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Chi sta con gli indipendentisti: l’Europa divisa sulla Catalogna

13 Febbraio 2019 - 20:15 OPEN
La causa catalana è stata sposata da partiti nazionalisti e populisti, ma i catalani sono da sempre europeisti e non hanno mai avuto rinvendicazioni xenofobe

Con molta probabilitàgli spagnoli saranno chiamati alle urne un anno prima del previsto. Il governo socialista di Pedro Sancheznon è riuscito a fare approvare la sua Legge di bilancio dal Parlamento. Il premier spagnolo contava sull’appoggio dei partiti indipendentisti catalani, che però non è arrivato. I separatisti hanno bocciato la sua proposta in blocco, come avevano promesso di fare se il governo non avesse accettato le loro condizioni. Tra queste, ottenere il diritto di indire un referendum sull’indipendenza.

Il referendum, che nel 2017 aveva portato alla vittoria del “sì” all’indipendenza, non erastato autorizzato né riconosciuto dal Governo. Il12 febbraio èiniziatoil processo ai 12 leader catalani che sono stati accusati di ribellione contro lo Stato spagnolo per aver organizzato ilreferendum del 2017. Il Governo conservatore di Mariano Rajoyaveva allora ordinato una dura repressionepoliziesca degli indipendentisti. Un anno e un governo dopo, la questione catalana è tornata al centro del dibattito politico spagnolo, e con molta probabilità sarà sua la responsabilità dellacaduta dell’amministrazione Sanchez.Ma cosa pensa l’Europa di questa questione?

Chi sta con gli indipendentisti: l'Europa divisa sulla Catalogna foto 1

Baschi, bretoni, fiamminghi, scozzesi, bavaresi, ucraini, transilvani, veneti, lombardi ecòrsiseguono attentamente la vicenda catalana. In Scozia, dopo l’ordine di arresto del leader indipendentista Carles Puidgemontnel marzo 2018,Angus MacNeil, membro del Partito Nazionale Scozzese, ha definito «fascista» il governo di Madrid. I nazionalisti baschi hanno esortatola Spagna ad affrontare le sue questioni in sospeso, e il fiammingo Mark Demesmaekerha denunciato un’«assenza di democrazia». I governi che devono rispondere aqueste sensibilitàregionali conoscono l’appeal che esercita la causa catalana sui loro irredentisti domestici. Anche se la maggior parte dei leader europei si sono trovati costretti a denunciarela repressione poliziesca orchestrata daRajoy, il sostegno a Madridè stato compatto. Emmanuel Macrone Angela Merkel si sono schieraticon l’«unità costituzionale spagnola»così come i governi inglese,greco, portoghese. L’allora premier Gentiloni aveva tenuto una posizione piuttosto neutra, enfatizzando però la necessità che la Costituzione spagnolafosse rispettata.

D’altro canto, i sovranistidi tutta Europa usano la volontà repressa dei separatisti catalaniper attaccare l’Unione europeao il centralismo del proprio Stato.In Italia il referendum per l’indipendenza della Catalogna è diventato subito un pretesto per parlare delreferendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto. In occasione delle sommosse che seguirono il referendum del 2017, Matteo Salvini aveva dichiarato«A Madrid qualcuno la deve pagare». Nella stessa occasione, Nigel Farageavevapubblicato un articolo sul Telegraph intitolato: «In Catalogna abbiamo visto come l’UE tratta la democrazia. Perché gli anti-Brexit non riescono a vederlo?».Con lui si eranoschieratiHeinz-Christian Strache, leader del partito di estrema destra austriaco FPÖ, Greet Wildersleader del Partito per la Libertà, movimento olandese a forte impronta islamofoba.

La causa dell’indipendentismo catalano è stata fatta propria da nazionalisti e populisti, ma icatalani si definisconoeuropeisti da sempre, non hanno nessuna rivendicazione xenofoba e la loro retorica non si basa sull’hatespeech. Nonostante questo, la questione è facilmente assimilabile alla tensione tra Stato e identitarismi, ormai diventata il leitmotivdell’Europa: questione che sarà protagonista indiscussa delle elezioni di maggio.

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