Crisi di governo, la Lega dice sì al taglio dei parlamentari. Cosa succede ora

Accordo Pd-M5s, urne subito, governo tecnico o il ritiro della sfiducia a Conte. Quattro gli scenari possibili

Gli scenari possibili sono quattro. Da un accordo M5s-Pd al ritorno alle urne, da un governo tecnico-istituzionale a una Lega che potrebbe fare un passo indietro, ritirando la sfiducia a Conte. Sullo sfondo, però, c’è il taglio dei parlamentari, tanto caro al M5s, che di fatto rischia di saltare o di non poter essere applicato alla prossima legislatura.


Subito al voto

Il primo scenario possibile è quello tanto auspicato da Matteo Salvini e dalla Lega che prevede la sfiducia al premier Giuseppe Conte e il ritorno alle urne subito. In questo caso il Quirinale chiuderebbe le consultazioni senza trovare una nuova maggioranza né per un governo di scopo a tempo né tanto meno per un esecutivo politico. Nella seconda metà di ottobre, dunque, si andrebbe al voto con il nuovo governo che, non appena insediatosi, sarà costretto ad affrontare di corsa la legge di bilancio.


Accordo Pd-M5s

In ballo anche l’ipotesi di un accordo tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, uno scenario possibile che prevede prima la sfiducia al premier Conte (voluta dalla Lega) e poi l’intesa per un cosiddetto patto di legislatura tra grillini e dem che proprio ieri hanno votato insieme al Senato sull’agenda dei lavori del Parlamento.

Governo tecnico

Il terzo scenario, invece, prevede la sfiducia al premier Conte e la nomina di un esecutivo tecnico-istituzionale che si occupi del taglio dei parlamentari, della legge di bilancio e di una nuova legge elettorale prima di andare al voto. Il problema, però, è trovare una nuova maggioranza: chi potrebbe mai sostenere un esecutivo tecnico?

La Lega ritira la sfiducia a Conte

Infine l’ipotesi più improbabile che vedrebbe la Lega ritirare la sfiducia a Conte (di fatto facendo un passo indietro ed evitando la crisi di governo) così da approvare il taglio dei parlamentari e infine andare al voto nella primavera 2020. In tutta calma.

Cosa prevede il taglio dei parlamentari

A tenere banco, dunque, non solo la sfiducia a Conte ma anche il taglio dei parlamentari che, stando al disegno di legge costituzionale nato dalle proposte dell’ex maggioranza M5s-Lega, finirebbe per ridurre il numero dei parlamentari di 345 unità. I senatori diventerebbero 200 (prima 315), i deputati 400 (prima 630). Il risparmio stimato per lo Stato sarebbe di 50 milioni di euro l’anno.

Una riforma epocale, che modifica la Costituzione e che all’articolo 4 stabilisce che le nuove regole si applicano «a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge» e comunque «non prima che siano decorsi 60 giorni dalla predetta data di entrata in vigore».

La Costituzione, inoltre, prevede che, una volta pubblicata la legge sulla Gazzetta Ufficiale, 500mila cittadini, cinque consigli regionali o un quinto di deputati o senatori abbiano la facoltà di chiedere, entro tre mesi, un referendum per confermare o meno la riforma.

Dunque, se venisse approvato adesso il taglio dei parlamentari e se si andasse subito al voto, senza aspettare nemmeno i tre mesi previsti dalla Costituzione per un possibile referendum, la sforbiciata non verrebbe applicata al nuovo Parlamento. Tutto rimarrebbe così com’è.

Un precedente c’è, nel 2005 si votò la riforma Costituzionale e si andò al voto, per poi indire il referendum con il nuovo Parlamento. Ma la norma, allora, non prevedeva una revisione così radicale delle Camere. Difficile che Sergio Mattarella le sciolga e permetta di andare al voto con il vecchio sistema.

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