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La solita bufala degli alieni sulle tavole Maya

02 Gennaio 2019 - 07:14 Juanne Pili
Torna in rete la falsità archeologica delle "pietre del primo incontro". Ma quei reperti, che rivelerebbero visite da parte di antichi extra-terrestri, non sono affatto delle prove. Ecco perché 

Come ci avete segnalato, di recente è tornata a circolare in rete la storia di una scoperta fatta da non meglio qualificati “archeologi indipendenti”. In un sito archeologico messicano sarebbero state rinvenute delle tavolette Maya recanti inequivocabili figure aliene. Si tratta delle “Pietre del primo incontro”. Dal colore verdastro delle iscrizioni i sedicenti archeologi sostengono che siano fatte di giada. Il luogo della scoperta è una località nei pressi di Puebla (Veracruz).

La bufala degli antichi astronauti alieni

La tesi degli “Antichi Alieni” non è nuova. È una teoria secondo cui l’umanità avrebbe avuto contatti con gli extraterrestri nel lontano passato, una leggenda che è stata riproposta da diversi autori senza che mai nessuno riuscisse a presentare una prova. Il ritrovamento delle pietre in Messico non è la chiave di volta per confermare queste storie, anzi. Innanzitutto gli autori della “scoperta” non sono veri archeologi, ma semplicemente membri di un’associazione di cercatori di metalli, la Master Detector, come si può capire dando un’occhiata al logo delle magliette che indossano.

La solita bufala degli alieni sulle tavole Maya foto 1

La presunta omertà degli archeologi

Nei post che rilanciano questa vicenda – presentandola puntualmente come una news archeologica – si menziona l’Inah (Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Messico). L’accusa che viene mossa agli accademici messicani è di non voler accettare le “evidenze” prodotte dagli improvvisati archeologi. Le affermazioni attribuite a uno degli scopritori ci aiutano a capire le ragioni di questa presunta omertà.

«Se a un certo punto l’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Messico decidesse di interessarsi a questa scoperta e di raccogliere i pezzi di pietra, per entrambi i gruppi di ricerca sarebbe meglio, perché in questo modo accetterebbe il fatto dell’esistenza del contatto con gli alieni, del che molti hanno sempre negato l’esistenza delle prove».

Due tipi di bufale archeologiche

La solita bufala degli alieni sulle tavole Maya foto 2

In generale, potremmo riassumere le bufale archeologiche (perché di questo si tratta) dividendole in due categorie: reperti veri ma decontestualizzati (come il cosiddetto “astronauta di Palenque”); reperti totalmente creati ad arte (come i teschi di cristallo o le pietre di Ica).

Il caso delle “Pietre del primo incontro” appartiene molto probabilmente alla seconda categoria. Lo deduciamo dal silenzio dell’Istituto archeologico messicano, ma anche dal fatto che i Maya nella regione e nell’epoca descritti non ci sono mai stati. Ulteriori conferme possono darcele gli stessi archeologi, replicando quello che – si suppone – abbiano fatto i loro colleghi in Messico: valutare le prove per come vengono presentate. Abbiamo chiesto un parere all’archeologo Marco Montermini divulgatore di EduTube Italia che ha avuto modo di consultare per noi anche altri colleghi esperti di civiltà Maya:

«Siamo parecchio fuori dal territorio Maya del periodo classico (250 km circa) e ben lontani dalle fonti meglio conosciute di recupero della giada come materiale (Guatemala). In entrambi i casi vuol dire poco o nulla, perché poi nel periodo post classico i Maya erano comunque lì e la giada (giadeite) veniva comunque portata anche a distanza, ma lì ce n’è veramente tanta a sentir loro, ed un materiale così prezioso in così poco spazio e tutto su di un singolo tema cè decisamente poco credibile».

Anche l’aspetto dei reperti non aiuta i sedicenti archeologi, le figure sono verosimili ma all’occhio di un esperto appaiono subito come delle imitazioni.

«Le figure aliene non seguono schemi tipici. Alcune pietre hanno poi una cornice che segue la forma non regolare della pietra, cosa alquanto balzana … Le cornici le facevano anche, ma il prodotto era comunque di forma regolare, poi noi abbiamo trovato reperti in giadeite che oggi hanno sì la forma irregolare come vediamo anche in queste tarocche, ma dalle incisioni si capisce benissimo che sono frammentarie».

L’importanza del contesto

L’ultimo elemento che serve a smontare questa bufala è l’assenza di un contesto. Non conosciamo il luogo preciso del sito, né in che condizioni sia stato svolto lo scavo, del resto manca anche uno studio e una conseguente revisione paritaria che accerti la scoperta.Scorrendo i materiali forniti come prova della scoperta, gli esperti possono anche notare la confusione di questi studiosi improvvisati sulle civiltà mesoamericane. Insomma, imitazioni maldestre fatte da archeologi improvvisati.

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