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Processo a Salvini, è scontro in giunta. Il capogruppo M5S avverte i dissidenti

07 Febbraio 2019 - 09:26 Francesca Martelli
Netta spaccatura all'interno dei pentastellati. La riunione della giunta per le autorizzazioni e le immunità del Senato che dovrà decidere sull'autorizzazione a procedere contro il vicepremier per il caso Diciotti sta esaminando l'ammissibilità dei documenti

«Frutto di una decisione condivisa». Si chiude con queste cinque parole la memoria difensiva presentata da Matteo Salvini il 6 febbraio ed esaminata oggi dalla giunta per le autorizzazioni e le immunità del Senato sul caso Diciotti.

Assente il ministro dell’Interno che però aveva anticipato con una nota la sua linea difensiva per spiegare come la vicenda dei migranti bloccati per giorni davanti al porto di Catania fosse stata «un’iniziativa del governo italiano».

Collegiale dunque, secondo la tesi dell’Esecutivo. «Ricordo che non si voterà se Salvini è colpevole o innocente. Bisognerà capire se l’ho fatto nell’interesse del Paese» ha detto a Radio anch’io il vicepremier.

Ma il voto su un’eventuale autorizzazione a procedere contro il ministro dell’Interno scuote il Movimento 5 Stelle, come testimonia il senatore Giarrusso: su eventuali voti in dissenso con la linea 5 Stelle «deciderà il capo politico del Movimento».

Il senatore Nicola Morra intervistato su Il Fatto Quotidiano ha ribadito che votare favorevolmente è nel dna M5S, esprimendo un parere simile a quello espresso in tv dal presidente della Camera Roberto Fico.

I senatori pentastellati che compongono la giunta, escludono la possibilità di un voto sulla piattaforma Rousseau, ma l’ipotesi della votazione online resta in campo. Mario Michele Giarrusso non vuole sentire parlare di dissidenti: «Non ci sono 5 Stelle ortodossi. Ci sono dissenzienti e quelli il linea con il partito».

La giunta sta valutando l’ammissibilità dei documenti presentati dal vice-premier. La memoria difensiva è infatti accompagnata da due lettere, una firmata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’altra dal vicepremier Luigi Di Maio e dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, che fuori da Montecitorio aveva lanciato un avvertimento al leader leghista, innervosito dall’invio del dossier Tav prima alla Francia che a lui.

«Sento il dovere di precisare che le determinazioni assunte in quell’occasione dal ministro dell’Interno sono riconducibile a una linea politica sull’immigrazione che ho condiviso nella mia qualità di presidente nel Consiglio con i ministri competenti, in coerenza con il programma di governo», ha scritto il presidente del Consiglio nel documento allegato alla memoria presentata dal vicepremier Salvini sul caso Diciotti.

Per l’ex presidente del Senato Pietro Grasso (Leu) i documenti inviati da Salvini sono «irricevibili dalla giunta» perché andrebbero inviati al tribunale dei Ministri di Catania. Mentre per il Pd, la presenza delle due lettere testimonia già «la volontà dei 5 Stelle di votare contro l’autorizzazione a procedere. È un dato politico» dice Francesco Bonifazi.

«Qui non c’è la cassetta della Posta» ha chiosato il presidente della giunta Maurizio Gasparri (Forza Italia): «Qualcuno ritiene che non si possa ricevere questa lettera di Toninelli e Di Maio. Ma non hanno scritto alla Giunta Toninelli e Di Maio. Il nostro interlocutore è Salvini, è lui che ha mandato la sua memoria, molto ampia, a cui ha allegato una lettera che gli ha scritto il Presidente Conte».

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