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Manovra da 22 miliardi: arriva il sì del Senato al maxiemendamento. Cancellate in extremis 5 norme, anche quella sui lavoratori sottopagati

23 Dicembre 2025 - 12:22 Sofia Spagnoli
giancarlo giorgetti manovra senato
giancarlo giorgetti manovra senato
Ora la Legge di Bilancio approda alla Camera. Sul testo il governo aveva posto la fiducia

Via libera dell’Aula del Senato alla fiducia posta dal governo sul maxiemendamento alla manovra con 113 voti favorevoli, 70 contrari e 2 astenuti. La seduta è sospesa in attesa della riunione del Consiglio dei ministri sulla nota di variazione al bilancio. Intorno alle 10.15 erano iniziate le dichiarazioni di voto in Aula al Senato sulla Manovra. Al centro della discussione c’è stata la questione della fiducia, che nella serata di lunedì 22 dicembre il governo aveva deciso di porre sulla Legge di Bilancio 2026. Adesso la Manovra vale complessivamente «circa 22 miliardi». Lo ha riferito il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti parlando con i giornalisti in Senato.

L’ammontare complessivo, inizialmente pari a 18,7 miliardi, «è salito – ha spiegato il ministro – perché con l’ultimo maxi-emendamento abbiamo integrato gli stanziamenti per Transizione 5.0, la Zes e sull’adeguamento prezzi». Adesso, qualche giorno di pausa natalizia, e poi il testo passa alla Camera dei deputati, dove dovrà ottenere il via libera definitivo entro il 31 dicembre

Le complicazioni degli ultimi giorni

Queste ultime giornate che hanno portato all’approvazione del maxi-emendamento, sono state piuttosto turbolente per l’Esecutivo e per la maggioranza. Prima, gli screzi tra il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, e il “suo” ministro, Giancarlo Giorgetti, titolare del Mef. Il punto di rottura è stato quel pacchetto di emendamenti sulle pensioni, che alla fine, con il pressing della Lega, è stato rimosso. E ora Giorgetti, con un sorriso ironico, commenta ai cronisti: «Sì con Salvini, magari gli porto un po’ di carbone sotto l’albero, però siamo nella transizione green, quindi non si usa più». Ma quello è stato solo il primo ingranaggio a rallentare l’iter. Perché poi è intervenuto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sollevando alcune criticità. Così, dopo la questione di fiducia posta ieri sera, lunedì 22 dicembre, dal ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, è arrivata la decisione di stralciare ben cinque misure.

I cinque articoli stralciati appena prima del voto

Per questa ragione, in mattinata, prima che i senatori confluissero in Aula, la commissione Bilancio del Senato si è riunita per confrontarsi sul maxi-emendamento alla Manovra che il governo pianifica di sostituire in toto alla prima stesura della finanziaria. Durante il tavolo, è stato deciso di stralciare le cinque norme dal testo di legge. Ma quali erano queste misure? La più controversa era l’emendamento che riguardava i lavoratori sottopagati, il quale consentiva ai datori di lavoro condannati per pagamenti troppo bassi ai dipendenti – ma che comunque si erano attenuti a contratti collettivi – di non dover saldare gli arretrati. Cancellate anche due misure sulle porte girevoli nella pubblica amministrazione, tra cui quella che vietava il conferimento di incarichi a soggetti provenienti da enti privati regolati o finanziati dalle stesse amministrazioni. Stralciata anche la norma sui magistrati fuori ruolo, che riduceva da 10 a 4 anni l’anzianità necessaria per poter essere autorizzati al collocamento fuori ruolo. Infine, è stata eliminata anche la disposizione che riguardava la revisione della disciplina del personale della Covip, l’authority che vigila sui fondi pensione.

Antisemitismo, la retromarcia sull’emendamento dem

Un altro cambiamento, questa volta una retromarcia fino al punto di partenza, interesserà un comma, che nelle scorse settimane aveva recepito un emendamento proposto dalle opposizioni. Il comma riguardava un fondo da destinare alla promozione di attività formative con lo scopo di rafforzare il dialogo interculturale e contrastare l’antisemitismo. Il testo è stato riportato al suo dettato originale. Fuori dal maxi-emendamento anche la revisione dello spoil system (il modello fiduciario di selezione dei dirigenti pubblici da parte del vertice politico) per le Authority, una misura che, secondo fonti parlamentari, non sarebbe stata apprezzata nemmeno dal Quirinale.

Le reazioni dell’opposizione: «Pensavano di farla franca»

Tutti questi trambusti, ripensamenti e screzi nella maggioranza e nell’Esecutivo hanno inevitabilmente scatenato le critiche del centrosinistra. «La manovra del governo dei pasticcioni – ha dichiarato il leader di Avs Angelo Bonelli – toglie diritti alle pensioni degli italiani, taglia sanità, scuola e trasporto pubblico per finanziare l’opera illegittima del Ponte sullo Stretto e l’acquisto di armi. È una manovra che trasforma l’Italia in un’economia di guerra». Intanto, il leader dei 5 Stelle, Giuseppe Conte, rivendica lo stralcio della norma sui lavoratori sottopagati: «Pensavano di farla franca, calpestando i diritti dei lavoratori sottopagati senza che nessuno se ne accorgesse. Invece no: li abbiamo contrastati con forza».

I prossimi passaggi?

Come si diceva, ora il testo passa alla Camera dei deputati, dove dovrà ottenere il via libera definitivo entro il 31 dicembre. Come da prassi, la legge deve essere approvata entro la fine dell’anno per entrare in vigore il primo gennaio, altrimenti scatta l’esercizio provvisorio. Ma alla Camera non ci sarà margine di intervento: il testo arriverà già blindato dal Senato, e i deputati avranno a disposizione solo pochi giorni per ratificarlo senza poter modificarlo sostanzialmente. Anche il ministro Giorgetti ha lanciato ieri un monito al Parlamento: «È andato via via perdendo la centralità, la dimensione che dovrebbe essere propria, con di fatto un monocameralismo che constatiamo da diversi anni: questo dovrebbe interrogare tutti noi».

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