I fantasmi del Mezzogiorno: che fine faranno i braccianti dopo gli sgomberi? – L’intervista

L’incendio in uno dei ghetti del foggiano è solo l’ultimo di una catena di eventi tragici nelle baraccopoli. «I braccianti vivono nei ghetti perché sono l’unica soluzione concreta per lavorare», ha spiegato a Open il segretario nazionale Flai Cgil. «Alternative abitative non ce ne sono»

Dopo il rogo a Borgo Mezzanone scoppiato all’alba del 26 aprile, decine di giornalisti si sono precipitati sul posto per capire se Samara Saho, il ventiseienne del Gambia deceduto nelle fiamme, fosse o meno stato espulso dal centro di accoglienza per richiedenti asilo poco distante dal ghetto.


Nel giro di qualche ora, tutti i giornalisti presenti sono stati cacciati dai migranti ancora risiedenti nel ghetto. «Sono esasperati», ha detto a Open Giovanni Mininni, il segretario nazionale di Flai Cgil che ha seguito l’accaduto per tutta la giornata. «Questo è solo l’ultimo incendio del mese. È solo l’ultima tragedia».


Nell’entroterra del Tavoliere foggiano, un vero e proprio arcipelago di ghetti accoglie centinaia di migranti arrivati in Italia per lavorare nei campi. La stagione dei carciofi sta per terminare, e presto le baraccopoli pugliesi vicino ai campi di pomodori si gonfieranno di migranti in arrivo dall’Agro Pontino. Centinaia di braccianti arriveranno in Puglia prima che sia estate, per annaffiare i campi e irrorarli in vista della raccolta.

Le morti annunciate

Secondo Mininni, il caso di Samara non è diverso da quello di Becky Moses, la ragazza nigeriana morta nel rogo scoppiato nel ghetto di San Ferdinando in Calabria, il 26 gennaio del 2018. Anche lei, come Samara, era stata espulsa da un Centro di accoglienza – lei da quello di Riace, lui da quello nel foggiano. Anche lei, come Samara, aveva 26 anni.

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ANSA | Borgo Mezzanone poche ore dopo l’incendio che ha provocato la morte di Samara Saho

«Queste persone sono dei fantasmi», ha spiegato a Open. «Arrivano, lavorano, muoiono. Noi siamo arrabbiati perché non è possibile vivere e morire in questo modo».

I fantasmi delle campagne italiane

Nonostante lo sgombero del ghetto di Borgo Mezzanone sia in corso da settimane, alcune centinaia di migranti sono ancora nella baraccopoli. Tantissimi sono anche a Rignano, un altro degli accampamenti del Tavoliere, nel ghetto Gana e nel borgo Tre Titoli di Cerignola. Con l’arrivo dell’estate ne arriveranno altri a centinaia.

Una delle soluzioni proposte dalla Regione Puglia è stata quella di comprare i moduli abitativi per un nuovo Cara molto distante da quello di Borgo Mezzanone. Secondo Mininni, però, la scelta è tutt’altro che strategica: «I ghetti sono tutti concentrati nelle stesse aree perché devono servire queste zone di raccolta. Queste cose i caporali le capiscono e organizzano le baraccopoli. Le Regioni, invece, sembrano non rendersene conto».

«Noi operiamo nei ghetti e vediamo spesso braccianti arrivare dai Cara d’Italia», continua il segretario Flai Cgil, citando il Baobab Experience di Roma, storico centro d’accoglienza recentemente sgomberato.«Queste persone vengono in Italia per lavorare, non per restare nei Cara. Se li sgomberi, non se ne vanno. Piuttosto vanno a cercare un posto nei ghetti. E se i ghetti vengono sgomberati senza dare un’alternativa, queste persone cosa fanno? Dove vanno?».

L’espulsione dai centri d’accoglienza e lo sgombero dei ghetti. E poi?

Mininni ha spiegato che i braccianti di San Ferdinando che provenivano dai Centri d’accoglienza erano regolari per l’80%. La situazione è la stessa anche per le campagne del foggiano:«Vivono nei ghetti perché sono l’unica soluzione concreta per lavorare. Alternative abitative non ce ne sono».

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ANSA | Matteo Salvini in visita presso le tendopoli che ospitano i braccianti immigrati, impegnati nella raccolta degli agrumi della piana di Gioiatauro, 10 luglio 2018.

Alcuni dei braccianti irregolari che si ritrovano a vivere nelle baraccopoli non possono essere rimpatriati. In molti casi, non esistono nemmeno accordi bilaterali con i loro Paesi di provenienza. «È una cosa disumana. Le politiche degli sgomberi di Salvini sono scellerate perché non hanno interesse a ricollocare queste persone. Ma temo che anche questo sia fatto a mero vantaggio personale: creare il nemico e poi fare azioni a effetto per cacciarli tutti».

Dal punto di vista di Mininni, lo Stato dovrebbe mettere i braccianti nelle condizioni di fare al meglio quello per cui sono venuti in Italia: lavorare. In altre parole, il Governo dovrebbe fare da mediatore tra le aziende e i migranti, in modo da rendere inutile la figura del caporale: «È l’azienda che detta al caporale le condizioni per ingaggiare i braccianti. Lo Stato deve sostituirsi ai caporali per fermare l’operato sleale di queste imprese».

I caporali, le aziende agricole e lo Stato

Secondo Mininni, non ci vorrebbe molto per fermare i caporali. Basterebbe un vigile urbano a bloccare i furgoni che transitano nel foggiano e che, banalmente, violano il codice della strada. «Sono furgoni senza sedili, con panche di legno, senza vetri. Ma i vigili urbani, la polizia, com’è possibile che non li vedano? Ce ne accorgiamo solo noi?».

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ANSA | Un’immagine dell’incidente avvenuto il 31 agosto 2011 nel tarantino, che ha coinvolto un camion, un’auto e un pulmino con a bordo braccianti agricoli.

Eppure, nonostante l’emergenza umanitaria che circonda gran parte delle campagne del Mezzogiorno,il tavolo per promuovere una legge contro il caporalato aperto dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio è fermo dal 3 settembre, data in cui è stato insediato per la prima volta.

Perché? «Perché la schiavitù conviene», dice Mininni. «Conviene a una certa economia che in Italia non è sostenibile in maniera legale. Questo è l’unico modo in cui possono mantenersi queste piccole imprese agricole, e lo Stato, che è sciatto e irresponsabile, non ha il coraggio di assumersi le sue responsabilità».

La campagna del pomodoro è già partita. Nei prossimi giorni, le aziende che si affideranno ai caporali per reclutare i braccianti decideranno il prezzo degli ortaggi. Nonostante siano stati organizzati dal Ministero numerosi sottogruppi di dibattito,ogni cosa rimane com’era.

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