Dimezzata la pena per una «tempesta emotiva»? Cronaca di una notizia falsa

La Corte d’Appello di Bologna ha dimezzato la pena a Michele Castaldo da 30 a 16 anni per il suo stato emotivo? La questione è complessa e le motivazioni sono altre.

Fa discutere la sentenza d'appello dove un uomo di Riccione, Michele Castaldo, è stato condannato per aver ucciso la compagna, Olga Matei. Secondo la narrativa diffusa, la pena sarebbe stata dimezzata perché l'assassino era in preda a una «tempesta emotiva». Condannato in primo grado a 30 anni di reclusione nel 2017, in Appello l'avvocato difensore aveva chiesto l'esclusione delle aggravanti o comunque del riconoscimento delle attenuanti generiche al fine di ridurre la pena. La Corte di Bologna, con sentenza del 14 novembre 2018 depositata l'otto febbraio 2019, ha poi ridotto la pena da 30 a 16 anni di reclusione riportando le diverse motivazioni che hanno portato al riconoscimento delle attenuanti generiche, citando appunto la «tempesta emotiva» che tuttavia non è stato l'elemento determinante.

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Il testo della sentenza d'Appello

I giudici hanno rigettato la richiesta d'appello della difesa in merito all'esclusione delle aggravanti dei futili motivi, confermandoli a pieno non ritenendo in alcun modo lo «stato di gelosia»  incompatibile con la aggravante di cui all’art. 61 n. 1 c.p. È stata proprio la gelosia a scatenare il litigio nella coppia, come l'imputato stesso ha affermato prima e durante il processo. Erano bastati dei messaggi sul cellulare di lei da parte di alcuni uomini per scatenare in lui una situazione di rabbia iniziale che lo portarono ad andarsene di casa in segno di protesta. Tornato nell'abitazione, dopo diversi via e vai, lui le aveva confidato le sue insicurezze senza ottenere una risposta positiva da lei tanto che, dimostrandosi indifferente, lo invitò ad andarsene. A quel punto Michele Castando aveva perso la testa, come dichiarato durante il processo ai giudici: «lei non voleva più stare con me. Le ho detto che lei doveva essere mia e di nessun altro. L 'ho stretta al collo e l'ho strangolata».

Le attenuanti generiche

In Appello, contrariamente al Tribunale di Rimini, sono state invece accolte le circostante attenuanti generiche. A far leva su questa decisione sono state la confessione dell'imputato – sia per il delitto sia per l'ammissione delle circostanze che hanno portato all'aggravante per futili motivi – e il tentativo da parte sua di iniziare a risarcire la figlia minore della vittima, un gesto che portava a considerare il fatto che riconoscesse ancora di più la gravità del delitto da lui commesso.

Risulta strano sostenere che lo stato emotivo risulti nello stesso processo come elemento a sostegno dell'aggravante e allo stesso tempo elemento utile per il dimezzamento della pena. Sul sito della rivista giuridica Giurisprudenzapenale.com possiamo leggere una spiegazione riguardo questa sentenza:

Quanto al tipo di valutazione richiesta al giudice, in giurisprudenza è ricorrente il principio secondo cui, nel motivare il diniego della concessione delle generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione.

Da ciò se ne ricava che la Corte sarebbe potuta giungere alla medesima conclusione cui è effettivamente giunta – ossia una rideterminazione della pena sulla base del riconoscimento delle attenuanti generiche che erano state negate in primo grado – anche senza pronunciarsi sulla rilevanza degli stati emotivi o passionali e giustificando il riconoscimento delle attenuanti generiche sulla base di altre circostanze quali, ad esempio, l’assenza di precedenti penali o la confessione dell’imputato.

Secondo la rivista giuridica, la corte poteva anche evitare di pronunciare gli stati emotivi dell'imputato per giustificare il riconoscimento delle attenuanti generiche.

 

Stati emotivi e infermità mentale

Vengono citati, a riconoscimento delle attenuanti generiche, il forte stato di gelosia e la «soverchiante tempesta emotiva e passionale», ma questi «stati emotivi o passionali» non vanno per nulla ad incidere sull'impunibilità ai sensi dell'articolo 90 del codice penale:

Articolo 90 Codice penale
(R.D. 19 ottobre 1930, n.1398)
Stati emotivi o passionali

Gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono l'imputabilità

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L'articolo 90 del codice penale.

Su Brocardi.it leggiamo una nota chiarificatrice:

La disposizione in esame si riferisce agli stati emotivi e passionali che sono verificabili in una persona sana e, come tale, ritenuta idonea a controllare la propria affettività (si pensi alla gelosia). Questi non possono escludere o diminuire l'imputabilità in quanto possono assumere rilevanza come cause di esclusione o attenuazione dell'imputabilità solo quegli stati emotivi e passionali che dipendono da una vera e propria infermità di mente. Di qui la considerazione di inutilità della norma, espressa da larga parte della dottrina.

Durante il processo si è ritenuto che il sentimento provato sia «certamente immotivato e inidoneo a inficiare la capacità di autodeterminazione dell’imputato», escludendo dunque l'eventuale infermità mentale:

Alla luce di tali emergenze processuali il giudice, rilevando che gli stati emotivi e passionali che non si inseriscano in un quadro di infermità sono ininfluenti ai fini della imputabilità, riteneva sussistente la responsabilità del Castaldo e sussistente l'aggravante dei motivi abietti e futili, sostanzialmente ammessi dallo stesso imputato, che aveva spiegato il gesto col fatto che la donna non lo voleva ascoltare e aveva manifestato l'intenzione di lasciarlo.

 

Conclusioni

Castaldo era stato condannato all'ergastolo in primo grado, ma con rito abbreviato, dunque ha avuto accesso a un primo sconto di pena a 30 anni. In secondo grado, la pena comminata avrebbe dovuto essere pari a 24 anni, tenendo conto delle attenuanti generiche, ma per effetto del rito abbreviato è scesa a 16 anni. Affermare che la pena sia stata dimezzata per il riconoscimento di una «tempesta emotiva» risulta errato. La reale motivazione del passaggio da 30 a 16 anni di reclusione è dovuta alle attenuanti generiche riconosciute in secondo grado, ossia la confessione dell'imputato – sia per il delitto sia per l'ammissione delle circostanze che hanno portato all'aggravante per futili motivi – e il tentativo da parte sua di iniziare a risarcire la figlia minore della vittima.