Macedonia e Grecia verso l’accordo: il punto della situazione

Dopo decenni di controversie, i due Paesi potrebbero aver trovato un’intesa parlamentare sul nome definitivo per il FYROM. Ma le proteste di Alba Dorata non si fermano

Settimana decisiva per provare a risolvere il lungo contenzioso tra la Grecia e l’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (Fyrom). La votazione per la ratifica dell’accordo di Prespa è prevista tra il 24 e il 25 gennaio.
Il 17 giugno 2018 Atene e Skopje firmarono l’accordo di Prespa, un’intesa per chiudere la disputa  ventennale sul nome dello Stato dichiaratasi indipendente nel 1991.
Il 20 gennaio è stata depositata al parlamento greco la ratifica dell’accordo, già firmata dal Paese ex jugoslavo: se i greci decideranno di approvarla in via definitiva questo fine settimana, il FYROM cambierà nome in Repubblica della Macedonia del Nord. In cambio, Atene smetterà di porre il veto sull’adesione di Skopje all’Unione Europea e alla NATO.


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 Il parlamento del FYROM vota per il cambio nome

Il motivo della controversia ha ragioni tanto culturali quanto geopolitiche: da una parte c’è l’attaccamento di alcune forze nazionaliste del Paese al nome Macedonia, che a parer loro dovrebbe fari riferimento unicamente alla regione a nord della Grecia. Ad alimentare i timori sui progetti di appropriazione culturale da parte del FYROM, c’erano state le politiche identitarie del passato governo di Skopje, quello di Nikola Gruevski (2006-2016), che aveva trasformato la città in un altare ad Alessandro Magno 
 

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Dall’altra parte, c’è la paura che, con il benestare sul nome, la Repubblica della Macedonia del Nord possa iniziare ad avanzare pretese egemoniche sul confine tra i due Stati. Salonicco infatti, la città più grande della regione macedone in Grecia, costituisce un prezioso sbocco sul mare. 

 

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 Nella votazione prevista questa settimana, SIRYZA, il partito al governo guidato da Alexīs Tsipras, dovrebbe riuscire a portare in aula il numero di deputati necessari alla vittoria. Il traguardo numerico arriva a seguito di giornate difficili, nelle quali, dopo le dimissioni del ministro della Difesa Pános Kamménos, Tsipras ha rischiato la sfiducia. L’implementazione degli accordi di Prespa, infatti, ha scontentato la coalizione di governo ANEL (Greci Indipendenti), il partito di destra fondato e guidato da Kamménos. Alla fine, il premier greco si è salvato in corner, con una stretta maggioranza di 151 su 148, di cui 145 appartengono a SIRYZA.

Nonostante i passi avanti delle integrazioni, negli accordi di Prespa è ancora chiaro un fatto: la Grecia non ha intenzione di cedere il suo patrocinio culturale sul nome Macedonia. Già nell’ articolo 7 del testo si sottolinea che «il modo come ciascuna intende il termine “Macedonia” e “Macedone” si riferisce a un differente contesto storico e a un diverso patrimonio culturale», e che «la lingua ufficiale e gli altri attributi della attuale FYROM non fanno riferimento alle antiche civiltà, storia, cultura elleniche della regione settentrionale (omonima) della Grecia».

Proprio le minacce sull’identità nazionale hanno suscitato nuove proteste di Alba Dorata, il partito ellenico di estrema destra, che domenica 20 gennaio è scesa in piazza tra Atene e Salonicco (capoluogo della regione di Macedonia in Grecia) per manifestare contro l’accordo. 
 

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Qualora il Parlamento greco confermasse la linea dell’accordo, le nuove intese potranno dare il via a un ampliamento dei rapporti commerciali e diplomatici tra i due Stati, oltre a consentire cooperazioni di tipo strategico sulla gestione del territorio e dello sfruttamento delle energie. Come si legge nell’art. 12, infatti, la Macedonia del Nord e la Grecia potranno dialogare per la «costruzione, la gestione e l’utilizzo dei gasdotti e degli oleodotti di connessione (esistenti, in costruzione e progettati), e riguardo alle risorse di energia rinnovabili».

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