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La scrittrice spagnola Clara Uson: «Queste elezioni mi fanno paura, il franchismo non è morto» – Il video

28 Aprile 2019 - 07:21 Sara Menafra
Parla l'autrice dei bestseller spagnoli «La figlia» e «L'assassino timido»: «La novità nella Spagna di oggi sono le donne»

Clara Uson è tra le scrittrici più autorevoli della Spagna. Il suo primo romanzo è stato subito un successo: La Figlia, dedicato alla tragica storia della figlia suicida di Ratko Mladic. Ora in classifica c’è il suo secondo romanzo: L’Assassino timido (entrambi usciti in Italia per Sellerio). È la storia di Sandra Mozarovski, attrice e presunta amante del Re di Spagna Juan Carlos, protagonista di horror erotici di gran voga negli anni ’70. La donna è morta nel 1977, a 18 anni, in circostanze misteriose. Il racconto degli ultimi anni del franchismo, elemento importante del secondo libro di Clara Uson, torna attuale alla vigilia delle elezioni politiche e in vista di quelle europee.

Che rapporto ha la protagonista dell’Assassino timido, Sandra, con la Spagna di oggi?

«Sandra rappresenta una metafora. È il momento in cui la Spagna sta passando dalla dittatura alla democrazia, il momento della transizione, il momento in cui io ho avuto l’occasione di inaugurare tanto la mia giovinezza quanto la democrazia. Di certo nella Spagna di oggi il franchismo non è sparito, ha lasciato un’ombra lunga sul presente. Sandra è un enigma e può essere un’incarnazione di quell’ombra».  

Che peso hanno le donne?

«Senz’altro io credo che sia accaduta una cosa che accade per la prima volta nella storia della Spagna e forse dell’umanità intera, se si esclude la commedia di Aristofane, che però era un uomo. Le donne hanno deciso finalmente di ribellarsi, in maniera chiara ed evidente, in particolare in Spagna. È questo il motivo per cui durante l’8 marzo siamo scese in piazza, mezzo milione di donne, contro la società patriarcale. Le donne sono cambiate, gli uomini ancora no».

Questa riflessione sulla Spagna e le donne ha inciso sulla scelta di Sandra come protagonista del suo secondo romanzo?

«Se devo essere sincera, quando scrivo un romanzo mi concentro sempre  sulla natura umana, non è mai un’astrazione, non è un saggio sul cambiamento climatico. La figura di Sandra che è un’attrice del genere spogliarello mi interessa per quello che lei è. Se non fosse stata cosi bella, ad esempio, non sarebbe morta.

Mia madre, come le donne della sua generazione, fu una vittima del franchismo per non aver potuto scegliere la sua vita. La cosa certa è che scrivendo di Sandra e me stessa sono riuscita a riflettere sulla Spagna e il franchismo. Però, io parto sempre dall’interesse per la persona, non è mai un approccio di tipo politico».

Il suo romanzo incrocia la riflessione personale e la storia di una donna. Ma quanto è difficile aprirsi cosi al lettore?

«C’è una dose di incoscienza nella narrazione di sè. In questo romanzo mi tratto come un personaggio anch’io. È vero, noi scrittori siamo spietati. Mi ricordo che anni fa avevo raccontato ad un mio amico, anche lui scrittore, tutte le vicende della mia vita e quanto mi ero complicata le cose. E questo mio amico aveva commentato che anche una prostituta della Ramblas mi avrebbe detto che avevo un passato complicato. Dopo mi sono detta, tu hai una storia da raccontare. L’ho raccontata anche grazie all’incoscienza: quando scrivi non pensi mai che quello che scrivi sarà pubblicato.

Io sono un po’ temeraria, quando ho scritto La Figlia, la storia di Ana Mladic, Radko Mladic era vivo e pensavo che se avesse saputo cosa stavo scrivendo mi avrebbe ucciso. Anche mentre scrivevo L’assassino timido e la storia di Sandra, mentre scrivevo sul re di Spagna, mettevano le persone in galera per aver detto delle barzellette su di lui. La verità è che sono un po’ pazza».

Perché sempre storie tragiche di ragazze, c’è un nesso?

«Il suicidio è un’ossessione che mi perseguita. In ogni mio romanzo ci sono tre o quattro suicidi, altrimenti il libro non mi sembra completo. Può darsi che dopo averne scritto tanto nel mio prossimo romanzo non ci siano suicidi, anche se non ne sono sicura. Camus che è un altro dei personaggi di questo mio romanzo, sosteneva che la domanda filosofica per eccellenza è “perché non ci uccidiamo?”. Ecco quando penso a queste due donne, Ana Mladic e Sandra Mozarovsky, una si è tolta la vita a 24 anni l’altra, forse, si è suicidata a 18 anni, mi accorgo che la morte in personaggi cosi giovani mi chiama, proprio perché sono persone morte prima di sapere cosa fosse veramente la vita».

Come sceglie il momento giusto per fare digressioni cosi importanti come quelle che ha inserito?

«Si tratta di un rischio che accetto di correre. Borges, scrittore argentino che ammiro molto, diceva che la complicazione nella scrittura esiste ma non deve essere percepita dal lettore. È l’autore che si pone il problema di una trama complicata, su più livelli.  Cammino su una corda tesa, mescolo personaggi, è una questione  di intuizione e cautela, poi può essere il lettore a dirmi “si ti seguo, entro nella narrazione che mi proponi” ma in realtà è un rischio. Per me scrivere è rischiare. È impossibile scrivere oggi un romanzo come nel diciannovesimo secolo, che per me è il gran momento della letteratura mondiale. Non posso scrivere oggi un romanzo migliore di Tolstoj o Manzoni. È impossibile. Io posso solo fare un’altra cosa».  

 Siamo alla vigilia delle elezioni in Spagna e quindi in Europa, con che sentimenti le guarda?

«Ho paura. Marx diceva che la storia fa un passo avanti e due indietro, credo che adesso stiamo facendo il passo indietro. Non sto scoprendo io che il neo liberismo ha fatto danni gravissimi in questi anni, la classe media si è impoverita e ci troviamo in una situazione simile a quella degli anni ’30, in cui il fascismo xenofobo, reazionario e nazionalista si sta riproponendo. La mia speranza è che prima le donne non contavano, ora le donne non sono disposte a tornare alla precedente situazione di sottomissione».  

Ci può essere un ruolo dell’intellettuale o della letteratura in questa fase?

«Credo che l’intellettuale oggi non abbia alcun peso. L’egemonia culturale americana non ha mai avuto l’influenza che ha ora. Persino il nazionalismo è un’imitazione del nazionalismo americano, ci ispiriamo a Trump o a Bannon che infatti sta organizzando il nazionalismo europeo. Dunque, l’intellettuale europeo è una figura anacronistica, il calciatore messi o una donna famosa per il suo sedere enorme come Kim Kardashan hanno più peso di un intellettuale».

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