Un “quando” scambiato per un nome: pm di Palermo indagano su un avverbio per traffico di esseri umani

di OPEN

L’imputato sarebbe tale “Mesi”, che in tigrino significa “quando”. La vicenda si inserirebbe nel già controverso caso Mered, per cui un rifugiato sarebbe stato scambiato con il boss dei traffici

«No, non è uno scherzo. I magistrati di Palermo hanno accusato la parola “quando” di aver trafficato migranti in Europa». Il giornalista Lorenzo Tondo ha spiegato sul The Guardian una vicenda a dir poco singolare, che ha a che fare con la divisione antimafia della procura di Palermo e alcune indagini sugli sbarchi dei migranti in Sicilia.


L’imputato sarebbe tale “Mesi”, messo sotto inchiesta mesi fa e recentemente inserito nella requisitoria finale, in quanto «trafficante di esseri umani che ha condotto una donna di nome Martha dall’Africa all’Europa».


Secondo gli interpreti eritrei, però, questo Mesi sarebbe in realtà una cattiva trascrizione del termine “meas“, che in tigrino significa “quando”. Nel Tigrè, dicono tre diversi interpreti, il termine Mesi non sarebbe nemmeno utilizzato come nome.

Nonostante gli avvertimenti, i pm di Palermo hanno ignorato le posizioni degli interpreti e hanno accusato formalmente Mesi di traffico di esseri umani, inserendolo nei capi d’imputazione all’interno del controverso caso Mered, conosciuto dalle autorità italiane come il processo all’«Al Capone del deserto».

Il caso Mered

Controverso perché, come lo stesso Tondo ha raccontato nel suo libro Il Generale (La Nave di Teseo, 2016), Medhanie Yedego Mered, ritenuto responsabile del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, sarebbe stato scambiato per un rifugiato, Medhanie Tesfamariam Berhe.

Nonostante gli indizi d’innocenza e le prove dello scambio delle identità (tra cui il test del Dna), Berhe, in realtà ex pastore, si trova tutt’ora nel carcere dell’Ucciardone di Palermo.

«I magistrati pensano che il mio assistito abbia lavorato insieme a questo “Mesi” per il traffico di persone dal Sudan», ha detto Michele Calantropo, l’avvocato di Berhe.

Nella stessa indagine, dunque, i procuratori potrebbero aver scambiato un rifugiato per il boss della tratta di esseri umani, e un avverbio per un suo complice. «In altre parole, una gang criminale composta da un avverbio e un rifugiato», ha detto l’avvocato. I magistrati non risponderanno ai media fino alla fine delle indagini.

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