I profughi della SeaWatch? Non arriveranno mai in Italia. Lo conferma la Chiesa Valdese

Secondo il premier Giuseppe Conte, «poco più di dieci persone» sarebbero arrivate in Italia accolte dalla Chiesa Valdese «senza oneri per lo Stato». Tre mesi di silenzio, ora la conferma: non arriveranno. Il pastore Bernardini a Open: «Disponibili anche per le persone sulla Alan Kurdi» ancora a largo di Malta

Ricordate i migranti salvati dalla nave Sea Watch 3 che hanno passato a bordo Natale e Capodanno, in attesa di un porto di sbarco individuato alla fine in Malta, previo accordo di distribuzione tra vari paesi europei? Secondo le negoziazioni, e secondo le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, «poco più di dieci persone» sarebbero arrivate in Italia accolte nelle strutture della Chiesa valdese «senza oneri per lo Stato».


E invece no. Lo ha confermato il governo alla stessa Chiesa Valdese. Il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Luca Maria Negro, e il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini, hanno scritto una lettera congiunta al premier Giuseppe Conte per prendere atto che la quota di profughi soccorsi a gennaio dalla ong Sea Watch, «non arriverà».


Da quel 10 gennaio, dicono i due esponenti evangelici, «nulla è accaduto. Dopo tre mesi di attesa, riteniamo che siano intervenuti accordi per cui i profughi, inizialmente destinati all’Italia, in realtà sono rimasti a Malta».

I valdesi: «Disponibili sempre. Anche per le persone ora sulla Alan Kurdi»

Eugenio Bernardini spiega anche che la Chiesa Valdese ha, in questi mesi, offerto la propria disponibilità di volta in volta per casi specifici. «Abbiamo anche comunicato di essere disponibili a interventi di emergenza senza preavviso tutte le volte che può servire a risolvere dei casi in cui anche il nostro governo può essere in imbarazzo e difficoltà».

E nel caso della nave Alan Kurdi della Sea Eye, ancora a largo di Malta in attesa di un porto di sbarco con 62 persone soccorse a bordo? «Sempre», dice a Open Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese.

«Ogni volta che c'è uno sbarco, c'è questa specie di tira e molla per suddividere le persone», spiega. Il premier Conte, nel caso della Sea Watch a gennaio, era riuscito «a ottenere al massimo una disponibilità volontaria da parte degli altri paesi europei». Ma «spesso sono degli accordi all'ingrosso».

Passati tre mesi di silenzio, dice Bernardini, «ci siamo resi conto che le persone che attendevamo sono finite in una specie di compensazione tra quelli che il nostro paese ha già e quelli che avrebbe dovuto ricevere».

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Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese

L'esecutivo avrebbe confermato. Quelle persone erano sbarcate a Malta su promessa di una distribuzione tra Olanda, Francia, Italia e altri paesi: fatti i conti – dice il moderatore della Tavola Valdese – l'Italia risultata essere "a credito": doveva ancora aspettare la partenza di alcune persone arrivate negli ultimi mesi. «Per cui immaginiamo che ci sia stato questo conteggio e che, invece che prendere quelle dieci persone della SeaWatch, il governo italiano abbia detto: ci teniamo quelli che non vi siete ancora presi».

La prima accoglienza a Malta

Il numero, in verità, non era mai stato confermato ufficialmente: si parlava di «dieci, quindici persone». Che sarebbero ancora a Malta. Perché funziona così: in seguito all'accordo di distribuzione, le delegazioni dei paesi coinvolti si recano nei centri di prima accoglienza dell'isola per dei primi colloqui con le persone appartenenti alla quota di propria competenza.

Dopo una serie di passaggi e di verifiche dei requisiti per la protezione umanitaria, si procede al trasferimento nel paese europeo di destinazione. Per quei 47 che hanno trascorso Natale e Capodanno a bordo della nave della ong tedesca si sarebbero presentate a Malta, dicono dalla Tavola Valdese, le delegazioni olandesi e francesi. Quella italiana no.

Il presidente della Diaconia Valdese, Giovanni Comba, ha espresso il timore che, «in mancanza di un accordo chiaro tra gli stati dell’Unione Europea, i migranti siano considerate pedine di scambio fra i diversi paesi e non persone portatrici di diritti». Questa situazione «non è dignitosa per i paesi europei.», dice Bernardini.

«Nè è facilmente spiegabile che non si riesca a raggiungere un accordo europeo per affrontare la gestione degli ormai pochi che riescono – salvati dalle acque o in arrivo sui loro barchini – ad arrivare in Europa», aggiunge.

«Abbiamo chiesto al governo di impegnarsi per trovare un accordo in modo che non debba esserci ogni volta questa sofferenza: persone in mezzo al mare in attesa di un accordo europeo. Dicono che sono impegnati, non abbiamo i dettagli», dice l'esponente evangelico. «Un accordo internazionale sarebbe più fluido e dignitoso»

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Europa e flussi migratori

La questione, conclude il moderatore della Tavola Valdese. è «politica»: «Anche le strutture pubbliche sarebbero ormai in grado di ospitare, visto che si stanno svuotando. Non è più una questione di numeri». Nè, assicura, è una questione di italiani verso resto del mondo. L'80% del nostro bilancio e delle nostre risorse sono destinati agli italiani: per gli anziani, per progetti educativi, per questioni sanitarie. Noi cerchiamo di fare il possibile nei nostri limiti: ma per noi prima viene chi è nel bisogno, a prescindere dalla nazionalità.

Come se ne esce? «Fino alle elezioni europee sarà difficile che i governi trovino un accordo», chiosa Eugenio Bernardini. «Eppure non dovrebbe essere difficile, visti i numeri da affrontare». Ma dopo le elezioni «ci auguriamo che si trovino risposte. Noi proponiamo ingressi ordinati e sicuri – per esempio corridoi umanitari dalla Libia a livello europeo – per mettere in sicurezza moltissimi esseri umani in difficoltà e stroncare il traffico di esseri umani. Per evitare tensioni politiche che oggi, all'Europa, non fanno bene».

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