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Attacco al corpo delle donne: l’onda anti-abortista conquista gli Stati Uniti

23 Maggio 2019 - 06:58 Emma Bubola
Prima la Georgia, poi l'Alabama, poi il Louisiana. In molti Stati americani, il diritto all'aborto è sotto attacco

Negli ultimi tempi sembra quasi che negli Stati Uniti venga approvata una legge anti-abortista alla settimana. L’ultima è quella di martedì 21 maggio, quando il Senato della Louisiana ha approvato un emendamento – che sarà sottoposto alla Camera e poi a referendum quest’estate – che rende l’aborto anticostituzionale. In Louisiana la legge è stata proposta da una deputata democratica, Katrina Jackson, mentre nella maggior parte degli Stati sono stati parlamentari repubblicani a proporre legislazioni analoghe.

Qual è la situazione in America?

Nonostante in America l’aborto sia legale a livello federale, la maggior parte degli Stati ha approvato delle leggi che pongono dei limiti entro i quali questa pratica è permessa. Nel 2019, nello specifico, sono state approvate leggi particolarmente restrittive.

Credits: Ufficio del Governatore dell’Alabama/Epa La Governatrice Kay Ivey, mentre firma l’Atto di Protezione della Vita Umana, a Montgomery, in Alabama, il 15 maggio 2019
  • La legge più severa è passata in Alabama, dove l’aborto è stato vietato del tutto, dalla concezione in poi. Il divieto si applica anche ai casi di incesto e di stupro, ma non qualora la vita della madre sia in pericolo. 
  • In Georgia, Ohio, Kentucky e Mississippi sono stati approvati i cosiddetti «heartbeat bills», le «leggi sul battito del cuore», che vietano l’aborto nei casi in cui il feto abbia anche solo sei settimane di vita, periodo sufficiente perché sviluppi il battito cardiaco. Questa legge è stata fortemente criticata perché spesso sei settimane passano prima ancora che la donna si renda conto di essere incinta. Tale restrizione è stata quindi soprannominata «Divieto mascherato». Leggi simili sono state proposte in altri nove stati: Florida, Illinois, New York, Carolina del Sud, Tennessee, Virginia dell’Ovest, Texas, Maryland e Minnesota.

Queste leggi non sono ancora applicate: il divieto in Alabama sarà implementato a novembre mentre la legge della Georgia sarà attiva a partire dal primo gennaio 2020. Non è chiaro se i provvedimenti saranno effettivamente attuati perché verranno con ogni probabilità contestati nei tribunali. La norma del Kentucky è già stata bloccata da un giudice federale e anche quelle di Ohio e Mississipi sono state portate davanti a una corte. Organizzazioni come l’Unione Americana delle Libertà Civili e Planned Parenthood sostengono che queste leggi siano anticostituzionali.

Cosa prevede la legge federale sull’aborto

La legge federale sull’aborto si basa su una storica sentenza del 1973 della Corte Suprema degli Stati Uniti – nota come caso «Roe vs Wade» – con la quale i giudici inquadrarono l’aborto come una questione di libero arbitrio, legalizzando l’interruzione di gravidanza entro la 24esima settimana (considerato il limite superato il quale il feto può sopravvivere anche fuori dal corpo della madre) e anche nei casi in cui la salute della donna non fosse in pericolo. Questa decisione ha determinato un cambiamento sostanziale nella legislazione della maggior parte degli Stati americani, che sono intervenuti successivamente modificando il periodo entro il quale l’aborto è legale.

Attivismo anti-abortista

L’elezione del Presidente Trump e la nomina dei giudici Brett Kavanaugh e Neil Gorsuch alla Corte Suprema hanno dato una spinta decisiva al lavoro di lobbying di associazioni pro-vita che agiscono negli Stati Uniti da ormai una cinquantina di anni. Attualmente, cinque giudici su nove della più alta istituzione giudiziaria del Paese sono repubblicani, e gli attivisti pro-vita sperano in un nuovo precedente giudiziario che contraddica la sentenza «Roe vs Wade». Se fino a pochi anni fa le principali crociate di queste organizzazioni erano contro il sesso prematrimoniale e il divorzio, negli ultimi tempi si sono concentrate sul matrimonio omosessuale e l’aborto, bastioni in cui credono risieda un potenziale di resistenza al progresso sociale.

Credits: Epa Manifestanti Pro Life si dirigono verso la Corte Suprema durante l’annuale Marcia per la Vita a Washington DC il 23 gennaio 2012

Nonostante la prossimità temporale nella ratificazione di queste leggi possa portare a pensare diversamente, questi risultati non sono il frutto di un’unico sforzo politico coordinato. Ci sono, invece, centinaia di piccole associazioni che, con metodi diversi e spesso creativi, cercano di influenzare la politica, dalle contee del Minnesota al Congresso Federale. Chiese cattoliche ed evangeliche giocano un ruolo fondamentale nel raccogliere e federare attivisti a livello locale.

In molti Stati, le associazioni pro-vita sono la più popolare forma di attività politica. Enti come «Right to Life» (Diritto alla Vita), «Concerned Women for America» (Donne Preoccupate per l’America), o «Family Policy Council» (Consiglio per le Politiche Familiari) hanno diramazioni in moltissimi Stati americani, e in molti le loro sedi diventano punti di ritrovo della vita sociale cittadina.

Dal 2016, le associazioni anti-abortiste hanno risposto all’apertura politica rappresentata dall’elezione di un presidente con posizione analoghe alle proprie investendo in donazioni ai legislatori repubblicani. Nel 2018 le donazioni hanno superato di gran lunga quelle dei due anni precedenti, raggiungendo circa i due milioni di dollari. La principale lobby è la Susan B. Anthony List, fondata da «femministe per la vita».

Secondo quanto riporta Opensecrets, centro che monitora i movimenti di denaro all’interno della politica americana, gli sforzi lobbistici della fazione anti-abortista rimangono comunque inferiori a quelli della lobby pro-aborto. Preoccupate dalla diffusione di idee pro-life nelle alte sfere del potere, nel 2017 le lobby pro-aborto hanno raggiunto un record di donazioni ai deputati democratici, la metà delle quali è stata coperta dall’associazione Planned Parenthood. Alle elezioni di metà mandato del 2018, le donazioni hanno raggiunto gli otto milioni di dollari.

Credits: Epa Attivisti pro-aborto riuniti a Washington il 21 maggio 2019.

Recentemente, gli Stati a maggioranza democratica hanno fatto importanti passi avanti nella protezione del diritto delle donne ad abortire. In Vermont è stata approvata una proposta, che dovrà essere sottoposta a referendum nel 2022, per emendare la Costituzione dello Stato e rendere l’aborto legale. Il 21 maggio in Maine è stata approvata alla Camera una norma che estende la facoltà di eseguire interruzioni volontarie di gravidanza a varie professioni sanitarie.

Lo stesso giorno, la Camera bassa del Nevada ha votato una legge che libera i dottori dall’obbligo di informare una donna delle «implicazioni emotive» dell’interruzione di gravidanza. Nel gennaio 2019 lo Stato di New York ha approvato una legge che protegge gli aborti tardivi e rimuove l’aborto dal codice penale. «Qualsiasi cosa succede a Washington, alle donne di New York sarà sempre garantito il diritto fondamentale di controllare il proprio corpo», ha affermato il governatore Andrew Cuomo.

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