Crisi di governo, Giorgetti: «Governo istituzionale (quasi) inevitabile. Lega meglio all’opposizione»

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio punzecchia Salvini sui tempi della crisi: «Doveva essere aperta prima»

«Crediamo ci siano le condizioni per andare al voto entro il 27 ottobre. Così Giancarlo Giorgetti, indicato da Matteo Salvini come il papabile futuro ministro dell’Economia per la Lega, risponde alle domande sulla crisi di governo.


In un’intervista a La Repubblica il sottosegretario del Carroccio crede che sia possibile andare alle urne entro fine anno, far insediare un governo che approvi una manovra e congeli l’aumento dell’Iva.


Ma in Parlamento sembra essersi formata una nuova maggioranza giallorossa, quella tra Pd e M5S: «Non vogliono elezioni in autunno? La cosa inevitabile allora è che si insedi un governo elettorale fino al voto e che presenti un bilancio a legislazione», dichiara Giorgetti.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri punzecchia il suo alleato sui tempi della crisi: «Sarebbe stato più facile andare alle urne se si fosse aperta la crisi prima».

La decisione di Salvini ora ha aperto l’ombra di un avvicinamento tra Pd e M5S che lascerebbe il Carroccio all’opposizione: «Ma per noi della Lega c’è più ossigeno all’opposizione che al governo. Il Pd, come dimostrano le ultime vicende, su quei banchi sta morendo asfissiato. Noi all’opposizione possiamo anche andarci e se succederà ci andiamo a testa alta».

L’8 agosto, svela Giorgetti, Salvini ha chiesto un dentro o fuori ai suoi ministri e capigruppo. La risposta? «Basta. Facciamo qualcosa per il Paese. Gli altri hanno le direzioni o le piattaforme Rousseau. Noi abbiamo un leader».

Come uscire da questa impasse?: «Si ascolta il 20 il premier Conte. Si spera che ci aiuti a uscire da questa situazione imbarazzante. Nuove elezioni o governo fantapolitico. Ma lo vedo tergiversare alquanto».

Sull’incarico di Giorgetti alla guida del ministero dell’Economia auspicato da Salvini il sottosegretario ha le idee chiare: «Politiche friendly per le imprese. Rimuovere la burocrazia superflua, cambiare la giustizia fallimentare, puntare sugli investimenti, cambiare il codice degli appalti. Siamo pronti a cambiare il Paese. Gli altri non abbiano paura: si chiama democrazia».

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