«La merda diventa oro», cosa ha scoperto la Procura sui rifiuti in Lombardia

Venti persone sono state arrestate in Lombardia. A febbraio i Carabinieri del Noe avevano già sequestrato 3 depositi e arrestato 15 persone

Tir che partono dal sud Italia pieni zeppi di rifiuti da smaltire che vengono poi nascosti in grandi capannoni industriali dismessi in provincia di Milano, Brescia, Mantova e Verona. È questo il quadro che emerge dall’indagine portata avanti dai Carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, per cui sono state arrestate venti persone, tutte residenti in Italia, e sequestrate sei aziende, quattro di trasporto e due nel campo del trattamento di rifiuti.


L’inchiesta nasce con l’incendio doloso avvenuto il 18 ottobre 2018 in un deposito abusivo di rifiuti plastici in Via Chiasserini, nel quartiere di Bovisasca, a Milano, dove i vigili del fuoco erano stati chiamati a domare un rogo che è durato per quindici ore, producendo una colonna di fumo alta più di 50 metri nel bel mezzo della periferia milanese. Una vicenda per cui erano state arrestate 15 persone, tra cui anche il titolare di Ipb Italia Srl, la società che aveva in gestione il capannone dove erano stipati i rifiuti.


Il caso aveva fatto scattare l’allarme sull’importante questione del traffico illecito di rifiuti e lo smaltimento in Lombardia. Questa volta la società su cui indaga la procura è la Winsystem di Cornaredo (Milano). I reati contestati sono di discarica abusiva e intestazione fittizia di beni. L’accusa: aver smaltito in modo illecito circa 10 mila tonnellate di rifiuti per un profitto di circa 2 milioni di euro.

Rifiuti provenienti principalmente dalle province della Campania – il 42,6 percento da Napoli, Caserta, Benevento, Avellino e Salerno – il 26,5 percento dal Veneto e il 29 percento dalla Lombardia – e che sarebbero finiti in tre discariche abusive al Nord, nella provincia di Milano, a Pontevico, Gessate e Cornaredo.

Un danno enorme sia per l’ambiente, sempre più sopraffatto dai rifiuti urbani e industriali, ma anche per le compagnie che svolgono questa attività legalmente, messe in difficoltà dai prezzi stracciati – si parla di 50-90 euro a tonnellata rispetto ai 200 euro del prezzo di mercato – offerti da chi trasporta e deposita questi rifiuti, abbandonandoli nei capannoni facendo finta di smaltirli.

Mancata prevenzione, sanzioni troppo morbide

Come fare per contrastare il sempre crescente traffico di rifiuti illeciti? Sono due i problemi che emergono dalla conferenza stampa tenuta dalle pm Silvia Bonardi e Donata Costa e i Carabinieri del Noe nell’ufficio del Procuratore Francesco Greco, al tribunale di Milano.

Per prima cosa bisognerebbe migliorare la prevenzione, di competenza della Regione che, tramite l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, è chiamata a vigilare sui processi di smaltimento. Ma per i pm il problema riguarda anche i criteri di sanzionabilità.

La pena prevista è di uno a sei anni di carcere (2-3 anni con il patteggiamento), di molto inferiore alla pena di 20 anni per il traffico di stupefacenti, per esempio. Una pena definita «inadeguata» dal gip, che aiuta a spiegare perché gli altri indagati – «totalmente accecati dalla prospettiva di realizzare in tempi molto ristretti ingentissimi guadagni illeciti» – siano continuati nonostante gli arresti di febbraio.

A dirlo sono gli stessi intercettati nel corso delle indagini, per cui l’arresto rappresenta un rischio calcolato visto i lauti guadagni. Diceva a luglio Maurizio Assanelli, titolare dell’omonima ditta di autotrasporti al fratello Stefano, intercettati nel corso dell’indagine, che si poteva guadagnare dai 18 a 20 mila euro dal solo trasporto. «Pensa te cosa ho trovato, la me***a è diventata miniera, diventa oro».

Il Procuratore Francesco Greco e il pm Donata Costa

«Una crisi nazionale»

Per il comandante dei Carabinieri per la Tutela Ambientale, il Generale Maurizio Ferla, i casi emersi in Lombardia sono espressione di una crisi che riguarda l’intero Paese. Troppe le regioni – sopratutto al Sud – non dotate di impianti di smaltimento: zero in Sicilia, uno (in manutenzione) in Campania, due in Puglia. Tutte costrette quindi a esportarle in altri luoghi.

Non solo verso il Nord d’Italia, ma anche all’estero. Nel 2018, l’Italia ha mandato a smaltire oltre ai propri confini circa 197 mila tonnellate di plastica, soprattutto verso le Germania. Un sistema messo in crisi di recente da quando, nel novembre del 2018, la Cina – maggiore importatore mondiale di plastica – ha chiuso le proprie frontiere a 24 tipi di rifiuti. Con grande soddisfazione per i trafficanti di rifiuti in tutto il mondo, compresa l’Italia.

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