Quando le neuro protesi impareranno a leggere nella nostra mente

In un futuro non lontano lo studio delle reti neuronali unito ai progressi nel campo dell’Intelligenza artificiale, permetteranno lo sviluppo di neuro-protesi in grado di «aggirare» le malattie neurodegenerative, restituendo persino la parola a chi ne è affetto

L’utilizzo dell’Intelligenza artificiale sta conoscendo uno sviluppo insolito rispetto agli scenari apocalittici in cui ce la mostra solitamente la fantascienza, venendo utilizzata per migliorare una nuova generazione di dispositivi indossabili e migliorare l’utilizzo delle protesi, fino a metterle a contatto con la nostra stessa mente, magari per controllare un braccio robotico.


Con appositi caschi è possibile interpretare l’attività neuronale in correlazione con ciò che stiamo pensando, arrivando quindi a trasmettere comandi ai nostri dispositivi, quindi perché non sfruttare questa facoltà anche per far «leggere il pensiero» ad un sintetizzatore vocale che parla per noi? Un precedente interessante è stato quello sperimentato nel gennaio scorso dai ricercatori della Columbia University.


La nuova frontiera delle neuro-protesi

Recentemente è stato pubblicato uno studio su Nature relativo ad una sperimentazione eseguita con questo genere di «neuro-protesi» dai ricercatori dell’Università della California a San Francisco. Il dispositivo è stato testato in maniera molto simile a quello della Columbia, registrando l’attività neuronale di un gruppo di volontari mentre parlavano ad alta voce, in questo modo l’Intelligenza artificiale ha imparato a interpretarli.

Il sintetizzatore utilizzato nell’esperimento californiano è riuscito infine ad articolare un centinaio di parole. Il principio di funzionamento si basa sugli impulsi elettrici dei neuroni che si scambiano continuamente informazioni tra loro, le variazioni generate nelle reti che creano possono essere associati a nuovi schemi, questi vengono quindi correlati a pensieri e azioni.

Una Intelligenza artificiale incaricata di analizzare anche le variazioni delle nostre reti neuronali potrebbe un giorno aiutare diversi pazienti affetti da malattie neurodegenerative, permettendo loro di comunicare più agevolmente col mondo esterno. Simili progetti interessano anche i ricercatori che operano nell’Unione europea, come quelli del progetto Neurobit

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