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Un’auto aziendale su due dovrà essere elettrica dal 2030: la novità per l’Italia nascosta nel pacchetto automotive dell’Ue

17 Dicembre 2025 - 18:52 Gianluca Brambilla
auto elettriche aziendali target 2030 ue italia
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Bruxelles punta a creare un mercato dell'usato puntando sulle aziende. Fissati target specifici Paese per Paese sulle nuove immatricolazioni

La Commissione europea avrà anche deciso di ingranare la retromarcia sulle politiche per l’automotive, ma c’è un segmento di mercato dove la spinta verso l’elettrico non solo viene confermata, ma addirittura rafforzata. Si tratta delle flotte aziendali, per cui Bruxelles propone obiettivi vincolanti per ogni Paese membro. La strategia, nascosta fra le righe del pacchetto automotive annunciato ieri in conferenza stampa, prevede di puntare sulle corporate fleets, ossia sulle auto aziendali, per accelerare l’addio al motore a combustione.

I nuovi obiettivi vincolanti sulle auto aziendali

Tra gli allegati dei vari documenti pubblicati del sito della Commissione europea ce n’è uno che contiene una serie di tabelle. Si tratta delle percentuali minime di elettrico che ciascun Paese dovrà raggiungere nelle flotte aziendali. L’asticella fissata per l’Italia è sfidante: far sì che, nel 2030, il 45% delle nuove auto aziendali sia a emissioni zero. In altre parole, nel giro di quattro anni al massimo, la metà delle auto acquistate direttamente dalle imprese per i propri dipendenti dovrà essere elettrica. Entro il 2035, ossia fra dieci anni, la percentuale dovrà salire all’80%. In un’altra tabella, vengono indicati gli obiettivi per i furgoni. Per loro, la Commissione europea impone all’Italia di raggiungere il 36% di elettrico dal 2030 e l’80% dal 2035.

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Il documento della Commissione europea che contiene gli obiettivi di riduzione delle emissioni per le auto aziendali, Paese per Paese

Stesso target anche per la Francia, più alto per la Germania

Tutte queste percentuali variano leggermente in base al Pil pro capite di ciascun Paese e ad altri fattori. Per quelli più a reddito pro capite più basso – come Bulgaria, Croazia, Romania e Grecia – la quota di auto aziendali a emissioni zero entro il 2030 è fissata al 31%. Per la maggior parte dei Paesi scandinavi, ma anche per Belgio, Danimarca, Lussemburgo e Paesi Bassi, l’asticella è fissata al 58% per il 2030 e al 95% per il 2035. La Francia dovrà rispettare gli stessi target fissati per l’Italia, mentre la Germania dovrà sforzarsi di più e arrivare al 54% di nuove auto aziendali elettriche entro il 2030.

La spinta sulle aziende per creare un mercato dell’usato

La spinta di Bruxelles sulle flotte aziendali risponde a un doppio obiettivo. Innanzitutto, consente di raggiungere più facilmente la riduzione delle emissioni di gas serra, visto che in media le vetture aziendali hanno un chilometraggio maggiore. Ma il vero obiettivo è un altro: creare un mercato di auto elettriche usate. In genere le vetture aziendali hanno un tasso di ricambio molto più alto di quelle private: tre-quattro anni contro i dieci-dodici anni del parco privato. Questo consentirebbe quindi di far finire sul mercato dell’usato molti veicoli elettrici da qui a pochi anni.

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EPA/Ronald Wittek | I quattro commissari europei che hanno annunciato la svolta Ue sull’automotive. Da sinistra: Apostolos Tzitzikostas (Trasporti), Wopke Hoekstra (Clima), Stephane Sejourne (Industria) e Valdis Dombrovskis (Economia)

La situazione in Italia e gli appelli al governo per avere nuove regole

Proprio ieri, mentre Bruxelles annunciava la revisione delle regole sull’auto, l’Unrae – l’associazione che unisce i produttori esteri di auto in Italia – teneva la sua tradizionale conferenza stampa di fine anno a Roma. E tra le proposte avanzate al governo, l’associazione chiedeva una svolta proprio sugli incentivi per le auto aziendali elettriche, definite «il più grande moltiplicatore di crescita». Secondo le stime dell’Unrae, sarebbero sufficienti 85 milioni di euro per incentivare oltre 100mila auto a emissioni zero. Il trattamento fiscale italiano, spiega l’associazione, è fortemente penalizzante non solo per il settore automotive, ma per l’intero sistema produttivo: qualunque impresa che utilizzi una flotta sostiene costi più elevati rispetto ai concorrenti tedeschi, francesi o spagnoli, a causa dei limiti sulla deducibilità, sulla detraibilità dell’Iva e sui tempi di ammortamento».

Critica l’Unem: «Così non si rivitalizza l’automotive»

A contestare il pacchetto Ue sull’automotive è invece l’Unem, l’associazione di categoria che rappresenta le aziende che si occupano di raffinazione, logistica e distribuzione di prodotti petroliferi: «La proposta della Commissione Ue di rivedere i limiti di emissione di CO2 delle nuove autovetture al 2035 rappresenta una presa d’atto che le politiche adottate finora non hanno prodotto i risultati ipotizzati, ma non è certo una soluzione in grado di rivitalizzare l’industria». Secondo l’Unem, la proposta della Commissione europea è «timida», «complessa nelle varie articolazioni» e «ancora lontana dagli enunciati principi di neutralità tecnologica».

Foto copertina: Dreamstime/Rokas Tenys

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