Droni, realtà aumentata e alberi fotovoltaici. Gli italiani al Ces di Las Vegas

Fra i 5mila espositori presenti alla fiera americana di elettronica ci sono anche decine di italiani. Noi di OPEN ne abbiamo scelti tre

Gli alberghi a forma di castello, i casinò sempre aperti, le luci della Strip. Intorno, il deserto del Nevada. Las Vegas. Per quattro giorni, dall'8 all'11 gennaio lo spettacolo principale di questa città non è il gioco d'azzardo. Dal 1980 qui viene organizzato il Ces, il Consumer Electronics Show. La fiera dedicata ai prodotti di elettronica più grande del mondo: 5mila espositori e 6mila giornalisti. Tutti impegnati a capire, o mostrare, da che parte andrà il futuro nei prossimi anni.


La delegazione italiana

A fianco dei colossi dell'Hi-Tech ci saranno anche mille start up. Tante idee, alcune anche realizzate bene. I settori abbracciati da queste giovani aziende sono molti, dal benessere all'edilizia, passando per cibo, tatuaggi e mobilità. Noi di OPEN ne abbiamo selezionate tre fra quelle italiane, ognuna con una storia di rischio e di innovazione.


Namastree, l'albero sardo che produce acqua

Un prototipo è già installato a Lanusei, un comune vicino alla costa est della Sardegna. Namastree è stato creato proprio in questa regione. È un albero in vetroresina con dei panelli fotovoltaici in grado di produrre fino a 1,5 kilowatt di energia elettrica. Questi dispositivi caricano una batteria contenuta all'interno dell'albero che può essere usata per alimentare auto o bici elettriche. Namastree si può usare anche per delle chiamate di emergenza.

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La particolarità di questo albero elettronico è però ancora un'altra: può produrre acqua. Raccoglie la condensa dall'ambiente circostante, la fa confluire dentro i suoi serbatoi e poi la purifica. Una soluzione che può diventare molto comoda per chi vive nelle zone aride.

Marco Tegas è uno dei creatori di questo dispositivo: «L'idea nasce da mio padre Salvatore. Mentre tornava da una viaggio a Singapore si era fermato a vedere delle basi petrolifere nel deserto. Qui ha pensato a un oggetto che potesse fornire a chi vive nelle zone aride i servizi fondamentali: acqua e elettricità. Era il 2014».

Stem, un braccio robotico fatto di droni

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Il progetto nasce dalla collaborazione tra E-Novia e Politecnico di Milano. L'obiettivo è risolvere uno dei problemi più grandi dei droni: la durata delle batterie. Qui non parliamo di sofisticati aerei in miniatura utilizzati in ambito militare, ma di multicotteri, droni che volano attraverso delle eliche molto simili a quelli in commercio.

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Stem è una start up  che ha sviluppato un sistema in cui diversi droni interagiscono fra loro. Tutto inizia con una stazione che fornisce energia elettrica da terra. Da qui vengono alimentati i droni attraverso una serie di cavi. I robot volanti diventano così i punti di snodo di una specie di braccio robotico, in grado di allungarsi e alzarsi senza temere il crollo delle batterie.

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Lorenzo Fagiano, docente al Politecnico di Milano di Automazione e Controlli, spiega come una tecnologia del genere possa cambiare il modo di utilizzare i droni: «Questo sistema sarà utile in molti ambiti, ad esempio nel monitoraggio dei siti a rischio. Un drone alimentato a batteria ha una durata di volo che può variare in base alle condizione del vento e la dinamica del volo. Tendenzialmente però la batteria dura 15 minuti e poi bisogna fermarsi a cambiarla. Con Stem questo limite di tempo non esisterà più». 

Youbiquo, gli occhiali da lavoro con realtà aumentata

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Nel 2014 Google aveva illuso il mondo con i Google Glass. Secondo i profeti di Mountain View entro pochi anni dal loro lancio avremmo dovuto girare tutti con una montatura per occhiali che proiettava informazioni in realtà aumentata direttamente sulle nostre retine. Non è andata esattamente così, i Google Glass non hanno avuto l'effetto sperato e nel 2016 il progetto ha chiuso i battenti.

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L'idea però aveva affascinato tante persone, fra cui Pietro Carratu, un ingegnere elettronico che mentre venivano lanciati gli occhiali della Big G pensava a come utilizzare questa tecnologia per scopi professionali. Nella provincia di Salerno è nata così Youbiquo, un'azienda che ora, spiega Pietro Carratu, «è stata scelta da Leonardo, ex Finmeccanica, come partner per lo sviluppo di sistemi basati sulla realtà aumentata».

Gli occhiali di Youbiquo possono essere configurati per diversi scopi. Un operatore che si trova davanti a un pannello elettrico può usarli, ad esempio, per capire meglio cosa deve fare, grazie a frecce o istruzioni che gli indicano come lavorare sui diversi componenti. Sempre attraverso questi occhiali è possibile anche collegarsi con un esperto in remoto che fornisce consigli ancora più mirati analizzando le immagini registrate dalla fotocamera presente sulla montatura.