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Quando Siri voleva fare commissario ai cantieri l’imprenditore che l’avrebbe retribuito

18 Aprile 2019 - 18:43 Sara Menafra
La procura di Roma indaga anche sulle altre relazioni istituzionali e non avviate dall'imprenditore, tra i consiglieri che hanno scritto il programma della Lega nel 2017

La Lega frena e difende Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture e ideologo della flat tax. Ma l’indagine della procura di Roma che ha iscritto il senatore per corruzione non è destinata a fermarsi. Anzi. Il giro di relazioni che potrebbe aver favorito gli interessi di Paolo Franco Arata (a sua volta collegato con un imprenditore colluso con la mafia trapanese) sarebbe anche più ampio.

Se Siri è accusato di aver aiutato gli interessi di Arata nell’eolico, adoperandosi per modificare il Def e il decreto semplificazioni, in cambio di un pagamento di 30mila euro e del sostegno alla nomina a sottosegretario, nel decreto di perquisizione il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi parlano apertamente delle relazioni di Arata «in ambienti istituzionali e non».

Chi è Paolo Franco Arata?

Quando Siri voleva fare commissario ai cantieri l'imprenditore che l'avrebbe retribuito foto 3

YouTube |Franco Paolo Arata

Del resto, Paolo Franco Arata, ormai negli ambienti leghisti era un personaggio più che ascoltato. Genovese come Siri, 68 anni, ex deputato di Forza Italia e, nel 1994, presidente del Comitato interparlamentare per lo sviluppo sostenibile, è stato uno dei sette professori cui Matteo Salvini ha affidato la stesura del programma di governo della Lega.

Uno dei figli, Federico Arata, ex banchiere di Credit Suisse è accreditato per essere tra i più vicini in Italia a Steve Bannon. E delle relazioni con il leader mondiale del credo sovranista si è giovato anche Siri, che ha accompagnato Matteo Salvini quando i due si sono incontrati.

Anche Siri, come Arata, non è leghista di nascita. Prima di entrare in politica faceva il giornalista a Mediaset e da quella esperienza ha tratto la forza affabulatoria che, nel corso del tempo, l’ha reso uno dei personaggi più in vista della nuova Lega.

Secondo il decreto di perquisizione rivolto ad Arata dalla procura di Roma, Siri gli era debitore per quella nomina a sottosegretario– oltre che dei 30mila euro che gli sarebbero stati “dati o promessi” a settembre – e per questo si sarebbe adoperato con i ministeri di Infrastrutture, Ambiente e Sviluppo economico per far approvare i finanziamenti al “mini eolico”.

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Ansa |Un impianto eolico

Un’attività di promozione «incessante», scrive la procura, anche se non andata a buon fine. E che Arata avrebbe retribuito:

Dal contenuto di alcune conversazioni tra l’indagato Paolo Franco Arata ed il figlio Francesco, alla presenza anche di terzi, si fa esplicitamente riferimento alla somma di denaro pattuita a favore di Armando Siri per la sua attività di sollecitazione della approvazione di norme che lo avrebbero favorito.

E, come la procura sta cercando di ricostruire, gli aiuti ad Arata non sarebbero stati legati neppure solo all’Eolico.

Il commissariamento

Del resto è di un mese fa la notizia che Siri pensava di nominare proprio il professor Paolo Franco Arata a commissario per lo sblocca cantieri. La notizia, anticipata il 13 marzo da La Stampa, ebbe una grande eco. L’idea, si leggeva, era un vero e proprio commissariamento del diretto superiore dello stesso Siri, Danilo Toninelli:

Il modello a cui Siri guarda è il commissario per l’emergenza delle mucillagini nell’Adriatico, Paolo Arata, nominato nel 1989. “Fu un’esperienza perfetta, i lavori si svolsero con efficacia e celerità, senza infiltrazioni mafiose e con ottimi risultati.

E il racconto proseguiva:

Ma sarebbe come mettere un tutor al ministero delle Infrastrutture. Una specie ti navigator che dica a Toninelli come darsi da fare per sboccare i cantieri fermi. Sarà difficile convincere i 5S che in questa operazione intravedono il tentativo di svuotare il dicastero guidato da Toninelli.

Cosa c’entra la mafia?

Nell’affare eolico, il professor Arata non si muoveva da solo. Secondo quanto ricostruito dalle procure di Roma e Palermo, suo socio nelle aziende che dovevano partecipare all’affare c’era Vito Nicastri, imprenditore accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

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Ansa |Matteo Messina Denaro in un identikit del 2011

Nicastri si sarebbe addirittura vantato di avere un legame speciale con Matteo Messina Denaro, come specifica il decreto di perquisizione contestuale a quello di Roma, arrivato da Palermo:

Il legame tra Nicastri e detto latitante è emerso anche dalle dichiarazioni, acquisite nel presente procedimento, del pluripregiudicato mafioso mazarese Sucameli Giuseppe, il quale ha di recente riferito a quest’Ufficio in ordine ad un’operazione speculativa, risalente agli anni 2006-2007 e sempre nel campo delle energie rinnovabili, condotta dal Nicastri che si vantava, in quell’occasione, di avere l’appoggio “dell’amico di Castelvetrano”, riferimento inteso senza dubbio alcuno dai suoi interlocutori, tra cui proprio il Sucameli, proprio a Matteo Messina Denaro.

Quanto Siri fosse a conoscenza di questo legame, sarà l’indagine a stabilirlo.

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