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Europee, Sofia Ventura: «Il M5S? Non ha chances di ripresa. Il Pd? Solo un rifugio» – Intervista

28 Maggio 2019 - 07:49 Chiara Piselli
La politologa analizza per Open le ragioni del voto europeo che ha consegnato l'Italia a Salvini e ipotizza lo scenario politico dei prossimi mesi

«Siamo in una gran brutta situazione in Italia: un’opposizione molto debole, l’assenza di alternative che non siano uno spostamento ulteriore a destra della maggioranza di governo, la centralità di un personaggio come Salvini che io non considero esattamente la figura migliore per una democrazia ben funzionante».

Non è un giudizio positivo quello che Sofia Ventura, politologa, docente dell’Università di Bologna, esprime a proposito del contesto politico italiano restituito dai risultati di voto delle elezioni europee.

Ventura, si spieghi meglio.

«Il 40% degli italiani ha votato per l’estrema destra e su questo bisogna riflettere. È un blocco che in prospettiva potrebbe diventare anche maggioranza di governo con quello che avanza di Forza Italia, che è ormai totalmente priva di una capacità di iniziativa e non riesce immaginare niente altro che andare a rimorchio di Salvini, perché questa è la sua massima ambizione: il centrodestra non esiste più.

Accanto a questo blocco c’è poi un partito come il M5S che mi sembra non abbia chances di ripresa ed è per questo che rimarrà attaccato con le unghie e con i denti a questo governo, in una posizione sempre più succube rispetto alla Lega. Il Movimento si è rivelato una scatola vuota con ambizioni di potere. In questo momento questa scatola vuota si adeguerà alla situazione. Almeno fino a quando Salvini non preferirà altro. Anche se la presenza di Berlusconi rende tutto più complicato».

E il Pd come si colloca in questo quadro?

«Che dire del Partito democratico? Si devono allargare le braccia. “Ha tenuto”. Diciamo così, usando un linguaggio da prima Repubblica. Ha ottenuto il 22% quindi è riuscito a non perdere ulteriormente voti anche se poi, in termini assoluti, ha perso qualcosa rispetto alle politiche dell’anno scorso. Ma più o meno si è mantenuto sullo stesso livello.

Il Pd non ha direzione. Se dovessi dire che tipo di partito è oggi non saprei rispondere. Non ha un’identità chiara. Si barcamena tra una posizione più centrista e una più di sinistra, però non si capisce in che forma.

Ha un ceto dirigente piuttosto povero e tra queste persone metto anche Calenda. Anche se Calenda è un personaggio strano, un uomo di grande intelligenza e capacità ma con poco fiuto politico. Dunque il ceto dirigente è povero, non ha la capacità di capire quello che sta accadendo, non sa dare delle risposte all’altezza».

Cosa ci dicono i risultati di voto dei pesi politici in Italia? E quali sono le ragioni di un trionfo così eclatante della Lega e della delusione dell’elettorato del M5S?

«C’è stato un completo rovesciamento nell’equilibrio di forze tra Lega e 5 Stelle. Questo in buona parte è dovuto al fatto che hanno un elettorato abbastanza contiguo, anche se non completamente sovrapposto. Da diversi anni possiamo osservare flussi che vanno dall’uno all’altro partito perché si tratta di un elettorato di protesta, contro l’establishment in generale, contro chi ha governato fino a tempi recenti (anche con valide ragioni).

C’è stato questo rovesciamento legato, io credo, alla capacità di leadership di Salvini e alla corrispettiva assenza di leadership nel M5S. Altro grande tema, non a caso, è quello del fallimento delle élite, e non soltanto in Italia – ma questo è un altro discorso. ».

Di Maio non è stato all’altezza?

«Di Maio non è assolutamente un leader. Non ha carisma, non ha pathos. Non voglio dire che appare come un giovane impiegato di banca perché non sarebbe molto gentile, ma insomma l’immagine di questo ragazzino col suo vestitino che fa le foto con le fidanzate che gli trovano per l’occasione è una cosa tristissima. Insomma, non è proprio all’altezza.

Non avendo il M5S delle posizioni chiare – non avendole mai avute essendo, una scatola vuota – la debolezza di Di Maio negli ultimi tempi è stata palese. Da un lato, è stato costretto dalla sua posizione di governo a sostenere Salvini, per esempio, nel caso Diciotti e “porti chiusi”. Dall’altro, ha tentato di inseguire gli umori dell’opinione pubblica».

Una reazione ai sondaggi?

«Quando nelle ultime settimane prima delle elezioni gli è venuto il panico perché i sondaggi dicevano chiaramente che c’era questo rovesciamento di poteri, si è improvvisamente scoperto di sinistra. I cittadini possono essere anche un po’ distratti ma non sono babbei. È risultato molto evidente questo passaggio a sinistra.

Di Maio ha dunque dimostrato una grande debolezza e incapacità. Mentre, dall’altra parte, Salvini ha messo in campo la sua capacità personale di leader e poi quella della sua squadra di propaganda così da riuscire a colpire in maniera anche sistematica e scientifica certi sentimenti ed emozioni ancestrali: la paura del diverso, la rabbia nei confronti del diverso indicato come ragione dei fallimenti, delle frustrazioni e delle difficoltà degli italiani.

Tutto ciò in un’epoca in cui siamo usciti dalla crisi ma non brillantemente. L’Italia è quella che più di tutti gli altri Paesi fatica ancora molto. Questo è un po’ quello che è accaduto. Io credo che ci vorrà molto tempo per uscirne».

La crescita di Fratelli d’Italia si inserisce in questa logica?

«Assolutamente sì. Fratelli d’Italia ha il suo nucleo tra i fascisti romani ma chiaramente è andata oltre la radice romana perché ha superato il 6% a livello nazionale. Raccoglie un clima che è quello creato dalla Lega e da Salvini, poi reinterpretato dalla Meloni che trovo un personaggio assolutamente grottesco.

Però, evidentemente, è riuscita a toccare anche lei certe corde all’interno di questo clima creato in questi ultimi anni. In realtà siamo in quella fase acuta di quella lunga tendenza del sentimento anticasta».

In che contesto europeo si va dunque a inserire l’Italia?

«Per fortuna però siamo in un contesto europeo che è un po’ diverso rispetto a quello italiano. È chiaro che per questo l’Italia sarà molto isolata in Europa. Saremo abbastanza esclusi dalle trattative tra i diversi governi per le nomine, non abbiamo rappresentanti nell’Alde (Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa) non avendo +Europa sfondato la soglia del 4%. A parte i deputati del Pd, poi tutti gli altri con diverse sfumature sono ostili all’Europa e all’establishment.

La nota importante su Salvini nel contesto europeo è proprio questa: lui ha avuto questo enorme successo in Italia, ma si indebolisce la sua figura di punto di riferimento dei populisti in Europa perché i populisti hanno di fatto fallito a livello europeo e quindi noi saremo sempre più isolati.

Salvini pon può cambiare l’Europa come dice di voler fare perché è in estrema minoranza ed è visto come un elemento ostile da parte dei grandi gruppi liberali, socialdemocratici e popolari. Quindi è chiaro che a Bruxelles non muoverà un dito».

Il Pd di Zingaretti ha qualche motivo per cui gioire?

«Ma poveretti, no. Hanno ottenuto un risultato che può permettere loro di vedere che cosa fare, come ha detto lo stesso Zingaretti. Non hanno preso una batosta, hanno tenuto, però mi sembra che al momento siano privi di particolare idee, di personalità interessanti e capaci di guidare. Ma magari qualcosa accadrà. Al momento il Pd mi sembra semplicemente il luogo dove si rifugiano quelli che sono contro Salvini e M5S. Non è ancora riuscito a fare un passo oltre».

Che scenari si aprono a questo punto? Potrebbe configurarsi una crisi di governo?

«Comincio a ritenerla possibile. Di Maio si è rifugiato nell’astensionismo, però non ha fatto dichiarazioni bellicose e questo mi pare un atteggiamento di buon senso. Quindi il M5S cercherà di stare lì dov’è. Salvini dipende. I numeri ora sono impressionanti. Il centrodestra è al 50%, però c’è Berlusconi che secondo me è l’elemento che lo blocca: Berlusconi non è Di Maio».

Se il contratto di governo regge sarà la Lega a decidere l’agenda?

«I rapporti di forza ci dicono questo. Già da un po’ Di Maio sta facendo lo zerbino. Ma è nella natura del Movimento. A parte i deliri sulla democrazia diretta – le poche idee che ha sono pessime -, non si può dire che abbia davvero dei contenuti e delle posizioni forti. Anche per questo è sicuramente più debole rispetto alla Lega, e adesso ancora di più.

Tutto dipende da fino a che punto il M5S è disposto ad accettare delle imposizioni da parte della Lega. Non parlo solo di Maio ma anche di Casaleggio. Io non so cosa stia pensando in questo momento».

Potrebbe essere lui a voler staccare la spina?

«Chissà. Quello è un personaggio strano, ha in mente altri obiettivi. Bisognerebbe essere nella sua testa per cercare di capire quanto questo suo giocattolo secondo lui può essere danneggiato da una situazione simile, e quanto invece sia meglio riprenderselo e magari farne qualcos’altro.

Sono abbastanza convinta che qualunque cosa accada – sia che si vada avanti con questa alleanza di governo sia che si vada a elezioni e governi la destra – continueremo a stare in una situazione di continua fibrillazione e surriscaldamento, di campagna permanente e di poco governo. Ci aspettano tempi molto bui».

Cosa farà la Lega da domani? Da quali temi ripartirà?

«I soliti: immigrazione, sicurezza, sicurezza, immigrazione e immigrazione, sicurezza. E poi ci metterà in mezzo la flat tax perché al Nord si stanno un po’ seccando e vorrà tenerli buoni, anche se nessuno sa come potrebbero finanziarla. Ma sicurezza e immigrazione sono i temi che lo hanno fatto vincere».

Porterà a casa le autonomie?

«Non lo so, non mi sembra che siano in cima la sua lista di priorità. È tale la sua forza in questo momento che non so se abbia voglia di tornarci subito. E poi – se il Pd sapesse fare comunicazione – potrebbe essere visto come un elemento contro il Sud».

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