Dieci coppie per ogni bambino: tutti i numeri e i requisiti per adottare in Italia e all’estero

L’intervista a Frida Tonizzo, segretaria nazionale dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie: «L’adozione è un diritto dei bambini, non dei genitori»

«Iniziamo con una premessa fondamentale: l’adozione dovrebbe essere il diritto di un bambino, che è riconosciuto in uno stato di adottabilità. L’adozione non è un diritto degli aspiranti genitori. È in quest’ottica che deve essere affrontato il tema dell’adozione». A parlare è la dottoressa Frida Tonizzo, segretaria nazionale dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa).


Traproposteanti-aborto che mirano a riconoscere la «soggettività giuridica al concepito per finalità d'adozione», e proposte che puntano a velocizzare le adozioni nazionali e internazionali, abbiamo parlato del tema delle adozioni con le associazioni, che spesso sono uno degli unici punti di appoggio per famiglie.


Quali sono i requisiti per l’adozione?

«Bisogna essere sposati da almeno tre anni, non separati neppure di fatto, però c'è questa apertura che il legislatore ha dato ai conviventi a cui, nel momento in cui si sposano, vengono detratti gli anni di convivenza».

«La differenza d'età rispetto al bambino che viene adottato deve essere di minimo 20 anni e massimo di 45 anni, ma è derogabile in alcune situazioni. Anche i single possono adottare, in caso di impossibilità di affidamento preadottivo (e ciò vale dal 1983), ma bisogna analizzare i casi specifici».

Qual è l’iter e quali sono i tempi delle adozioni?

«Il processo di adozione si divide in tre principali parti: la prima è la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, un processo che può durare anche diversi anni, a seconda dei ricorsi presentati. Vi è poi un anno di affidamento preadottivo e infine una sentenza di adozione. Solo al momento della sentenza di adozione il bambino diventa figlio e ha gli stessi diritti e doveri di un figlio nel senso tradizionale».

Può darci qualche numero sulle adozioni in Italia?

«Gli ultimi dati ufficiali in nostro possesso risalgono al 2015 e fanno parte del III Rapporto supplementare alle Nazioni Unite sull’attuazione della Convenzione Onu. Il numero delle adozioni nazionali è di circa 1.000 all’anno, a fronte di almeno 10 domande per ogni bambino. Noi non abbiamo assolutamente bisogno di allargare ulteriormente i requisiti degli aspiranti genitori adottivi se vediamo le situazioni da un punto di vista del bambino».

«Una parte di questi bambini vive in una condizione molto grave e drammatica: bambini gravemente malati, con disabilità anche gravi, oppure che sono stati dichiarati adottabili già in età avanzata e che magari hanno subìto per anni e anni maltrattamenti vari, tra cui abusi sessuali e queste sono adozioni difficili. Le coppie non sempre se la sentono di affrontare adozioni così impegnative».

Lo stato dà un aiuto alle famiglie che adottano?

«Anche se la legge dice che queste adozioni dovrebbero essere sostenute economicamente, poi de factol’aiuto dello Stato, delle Regioni e degli enti locali è praticamente nullo. Secondo i dati del ministero sono circa 400 i minori che nel corso degli ultimi anni sono stati dichiarati adottabili e non sono stati adottati anche perché sono necessarie famiglie veramente capaci e che abbiano un grandissimo senso di responsabilità e di altruismo».

I numeri delle adozioni internazionali in Italia?

«Gli aspiranti genitori adottivi devono avere gli stessi requisiti di quelli disponibili ad adozioni nazionali, però mentre per le adozioni nazionali èil Tribunale dei minori che cerca l’abbinamento migliore tra famiglie e bambino adottabile, nel caso delle adozioni internazionali è lo Stato di provenienza del bambino a dichiararlo adottabile, in base alla Convenzione dell'Aja 1998».

«Dal 2000 al 2015 c’è stato un calo del 45% delle adozioni internazionali: si è passati da 4.130 nel 2000 a 2.114 nel 2015. Questa è una riduzione percentuale che è comunque inferiore al calo del 70% che si è registrato a livello mondiale nelle adozioni internazionali. L’Italia è il secondo Paese al mondo per numero di adozioni internazionali dopo gli Stati Uniti».

«Tra questi si trovano in particolar modo i cosiddetti special needs e oltre il 60% dei bambiniadottati in Italia dall’estero rientrano in questa categoria. Questo appellativo può essere talvoltalegato a dei problemi sanitari di facile soluzione, ma anche a bambini con problemi di salute gravi, anche di ordine neuropsicologico».

Quali sono i reali bisogni dei bambini adottati e delle loro famiglie?

«In entrambi i casi i bambini, siano essi stati adottati a livello nazionale o internazionale, e le loro famiglie hanno bisogno di supporto. Il supporto post adottivo è molto raro e anche in questo caso molto dipende dalla regione in cui vieni adottato. Le adozioni comunque sono abbastanza ben distribuite sul territorio nazionale. Noi siamo il Paese che fa anche più adozioni nazionali, oltre che internazionali».

«Allo stato attuale il problema è trovare famiglie e sostenerle per i bambini in condizioni più difficili. Per quelli internazionali bisognerebbe attivarsi per attivare canali corretti, altrimenti se le procedure non sono corrette, rischia di essere assimilato al mercato di minori.Quando si dice che ci sono 30.000 coppie che sono in attesa di un bambino prendiamone pure atto, ma le adozioni vengono fatte in base al numero dei bambini che vengono dichiarati adottabili in Italia e quelli che vengono segnalati dai Paesi esteri».

«Si può e si dovrebbe lavorare di più con le ambasciate dei Paesi, ma l’Italia è comunque in una posizione più che avanzata rispetto agli altri Statidel mondo. Inoltre la nostra legislazione, prevedendo molti passaggi istituzionali, è molto garantista e fa sì che sì che sipossano evitare casi di corruzione o di tratta dei bambini».

«Bisogna fare anche un lavoro di valutazione seria degli aspiranti genitori adottivi perché non è così facile diventare genitore di un bambino che è nato da altri. Questo poi, se parliamo di adozioni internazionali, si aggiunge al problema del razzismo che è stato più volte denunciato da genitori con adozioni internazionali, come nel caso di Melegnano che non è un caso isolato: i genitori devono essere preparati anche a questo».

Ragionare prima sui diritti dei bambini, poi sui genitori

«Ci sono famiglie splendide che si mettono in gioco e che accolgono bambini con situazioni gravissime. L’impegno delle associazioni come la nostra è che queste famiglie non vengano lasciate sole ad affrontare le difficoltà quotidiane»

«Se noi partiamo dagli aspiranti genitori adottivi e trasformiamo quello che è un desiderio assolutamente e umanamente comprensibile in un diritto,ciò non può sussistere. L’unico diritto è quello del bambino di avere una famiglia stabile e che lo accompagni nella crescita, simile il più possibile a quelladegli altri bambini».

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