Aumentano i posti per Medicina, la rivolta dei giovani medici contro il ministro

di OPEN

Il ministro dell’Istruzione ha pubblicato la notizia che verranno aumentati i posti nelle facoltà di Medicina e Odontoriatria. Ma quello che chiedono i giovani medici è altro

Poco più di 20mila like su Facebook, e qualche decina di commenti sotto i post. Il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti non si può certo definire una star dei social, soprattutto se confrontata con i numeri da rockstar di un collega di partito: Matteo Salvini. Eppure il social media manager di Bussetti nelle ultime ore dovrebbe avere in mano lo smartphone e continuare ad aggiornare la sua pagina, sgranando sempre di più gli occhi.


Sotto il suo penultimo post si sono accumulati oltre 10mila commenti. Un successo? Fino a un certo punto. Bussetti ha condiviso una nota del Miur in cui si parla di un decreto, appena firmato, per allargare il numero di iscritti ai corsi di Medicina e Odontoriatria. Una scelta che per il ministro leghista è necessaria perchè: «L’Italia ha bisogno di medici e l’azione strategica portata avanti da questo governo dimostra la volontà di colmare questo vuoto, muovendosi nell’interesse dei giovani e del Paese».


L’hashtag più frequente nei commenti è #RaddoppiateLeBorseDiSpecializzazione. La critica, una sola. La scelta di aumentare i posti nelle facoltà di Medicina e Odontoriatria non serve per risolvere l’emergenza dei medici in corsia. Il problema infatti non è legato al numero chiuso, quanto piuttosto alla riduzione del numero di posti nelle scuole di specializzazione. Un meccanismo ormai noto come imbuto formativo.

Come funziona l’imbuto formativo nel sistema sanitario italiano

Un test nazionale, durissimo. Sei anni di studio tra lezioni, esami e ore passate in corsia. Altri tre mesi di tirocinio e un esame di Stato. E poi il rischio di essere un precario, di lavorare come libero professionista per aziende e cliniche private o di fare solo sotituzioni di guarda medica. Per spiegare la situazione dei medici specializzandi in Italia, bastano due numeri: 7mila e 16mila. 7mila è il numero di contratti di formazione specialistica a disposizione nel 2018, 16mila il numero di domande di ammissione.

Il cortocircuito è chiaro. Per lavorare nel sistema sanitario nazionale bisogna avere una specilizzazione. Per ottenerla bisogna essere ammessi a una scuola di specilizzazione. Il numero di posti a disposizione nelle scuole è più basso del numero dei medici che ogni anno riescono a laurearsi e a superare l’Esame di Stato.

La differenza netta è tra i 1000 e i 1500 posti. Non sembrano molti ma si accumulano ogni anno. E così chi si laurea non dovrà confrontarsi all’esame di ammissione solo con quelli si sono laureati in quello stesso anno, ma anche con quelli che non hanno superato gli anni precedenti. Il rischio, oltre la mancanza di un posto di lavoro stabile, è quello che tanti giovani vadano all’estero, e ci rimangano.

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