agenda verde del Green Deal, l’Ue decide di riaprire le miniere. E per riaprire le miniere, decide di rimettere mano ad alcune leggi di sostenibilità ambientale dello stesso Green Deal. Questa mossa, d’altronde, è coerente con la direzione intrapresa da Bruxelles, che a inizio 2025 ha promesso uno «shock semplificativo» per rilanciare la competitività dell’economia europea e tendere la mano alle richieste del mondo delle imprese.

Il prossimo di questi pacchetti di semplificazione, ribattezzati «omnibus», dovrebbe riguardare nello specifico alcune leggi a tutela dell’ambiente. «Vogliamo semplificare un po’ le procedure per il rilascio dei permessi e le valutazioni ambientali per progetti strategici che hanno un interesse pubblico generale e prioritario. Potrebbero essere reti elettriche, data center, progetti di economia circolare», ha spiegato ancora la commissaria Roswall.

La via del riciclo

Accanto alla riapertura delle miniere e alla diversificazione dei fornitori, la strategia dell’Europa punta sul riciclo, facendo sì che tutte le materie prime che entrano in territorio Ue non escano mai più. L’idea consiste nel potenziare il settore del riciclo dei metalli e limitare l’esportazione di rifiuti tecnologici, modificando alcune norme esistenti sulle spedizioni e sulle etichette dei rifiuti, così da rendere più facile per i Paesi dell’Ue riciclare reciprocamente i rifiuti. Entro la metà del 2026, inoltre, la Commissione europea punta a istituire un Centro europeo per le materie prime, che diventerà di fatto il fulcro dell’approvvigionamento per tutti i Paesi europei.

Un’opportunità su cui il governo italiano ha già messo gli occhi. «La strategia sulle materie prime critiche annunciata dalla Commissione europea recepisce in pieno le richieste avanzate dall’Italia», ha esultato il ministro delle Imprese, Adolfo Urso. «Siamo pronti a compiere un ulteriore passo in avanti candidandoci a ospitare in Italia il primo deposito europeo di materie prime critiche».

Foto copertina: EPA/Michael Reynolds

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