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Osho, parla l’inventore delle massime in romanesco: «La fondazione del guru mi ha fatto causa»

08 Aprile 2019 - 12:59 Giulia Marchina
Federico Palmaroli, classe 1973, è diventato celebre prima con le vignette sul maestro spirituale indiano, poi con quelle sulla politica e per ora non ha intenzione di fermarsi

Nato a Roma nel 1973 e cresciuto prima nel quartiere Monteverde e poi a Balduina. Madre casalinga e padre dirigente di Confcoperative, Federico Palmaroli è quello che ha portato Osho – al secolo Osho Rajneesh, il mistico e maestro spirituale indiano – a Roma, come scrive sui suoi canali social. Tre libri all’attivo, «che ho dovuto ritirare dal mercato, non immagini il casino», vincitore del Premio Satira Politica nel 2017. E poi una collaborazione con il quotidiano Il Tempo, spettacoli live, e, ovviamente, le vignette che impazzano sul web. Non ne vuole sapere di parlare del suo orientamento politico: «Non perché io abbia qualcosa di cui vergognarmi ma perché l’ho fatto una volta, forse a cuor leggero, durante un’intervista e da lì quell’etichetta non me la sono più levata». Si riferisce alle sue simpatie di destra, che gli hanno fruttato nomignoli come Fasho (chiaro gioco di parole con il personaggio Osho), «che fa pure ridere, eh, però… Alla gente non interessa se il lavoro che fai è buono, se ti identifichi con un’idea politica è finita. Per loro sei quello e basta». 

Ti sei appropriato di un personaggio e lo hai reso più icona dell’icona stessa.

«Sì, tant’è vero che ora su Google se digiti il nome Osho ti compaiono solo le mie vignette. Del santone originale c’è poca roba».

Quelle vignette però sono praticamente sparite…

«Ho avuto problemi, è successo quando è uscito il mio libro con Rizzoli (E so’ problemi, ndr). La casa editrice non ha pensato di comprare le foto che raffigurano Osho, e lì sono arrivati i casini. La fondazione che sta a New York, la Osho Foundation, ha iniziato a segnalare tutte le foto. Ma non solo sui libri, anche sui social. Addirittura mi hanno fatto chiudere il mio profilo Instagram. Su Facebook sono riuscito per un pelo a non lasciare traccia». 

E ora?

«Ho smesso con Osho. Pensa che Bompiani ha pubblicato un libro su di lui, e lo ha titolato Le più belle frasi di Osho, quelle vere. Giusto per far capire la portata del fenomeno». 

Guai editoriali a parte, poi ti sei buttato sulla politica. Cominciavano a scarseggiare le vignette del santone?

«Anche (ride, ndr). Mi sono buttato sulla politica perché un fenomeno come quello che ho creato può sfociare molto spesso nell’effimero. Oggi ci sei, domani chissà. Quindi buttarsi sulla satira politica diciamo che mi ha dato più longevità. Poi per come siamo messi, hai voglia trovare l’ispirazione…»

E quella di dissacratore dei social è la tua seconda vita. Alla fine il tuo vero lavoro è un altro…

«Già, ma non faccio l’assicuratore come hanno scritto sempre. Però non voglio parlare del mio vero lavoro perché ho già avuto un mare de problemi per questo motivo».

Va bene, non ne parliamo. Parliamo degli esordi: come si diventa Federico Palmaroli in arte Osho?

«Ho iniziato per noia…»

Viva la sincerità.

«Bè, sì. In realtà a me piace la satira, la parodia, l’arte della dissacrazione. Per cui come chiunque altro mi sono aperto la pagina su Facebook: la prima vignetta col santone ricordo riportava la frase Ormai i pomodori ‘n sanno più de niente, un luogo comune, ma associata alla figura di un maestro spirituale è chiaro che chiama la risata». 

Poi?

«Poi condividevo le vignette con gli amici, all’inizio. Da lì la pagina ha cominciato a crescere, anche di tremila contatti al giorno. Avevo capito di aver imboccato la strada giusta». 

Da quanto tempo fai questo lavoro?

«Dal 2015, e c’era chi diceva che sarei durato poco…»

Come va col Papa?

«Ho saputo da qualcuno che mi legge e che si diverte, ma non l’ho mai incontrato e non ha mai chiesto di incontrarmi».

E coi politici?

«Con Salvini e Di Maio mi sento quasi quotidianamente. Si divertono e me lo dicono, a loro piace il mio modo di prenderli in giro».

Come si comporta il pubblico con le vignette politiche?

«Se ne fai una sul Pd te dicono che sei un pentafascionazista, se la fai su Salvini ti danno del piddino. E se la fai su Di Maio peggio che andar di notte. Non va mai bene niente, però è divertente».

Parlando di collaborazioni, come mai hai deciso di collaborare proprio con Il Tempo?  

«Perché è stata la mia prima opportunità di impormi sul serio, me lo avesse chiesto Il Manifesto avrei accettato allo stesso modo. Loro sono stati i primi ad avermelo proposto: una vignetta ogni giorno, cioè una rubrica. Quando mi ricapita?». 

Progetti all’orizzonte?

«Sì, ma posso parlarne poco altrimenti mi gambizzano (ride, ndr). Diciamo che Osho potrebbe non essere solo una vignetta, ma prossimamente magari prenderà vita». 

Come ricade la scelta, su una foto anziché su un’altra, per fare le tue vignette politiche?

«Ci sono scatti fotografici che chiamano proprio la battuta, per questo devo ringraziare i fotografi che spesso sembra lo facciano apposta per me. Altre mi vengono inviate: Filippo Sensi è una delle mie fonti principali, mi manda certe foto…»

È la politica che ti viene a cercare.

«Non solo: anche Tiberio Barchielli, il celebre fotografo di Matteo Renzi (morto a novembre del 2018) era fonte inesauribile di materiale per i miei lavori».

Le due vignette che hanno riscosso più successo?

«Una era quella di Osho, dopo l’incidente in pista tra Valentino Rossi e Marc Marquez. Avevo fatto un fotomontaggio, mettendo Osho vicino a Marquez e avevo scritto “L’importante è ‘n ve siete fatti niente. Le moto si riparano”. Storica frase che mia madre diceva sempre, ma penso un po’ tutti i genitori».

E l’altra?

«L’altra è quella di Mattarella. Nella realtà lui stava leggendo un discorso a un evento ufficiale. Io l’ho fatto diventare cameriere, facendogli dire “Sennò de secondo ve posso fa’: abbacchio scottadito, tagliata di vitella, cotoletta alla milanese o grigliata mista”». 

Domanda venale: si guadagna?

«Il guadagno più grosso ce l’ho con i contenuti sponsorizzati, indubbiamente. Come con Amazon. I libri, gli spettacoli portano introiti ma fino ad un certo punto». 

E gli eventi dal vivo?

«Sono la cosa che preferisco: le risate, gli applausi sono la mia benzina. Ed è stimolante quando mi invitano a fare show dal vivo perché ogni giorno è diverso, tutto cambia a seconda delle notizie di attualità, quindi puoi giocartela sempre in modo diverso». 

Sei una celebrità, diciamolo.

«E diciamolo. Però non è una passeggiata, ve lo assicuro».

Smetterai prima o poi?

«Me lo sono chiesto e detto tante volte, finché ho fantasia per continuare, però, continuerò».

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