Le quattro opzioni: Conte bis, premier neutrale, Fico o… voto (che non spiacerebbe a Zingaretti)

di OPEN

Gli scenari ancora tutti possibili al secondo giorno di consultazioni

Poche ore e molti elementi saranno più chiari sulla scrivania del presidente della Repubblica. Perché tra la fine della mattinata e la metà del pomeriggio Mattarella riceve la delegazione del Partito Democratico e quella del MoVimento 5 Stelle. In mezzo ci sarà anche la visita della Lega di Salvini Ma lì la posizione è chiara: elezioni elezioni elezioni. E quella dello scioglimento delle camere potrebbe essere l’extrema ratio del ciclo di consultazioni di Mattarella, se la disponibilità di M5s e Pd (e delle forze minori di centrosinistra) a costituire una nuova maggioranza non dovesse concretizzarsi. Il capo dello stato chiede tre cose: un nome per il premier, un programma comune e tempi brevi: se no nascerà un governo tecnico per portare il paese al voto in autunno.


Sui nomi la partita è aperta: resta in piedi, per forte volontà del M5s e del diretto interessato, l’ipotesi di un Conte bis. O come preferiscono chiamarlo dalle parti del premier uscente, un Conte 2, cioè un nuovo esecutivo che si basi sull’accordo di governo tra 5 Stelle e Pd, guidato ancora dal professore. Ma proprio ieri Zingaretti ha detto esplicitamente: «Siamo contrari a un Conte bis, chiediamo discontinuità». Torna così d’attualità l’ipotesi che Giuseppe Conte sia in realtà il candidato forte italiano alla Commissione Europea, promoveatur ut amoveatur. Il veto di Zingaretti non può che irritare il MoVimento 5 Stelle. Ma è chiaro che a questo punto l’alternativa per Di Maio e i suoi è tra un governo da far nascere anche a costo di dolorose rinunce, o il voto: e tra tutte le forze politiche principali il M5s è quello che più ha da perdere, partendo dal 32% di un anno fa, diventato il 17% tre mesi fa alle europee.


Ma quali sono le altre opzioni? Un governo guidato da chi già l’anno scorso fu incaricato da Mattarella di esplorare se era possibile un’intesa tra le due forze politiche, e cioè il presidente della Camera Roberto Fico (ma questo per il M5s vorrebbe dire l’addio contemporaneo dalla squadra di governo di Conte e Di Maio); oppure una squadra cui venga messa a capo una personalità non appartenente a nessuna delle due forze ma che sia gradita entrambe: finora si era fatto il nome di Cantone ma ora se ne aggiunge un altro, più accreditato, quello di Marta Cartabia, stimatissima giudice costituzionale. Sarebbe oltretutto una svolta storica, la prima donna premier nella nostra Repubblica.

Questo per i nomi: ma la vera battaglia in realtà sarebbe sui contenuti, perché la discontinuità richiesta dal Partito Democratico e da uno Zingaretti che su questo ha ottenuto l’unanimità della sua direzione riguarda non solo i nomi ma anche e specificamente le politiche sociali e del lavoro. Qui il Partito Democratico entra in rotta di collisione con quelle che sono state le principali parole d’ordine e conquiste governative del Movimento, a partire dal reddito di cittadinanza.

Se insomma un nome per il premier si troverà, è il programma quello che pare molto più arduo da mettere insieme in quei pochi giorni che richiede il capo dello Stato, preoccupato dall’incombere delle scadenze internazionali e interne, soprattutto in materia di conti economici. E quindi: o accordo solido subito, o elezioni il 3 novembre. Il che, sia detto qui in fondo ma senza sottovalutarne il rilievo, non dispiacerebbe a Zingaretti, per due buoni motivi. Il primo è avere dei gruppi parlamentari nuovi e non più eterocontrollati (da Matteo Renzi).

E secondo per una sensazione che molti esperti condividono: gli ultimi eventi hanno fatto sballare la narrazione politica sovranista di Salvini, e molti voti potrebbero tornare contendibili. Come dire che dopo le elezioni lo stesso accordo con i 5 stelle, dal punto di vista del segretario Democratico, potrebbe essere tentato a condizioni migliori, con rapporti di forza parlamentari più equilibrati.

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