Omicidio Sharon Verzeni, il pm chiede l’ergastolo per Sangare: «Mancano le parole: la sua vita spezzata per un capriccio»

Il pubblico ministero di Bergamo Emanuele Marchisio ha chiesto l’ergastolo per Moussa Sangare, il 30enne a processo per l’omicidio di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa a coltellate in via Castegnate a Chignolo d’Isola la notte tra il 29 e il 30 luglio 2024. Nell’udienza davanti alla Corte d’Assise di Bergamo, alla presenza dei familiari della vittima, il padre Bruno, la madre Maria Teresa, i fratelli Melody e Christian e l’ex compagno Sergio Ruocco, l’accusa ha sostenuto la sussistenza delle aggravanti della minorata difesa, della premeditazione e quella «gigantesca» dei futili motivi. Il maliano aveva prima confessato il delitto sostenendo di aver ucciso senza motivo, poi ha ritrattato. La perizia psichiatrica lo ha ritenuto capace di intendere e di volere. Verzeni fu uccisa mentre faceva jogging da un uomo che nemmeno conosceva, un delitto a lungo dibattuto a livello mediatico per la sua efferatezza e apparente casualità.
Nessuna attenuante: «Non ha mai avuto rincrescimento
Marchisio ha sollecitato la Corte a non concedere le attenuanti generiche all’imputato, spiegando che Sangare «non ha mai avuto un momento di rincrescimento» nei confronti della vittima. Il pm ha sottolineato la «vigliaccheria» dell’imputato che, oltre a uccidere la trentenne di Terno d’Isola, è stato condannato per maltrattamenti ai danni della madre e della sorella: «Sempre donne», ha affermato. Durante la requisitoria, quando Sangare – inizialmente reo confesso – ha cercato di intervenire, il pm gli ha intimato: «Stia zitto, ora parlo io».
“Delitto maturato nella noia, scelse la vittima più indifesa”
Per il pm si è trattato di un delitto «maturato nella noia» nella vita dell’imputato, che «provò piacere a uccidere una ragazza che stava camminando per strada, una ragazza che con il suo compagno si stava costruendo la sua vita». Marchisio ha parlato di un «delitto assurdo: una vita spezzata per un capriccio», aggiungendo che in questo processo «non mancano le prove, ma le parole» per descrivere quanto accaduto. Quella sera Sangare avrebbe «fiutato il terreno e per uccidere aveva scelto la persona più indifesa che aveva trovato», ha sostenuto l’accusa.
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Sentenza attesa per il 12 gennaio
Dopo l’intervento del pm, toccherà alla parte civile in rappresentanza della famiglia della vittima e poi alla difesa di Sangare. Il 12 gennaio sono previste le repliche e la sentenza.
