Play in Italy, il viaggio di Open tra gli italiani dei videogiochi – Ep 1: I mondi virtuali di AnotheReality

Il mercato dei videogiochi vale in tutto il mondo 137, 9 miliardi. Ed è in crescita. Ma cosa succede nel nostro Paese? Quanti e chi sono gli italiani che lavorano in questo settore? Noi siamo andati a cercarli e queste sono le loro storie

Età media 36 anni. Lavorano in 106 studi, 41 solo in Lombardia. L’Italia dei videogiochi esiste, crea titoli e lavora con le imprese. L’ultimo censimento di questo settore è stato presentato a fine gennaio 2019 da Aesvi, l’associazione che raccoglie gli sviluppatori e gli editori di videogame. Piccole realtà. Il 63% degli studi ha meno di cinque dipendenti e il 66% registra un fatturato sotto i 100 mila euro all’anno. Solo l’11% supera i 500 mila euro.


Pochi pixel in un’industria che nel 2018 è arrivata a valere in tutto il mondo 137,9 miliardi di dollari. Più di tutta l’industria del cinema, 42 miliardi di dollari, più di tutta quella della musica, 36 miliardi di dollari. Ed è crescita. Rispetto al 2017 l’industria dei videogame è aumentata del 13, 3%.


Secondo le proiezioni di Newzoo entro il 2021 arriverà a 180,1 miliardi di dollari. Lo spazio per diventare più grandi c’è, anche in Italia. Open ha deciso di cominciare un viaggio fra gli sviluppatori della penisola, per raccontare le storie, i numeri e le tendenze dei videogiochi creati fra gli studi della penisola: Play in Italy.

Gli sviluppatori Italia, grandi aziende e piccoli scantinati

Competere con gli studi internazionali non è semplice. Basta guardare uno degli ultimi blockbuster: Red Dead Redemption II. Il titolo prodotto da Rockstar ha venduto 17 milioni di copie solo nella prima settimana. Un successo arrivato grazie a una produzione mastodontica. È durata sette anni e ha coinvolto 3 023 persone.

Anche in Italia i grandi studi hanno i loro presidi, con ottimi risultati. La divisione Ubisoft di Milano è stato il primo luogo al mondo in cui è stato sviluppato un titolo della saga Mario Bros fuori dal Giappone: Mario + Rabbids Kingdom Battle. E poi ci sono tutti gli studi più piccoli, quelli ricavati da scantinati o da vecchi studi fotografici divisi a metà con crew di videomaker.

Il primo episodio di Play in Italy parte da Milano. Lo studio è quello di AnotheReality, fondato nel 2014 da Fabio Mosca, Matteo Favarelli e Lorenzo Cappannari. Tre storie e tre background diversi. Fabio è uno sviluppatore, Matteo e Lorenzo sono imprenditori.

Il percorso di AnotheReality racconta bene cosa vuol dire sviluppare i videogiochi in Italia. Partiti con l’idea di fare soltanto titoli in realtà virtuale, i tre soci hanno capito con gli anni che queste tecnologie potevano essere applicate bene anche a prodotti da vendere direttamente alle aziende.

Play in Italy, il viaggio di Open tra gli italiani dei videogiochi - Ep 1: I mondi virtuali di AnotheReality foto 1
Da sinistra: Fabio Mosca, Matteo Favarelli e Lorenzo Cappanari

L’esempio più semplice per capire le applicazioni della realtà virtuale nell’ambito business è un progetto sviluppato per Olivetti. L’azienda aveva il problema di formare i tecnici per la manutenzione delle sue stampanti.

Per ogni sessione era necessario smontare e rimontare delle stampanti reali, un processo che portava via tempo e soldi. AnotheReality ha sviluppato un ambiente virtuale in cui i tecnici possono confrontarsi con tutte le parti di una stampante, imparare a riparlare e poi far tornare tutto come prima schiacciando un tasto.

Quattro italiani su dieci giocano ai videogame, e non solo ragazzini

Sempre Aesvi a marzo ha presentato il rapporto sugli videogiocatori in Italia. Nel 2018 sono stati 16,3 milioni le persone che hanno hanno aperto un qualsiasi tipo di videogame. La differenza di genere è molto sottile: il 54% sono uomini, il 46% donne. Guardando alle fasce d’età le percentuali più alte si trovano tra i 15 e i 24 anni, prevedibile, e fra i 45 e i 64 anni, meno prevedibile.

Play in Italy, il viaggio di Open tra gli italiani dei videogiochi - Ep 1: I mondi virtuali di AnotheReality foto 2

La ricerca non guarda solo ai gamer puri, quelli con un pc performante e una connessione internet che fa invidia ai centri di ricerca della Nasa. 10,1 milioni di questi videogiocatori usano lo smartphone, 6,1 milioni preferiscono la console, mentre 7,6 milioni rimangono ben ancorati al loro pc.

Ovviamente il totale di queste cifre arriva a molto più di quei 16,3 milioni di italiani che dichiarano di giocare. Molti infatti non si limitano a un solo dispositivo, ma spaziano dal piccolo schermo del loro smartphone a quello grande della televisione.

Leggi anche: