De Falco ricorre contro l’espulsione dal M5s: «È incostituzionale» – L’intervista

Il senatore espulso a Open: «Con questa dirigenza non è ammessa alcuna dialettica politica. Il Movimento ha subito una deriva, o meglio: un dirottamento verso destra. Non è Gregorio De Falco che ha lasciato la nave: è qualcun altro che ha cambiato rotta».

La conferma arriva proprio dalle parole del diretto interessato: «Ho presentato ricorso contro un provvedimento che è abnorme, incostituzionale e sbagliato nel merito». A parlare è Gregorio De Falco, senatore espulso dal M5s il 31 dicembre scorso insieme a Saverio De Bonis.


De Falco – Ufficiale di Marina noto a tutti per la telefonata dal tono perentorio con cui invitava il comandante Schettino a risalire a bordo della Concordia durante il naufragio del 2012 – ha spiegato di aver presentato ricorso perché il provvedimento di espulsione che lo vede protagonista «dimostra che nel Movimento non è ammessa alcuna dialettica».


De Falco è passato alle vie legali e ha citato Luigi Di Maio, capo politico dell’Associazione M5S, presso il Tribunale ordinario di Roma. Il suo legale sarà Lorenzo Borrè: l’avvocato ha già assistito altri militanti 5 stelle cacciati dalle liste o espulsi dal movimento.

Senatore De Falco, lei ha deciso di fare ricorso contro un’espulsione che giudica incostituzionale.

«Io sono stato espulso per aver espresso un’opinione e reso un voto in difformità rispetto al gruppo. Il motivo che sta a monte è questo: noi avevamo chiesto di poter discutere di politica, e in particolare del decreto Sicurezza, per conoscere – dopo averne parlato insieme – quale fosse la linea del Movimento. Non c’è stato nessun confronto, nessuna possibilità di parlarne sebbene l’avessimo cercata. Due volte abbiamo chiesto una riunione per confrontarci sul decreto Sicurezza perché avevamo qualche perplessità su questa misura non propriamente del M5s».

E cosa vi è stato risposto?

«Ci fu detto che sul provvedimento non c’era margine e dunque era inutile discuterne. Si tratta invece di un decreto fortemente contrastante col programma del Movimento ma anche con lo stesso contratto di governo. Viola una caterva di principi costituzionali: è iniquo, incapace di giungere all’obiettivo, un disastro, non fa altro che aumentare l’insicurezza».

A questo punto lei voterà il reddito di cittadinanza in aula al Senato anche se non fa più parte del M5s?

«Io ho sempre sostenuto che il reddito di cittadinanza sia un principio perfetto, ambizioso, nobile, che gli stati civili dovrebbero avere. Ma il programma prevedeva che fosse preceduto da una riforma degli uffici per l’impiego».

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Un passaggio propedeutico?

«Un passaggio assolutamente opportuno perché nel momento in cui cominciano a funzionare gli uffici del lavoro è possibile poi fare incontrare anche fisiologicamente domanda e offerta. Ma se questi uffici non funzionano, come si fa a caricarli di questa ulteriore incombenza? È una cosa che non ha molto senso. Quindi sostengo il principio del reddito di cittadinanza ma bisogna fare prima la riforma degli uffici del lavoro così come era stato deciso da programma».

Quindi lo voterà o no?

«Questo lo devo ancora vedere».

Come giudica Lino Banfi nella commissione dell’Unesco?

«Che le devo dire, non lo so. Diciamo che mi va bene. Lino Banfi è comunque un rappresentante simpaticissimo dell’Italia, ha dedicato una vita all’arte espressiva, vediamo… I nonni, come dice lui, sono patrimonio dell’umanità, soprattutto dal punto di vista del welfare. Anche se in questo momento non abbiamo condizioni economiche che favoriscano le nascite».

Secondo lei ci saranno altre espulsioni oltre alla sua e a quella di De Bonis?

«A occhio e croce, credo che per il momento non ce ne saranno altre. Almeno finché i numeri saranno questi, credo che il Movimento si sia assicurato una sorta di galleggiabilità. Un qualche richiamo è stato inferto e quindi ora ritengono forse di poter stare tranquilli».

È passato il messaggio?

«Con queste espulsioni – almeno con la mia – hanno solo dimostrato, in maniera purtroppo eclatante, che in questo movimento politico non si parla di politica: non si può. Con questa dirigenza non si può. Il Movimento – che era indirizzato verso finalità nobilissime – ha subito una deriva, o meglio: un dirottamento verso destra. Quindi non è Gregorio De Falco che ha lasciato la nave: è qualcun altro che ha cambiato rotta rispetto a quando mi chiamò con sé».