«Facebook funziona come una dittatura»: gli azionisti contestano Mark Zuckerberg

«Licenziate Mark Zuckerberg». Lo slogan è apparso sulla facciata dell’hotel Nia, a Menlo Park in California, location scelta quest’anno per ospitare l’assemblea generale degli azionisti di Facebook, giovedì 30 maggio.


Questa proiezione – realizzata nella notte dall’associazione di protezione dei diritti digitali Fight for the Future – è un’azione simbolica ma dà voce in modo radicale alla posizione condivisa da molti investitori e associazioni.

Zuckerberg è accusato di avere troppo potere perché è allo stesso tempo amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione, e da solo rappresenta il 58% dei voti in quanto azionista, nonostante detenga ormai solo il 13% del capitale. Questo gli è permesso perché è proprietario di un tipo di azioni chiamate «Classe B» che valgono dieci voti l’una.

Durante l’assemblea generale, gli azionisti hanno proposto quattro risoluzioni che mirano a ridurre il controllo del fondatore sul suo gruppo e di instaurare delle forme di contro potere. Nessuna è passata perché Zuckerberg ha votato contro, come già successo gli anni passati.

Sale però la tensione all’interno del gruppo, in un contesto politico che diventa sempre più difficile per l’azienda tra fughe di dati personali come nello scandalo di Cambridge Analytica, possibili interferenze russe nella campagna presidenziale del 2016 negli Stati Uniti, diffusione di bufale e di discorsi di incitamento all’odio.

Uno dei testi presentati in assemblea per il voto proponeva che venisse nominato un altro presidente, indipendente del consiglio di amministrazione, alternativo a Mark Zuckerberg. «Il rischio è quello di concentrare troppo potere nelle mani di una persona sola», ha affermato il portavoce della proposta, chiedendo a Facebook di prendere esempio dal passaggio di potere avvenuta ad Alphabet (Google), Microsoft e Apple.

Un altro portavoce, nell’argomentare la sua proposta, è stato più diretto e ha affermato: «Senza uguaglianza nel diritto di voto, gli azionisti non possono mettere il management di fronte alle sue responsabilità». Secondo lui, «Facebook funziona più o meno come una dittatura».

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