Rapporto agromafie: il menu criminale è un business da 24,5 miliardi

La mafia 3.0, con una particolare vocazione peri il marketing enogastronomico, è cresciuta del 12,4% nell’ultimo anno

Dalla mozzarella sbiancata con la soda al pesce vecchio rinfrescato con un «lifting» al cafados - una miscela di acidi organici e acqua ossigenata che viene mischiata con il ghiaccio per dare freschezza apparente; il miele «tagliato» con sciroppo di riso o mais, la carne dei macelli clandestini di animali rubati e il pane cotto in forni con legna tossica.


Rapporto agromafie: il menu criminale è un business da 24,5 miliardi foto 1


Sono solo alcuni esempi del primo menu criminale servito oggi- 14 febbraio- a Roma durante la presentazione del «Sesto Rapporto sulle Agromafie e i Crimini agroalimentari», presieduta da Coldiretti, Eurispes e dall'Osservatorio sulla criminalità agroalimentare. Ad arricchire il menu ci sono le tartine di tartufi cinesi spacciati per italiani (la natura del fungo è simile al nostro tartufo nero, salvo non avere le stesse qualità), i funghi porcini rumeni serviti come italiani. Il tutto innaffiato da vino scadente alterato con lo zucchero, la cui aggiunta è vietata – per legge- in Italia.

Stesso discorso anche per i condimenti: l'olio è al primo posto. È frequente trovare olio lowcost semi colorato alla clorofilla al posto dell'extravergine. C'è poi il rischio di portare in tavola i frutti dello sfruttamento, come le nocciole turche o le banane dell'Ecuador prodotte dal lavoro minorile, come denunciato dal Ministero del Lavoro negli States.

Infine, per i più romantici – tanto più che è San Valentino – è sempre in agguato il rischio di acquistare le rose provenienti dal circuito della vendita illegale che sfrutta manodopoera straniera, come il bengalese che si aggira tra i tavoli di pizzerie e ristoranti per ore ed ore.

Questo e molto altro crea un giro di affari da 24,5 miliardi di euro, con un incremento del 12,4% nell'ultimo anno, nonostante la stagnazione dell'economia italiana ed internazionale. È la «mafia 3.0», cioè una struttura intelligente che ha abbandonato l'abito militare per vestire il doppiopetto e il colletto bianco: a definirla tale sono stati Gian Maria Fara, presidente dell'Eurispes e Gian Carlo Caselli, presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Osservatorio Agromafie.

Lo sviluppo e la radicalizzazione delle agromafie ha permesso di creare una rete criminale che si incrocia perfettamente con la filiera del cibo, e quindi della sua produzione e del trasporto, fino alla distribuzione e vendita. Le notizie di reato nel settore agroalimentare registrano, nel 2018, un balzo del 59%, con un aumento del 75% in campo enologico e nel settore della carne dove sono addirittura raddoppiate le frodi (+101%). 

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