Si finge dottoressa e cura a casaccio oltre 800 pazienti: «Volevo farmi accettare da mia suocera»

«Solo se mi fossi finta medico la madre del mio fidanzato mi avrebbe accettato». Così Giuliana Pietropaolo, 45enne calabrese, ha spiegato davanti al giudice monocratico i motivi che l’avrebbero spinta a mettersi un camice in una sede del Centro clinico Santagostino, a Milano, e a visitare oltre 800 pazienti senza nemmeno sapere da dove iniziare. Secondo la procura, che ha chiesto e ottenuto per lei una condanna a 4 anni, la donna avrebbe infatti trovato lavoro come endocrinologa falsificando la laurea in Medicina, il documento di iscrizione all’Ordine dei Medici e il suo stesso cv, che parlava di una fantomatica esperienza – ovviamente mai avvenuta – al Gemelli di Roma.
Lo scambio di persona con la dottoressa omonima
La procedura, come ha confessato la stessa donna, è stata più semplice del previsto. Di Giuliana Pietropaolo, infatti, ne esiste già un’altra: milanese e medico (lei per davvero). Si è trattato dunque semplicemente di spacciarsi per l’omonima e guadagnarsi prima un periodo di prova alla Santagostino. E poi, addirittura, un contratto di assunzione all’Humanitas, ovviamente stracciato nel marzo 2023 appena il Centro Santagostino ha scoperto l’inganno. Nel frattempo, però, la sedicente endocrinologa aveva fatto entrare nel suo studio diverse centinaia di pazienti. Per loro avrebbe inventato diagnosi, prescritto farmaci sconsigliati fortemente dai medici di base o con dosaggi eccessivi. Arrivando, come era facilmente prevedibile, a peggiorare le condizioni di salute di molti, che hanno iniziato a soffrire di fortissime dissenterie e problemi alla tiroide.
L’anagrafe e le presunte pressioni del fidanzato
La donna ha raccontato la giudice monocratico di aver cambiato il suo nome da Maria Antonella a Giuliana nel 2012, una decisione presa non per ingannare bensì per onorare sua madre: «Mia mamma voleva chiamarmi così e invece il nome di battesimo era stato imposto dalla mia nonna paterna». La scelta di gettarsi, senza base alcuna, nella carriera ospedaliera è maturata successivamente. Stando a Giuliana Pietropaolo (quella calabrese), sarebbe stato il suo fidanzato a metterle pressioni e a dire in Comune, in fase di rifacimento della carta d’identità, di scrivere «medico» nella voce riguardante la professione.
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L’ombra di gruppi criminali
Pressioni che, sempre secondo la donna, in certi casi si sono trasformate in vera e propria «sottomissione psicologica» e sospetti che lui le drogasse i piatti cucinati. E a cui, in maniera abbastanza inverosimile, si sono aggiunte presunte persecuzioni da parte di misteriosi gruppi criminali che l’avrebbero spinta «a portare documenti in una clinica che mi avrebbe assunta senza controllare i titoli, “se ti opporrai farai la fine di Maria Chindamo uccisa e sbranata dai maiali”». La donna è stata condannata per sostituzione di persona, esercizio abusivo della professione medica, truffa, e falso materiale con contraffazione di timbri. Dovrà risarcire 10mila euro all’Ordine dei medici di Milano per i danni morali alla categoria e 100mila euro al Centro Santagostino.
