Libia, raid sull’avanzata di Haftar. Sarraj: «Non troverà nient’altro che forza e fermezza»

L’Esercito nazionale libico di Haftar è stato colpito a cinquanta chilometri da Tripoli. Il governo di accordo nazionale ha annunciato di aver preso il controllo dell’aeroporto internazionale della città. Conte e il Segretario dell’Onu Guterres cercano una mediazione

Cresce la tensione in Libia. Il premier libico riconosciuto Fayez al Sarraj è apparso per la prima volta in tv dall'inizio degli scontri, accusando il generale Khalifa Haftar di «tradimento».


A riferirlo è Al Jazeera: «Abbiamo steso le nostre mani verso la pace, ma dopo l'aggressione da parte delle forze di Haftar e la sua dichiarazione di guerra contro le nostre città e la nostra capitale non troverà nient'altro che forza e fermezza».


Domenica 7 aprile la crisi libica ha toccato il suo apice: razzi di tipo Grad sono stati posizionati a Garian, città a sud di Tripoli: alcuni di essi avrebbero già colpito la capitale. Le forze armate, controllate da al Serraj, hanno reagito con dei raid aerei contro gli avamposti di Haftar.

Il colonnello Mohamed Gounonou ha ufficialmente annunciato da Tripoli il via alla controffensiva "Vulcano di rabbia", con lo scopo di «ripulire tutte le città dagli aggressori e dalle forze illegittime».

In una situazione dai risvolti imprevedibili, gli Stati Uniti hanno scelto di ritirare temporaneamente il proprio contingente militare. Mentre l'Onu invoca una tregua umanitaria per permettere l'evacuazione dei civili e dei feriti, il primo ministro Giuseppe Conte ha ribadito la posizione dell'Italia: «Bisogna evitare la guerra civile». Il bollettino ufficiale del ministero della Sanità libico parla di 21 morti e 27 feriti dopo gli scontri nella periferia di Tripoli.

Giovedì 4 aprile l'uomo forte della Cirenaica, il generale Haftar, ha lanciato la sua operazione contro le forze di Tripoli guidate dal capo del Governo di accordo nazionale (GAN) riconosciuto dalle Nazioni Unite, al Sarraj.

Venerdì il Segretario dell'Onu António Guterres, a Tripoli per cercare di organizzare una conferenza finalizzata a trovare un piano per le elezioni, si era diretto verso Bengasi per incontrare Haftar e dissuaderlo dal proseguire l'offensive.

Ma più tardi aveva scritto su Twitter rammaricato: «Lascio la Libia con un cuore pesante e profondamente preoccupato, spero ancora che sia possibile evitare un sanguinoso confronto dentro e intorno a Tripoli».

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Lo scontro tra Haftar e Sarraj

«Non puoi controllare la Libia senza controllare Tripoli». I motivi che hanno spinto Haftar all'attacco sono chiari. La capitale libica è il fulcro della vita diplomatica ed economica del Paese dove si concentra la maggioranza della popolazione.

L'avanzata di Haftar, iniziata mercoledì, ha avuto una battuta di arresto nella giornata di sabato. A cinquanta chilometri da Tripoli l'attacco condotto dalle forze pro-governative ha colpito l'Esercito nazionale libico del generale. Il maggior teatro di scontro nell'ultima giornata di sabato è stato l'aeroporto internazionale di Tripoli, chiuso nel 2014.

Ma i funzionari del GAN, il governo di accordo nazionale, hanno detto di aver preso il pieno controllo dell'aeroporto poche ore dopo che L'ENL aveva affermato in una dichiarazione di aver intrapreso un'operazione per proteggere il sito, che si trova a circa 30 km a sud di Tripoli. I caccia hanno inoltre bombardato le posizioni di Haftar a Mizda, a sud di Gharyan e Souq Al-Khamis e sud-est di Tripoli.

Libia, raid sull'avanzata di Haftar. Sarraj: «Non troverà nient'altro che forza e fermezza» foto 1

Ansa|Giuseppe Conte visita il generale Khalifa Haftar a Bengazi, dicembre 2018

Il ruolo dell'Italia

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sta cercando una mediazione tramite il Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, che si trova a Bengasi per convincere Haftar a fermare l'offensiva. Già in visita a dicembre nel Paese nord-africano, Conte aveva ribadito il suo appoggio al premier Fayez al-Serraj e al suo Governo di Accordo Nazionale (GAN), riconosciuto dalla comunità internazionale.

E' proprio nella Tripolitania di al-Sarraj che l’Italia ha il 70% degli interessi economici e del petrolio dell’Eni. Il primo ministro italiano non vuole quindi mollare il sostegno al leader, sebbene sia stato ormai abbandonato dalla maggior parte delle maggiori potenze mondiali, Francia, Russia, Emirati Arabi e Egitto ma appoggiato dal Qatar e dalla Turchia.

La ripresa di un dialogo tra le parti rimane l’obiettivo condiviso dalla comunità internazionale che – come da ultimo ieri nella dichiarazione dei Ministri degli Esteri del G7 – si è espressa in tal senso. A margine dell'incontro a Dinard, in Bretagna, il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha rinnovato l'appello per lo stop all'offensiva: «È importante che cessino le operazioni militari che possano accrescere il livello di destabilizzazione».

Intanto Human Rights Watch ha lanciato l'allarme a proposito degli abusi sulla popolazione, sostenendo che siano stati attaccati indiscriminatamente anche civili ad opera delle forze di Haftar e dei miliziani di Sarraj che avrebbero condotte anche esecuzioni sommarie e detenzioni arbitrarie.

L'ascesa di Haftar

A seguito della caduta del Ra'is Muammar Gheddafi avvenuta nel 2011 la Libia è rimasta in piedi grazie a un equilibrio molto precario. Un Paese spaccato che ha visto nel 2015 la formazione di due governi, da una parte quello di Tobruk presieduto da Haftar, dall'altre la Tripolitania del preferito della comunità internazionale, Fayez al Sarraj.

Haftar, uomo chiave dell'amministrazione Gheddafi, dopo un decennio in esilio negli Stati Uniti inizialmente torna per partecipare alla rivolta contro il dittatore libico, unendosi al Fronte Nazionale per la Salvezza della Libia, gruppo sostenuto dalla Cia.

Libia, raid sull'avanzata di Haftar. Sarraj: «Non troverà nient'altro che forza e fermezza» foto 2

Ansa|Khalifa Haftar all'Eliseo nel 2018

In mezzo allo scontro tra i gruppi e le tribù rivali per la conquista del potere, nel 2014 Haftar lancia l'operazione dignità per combattere "i terroristi islamici" e cacciarli dal Paese. La sua missione ottiene l'appoggio di Russia, Francia, Emirati Arabi e Egitto.

Nel mese di luglio 2017, Haftar riesce a riconquistare Bengasi dopo una sanguinosa battaglia di tre anni. L'anno scorso l'Esercito nazionale libico è riuscito ad acquisire il controllo anche di Derna, l'ultimo baluardo dell'opposizione contro Haftar nell'est del Paese.

Poi, a gennaio di quest'anno, il generale di Tobruk ha lanciato una nuova offensiva nell'area ricca di petrolio del Fezzan, a sud-ovest della Libia, dove Haftar ha stretto accordi con le tribù locali ed è riuscito a prendere controllo della regione senza dover ricorrere a un massiccio intervento militare.

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