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A Perpignan il festival del fotogiornalismo, dal lago Niger al carcere di Rebibbia: le foto

03 Settembre 2019 - 19:41 Emma Bubola
Lynsey Addario ha fatto il giro di quei paesi dove troppe madri muoiono ancora durante il parto. Intanto Cyril Abad è andato a scovare le manifestazioni più strane della fede evangelica americana. Un giro del mondo e delle sue complessità, in immagini

Per due settimane, dal primo al 14 settembre, il festival internazionale di fotogiornalismo Visa pour l’Image invade la cittadina francese di Perpignan. Nel menu, una selezione dei migliori reportage fotografici che hanno raccontato il mondo quest’anno. Dai gilet gialli alla guerra in Yemen, a Perpignan la fotografia è cruda e di altissima qualità. Abbiamo segnalato alcuni autori.

Lynsey Addario, Mortalità materna

In molti Paesi in via di sviluppo come Afghanistan, Somalia, Ciad, India e Haiti muoiono ogni anno più di 500.000 donne, principalmente a causa di difficoltà di accesso a strutture mediche adeguate. A volte gioca un ruolo anche la mancanza di mezzi di trasporto, o il cattivo stato delle strade per raggiungere le strutture sanitarie, che spesso non hanno gli strumenti per diagnosticare e trattare le complicazioni che possono avvenire durante il parto.

Foto: Lynsey Addario / National Geographic / Getty Images Casey Otto Haubelt nasce dopo un parto cesareo perché la placenta della madre era attaccata al muscolo uterino
Foto: Lynsey Addario / National Geographic / Getty Images Famiglie indiane si riposano in una sala riservata alle donne che hanno partorito tramite parto cesareo. Lo stato di Assam ha il più alto tasso di mortalità materna in India
Foto: Lynsey Addario / National Geographic / Getty Images Mamma Sessay è morta dopo aver dato vita ai suoi figli gemelli, a Magburaka in Sierra Leone

Valerio Bispuri, Prigionieri

Le prigioni, si sa, sono lo specchio della società, riflettono episodi di cronaca e grandi crisi economiche e sociali. Bispuri, dopo aver documentato le condizioni in 74 prigioni sudamericane, ha continuato questo percorso in Italia. «Ho lavorato in 10 prigioni per quattro anni e ho capito come il sistema carcerario italiano soffra di sovrappopolazione, inattività dei detenuti e di strutture precarie».

Foto: Valerio Bispuri Prigione di Capanna, Perugia
Foto: Valerio Bispuri Detenuti del Regina Coeli, in un immagine che ricorda la crocifissione di Cristo
Foto: Valerio Bispuri Detenuti a Poggioreale, Napoli

Frédéric Noy, La lenta agonia del lago Vittoria

Il secondo lago più grande al mondo, il più vasto d’Africa, il lago Vittoria rappresenta il più grande bacino di pesca d’acqua dolce nel pianeta. Polo ecologico, motore economico, riserva naturale: tra i 30 e i 50 milioni di cittadini dei paesi toccati dal lago – Tanzania, Uganda, Kenya – ne dipendono direttamente o indirettamente. Ma questo gigante d’Africa è in agonia a causa di tutti i rifiuti tossici che vi vengono riversati.

Foto: Frédéric Noy Gli uccelli attirati dai frammenti di pesciolini che le donne raccolgono per essiccare. Al largo, Musira, un’isola- prigione dei reali in epoca pre-coloniale
Foto: Frédéric Noy In una discarica, un uomo preleva le borse di blastica il cui colore blu inquina il lago
Foto: Frédéric Noy Un pescatore a Kisumu, Kenya

Olivier Coret, I gilet gialli

«Non sapevo cosa pensare di questo movimento, né di che forma avrebbe preso» scrive il fotografo Olivier Coret, «Già dal primo giorno, ero sorpreso della sua estensione e dal tipo di persone che sono scese in strada. Per questo primo atto, sono andato al nord di Amiens: c’erano dei giovani e dei vecchi, gente di sinistra e fascisti, pensionati, famiglie, agricoltori, disoccupati, genitori di bambini handicappati, classi medie..»

Foto: Olivier Coret / Divergence per Le Figaro Magazine Un prete raggiunge la manifestazione dei gilet gialli il 15 gennaio 2019
Foto: Olivier Coret / Divergence per Le Figaro Magazine I negozi vandalizzati dalle proteste il 16 marzo 2019
Foto: Olivier Coret / Divergence per Le Figaro Magazine Scontri di fronte all’Arco di Trionfo a Parigi, il 1 dicembre 2018

Lorenzo Tugnoli, La crisi in Yemen

Da più di quattro anni, le forze del governo yemenita e i ribelli houti sono in guerra e oggi più della metà della popolazione è minacciata dalla carestia. Lorenzo Tugnoli ha vinto il World Press Photo con le sue foto della crisi umanitaria.

Foto: Lorenzo Tugnoli / The Washington Post / Contrasto Saleh Abdo Ahmed e suo figlio Abdo Saleh a casa loro, nel villaggio di’Al-Jarb. Abdo (3 anni) soffre di grave malnutrizione e rischia di morire
Foto: Lorenzo Tugnoli / The Washington Post / Contrasto Uomini che lavorano al mercato del porto, l’offensiva militare ne minaccia gravemente l’attività e sono pochi a uscire ancora in mare
Foto: Lorenzo Tugnoli / The Washington Post / Contrasto Il campo rifugiati di Mishgafa, a nord di Aden, Yemen

Cyril Abad, In God we Trust

Il fotografo francese ha fatto un viaggio attraverso le eccentricità della fede americana, alla ricerca di quelle persone e quei luoghi che incarnano l’impatto del neoliberismo sul protestantesimo. Trump ha ottenuto l’80 percento dei voti degli evangelici e Abad ha voluto osservare l’America attraverso il prisma della religione.

Foto: Cyril Abad / Hans Lucas Bill Malbon, quando è andato in pensione nel 2005, ha avuto l’idea di costruire la sua chiesa portatile. Così viaggia con la sua piccola cappella nelle città e nei paesini della Virginia per proporre dei matrimoni originali e a basso prezzo
Foto: Cyril Abad / Hans Lucas Al centro di una foreste della Virginia, una comunità ha scelto 30 anni fa di vivere lontano dalle contingenze materiali, tutta nuda. Ogni weekend, due pastori servono il rito, anche loro senza vestiti
Foto: Cyril Abad / Hans Lucas John, del Maryland, impiegato municipale di Ocean City, ogni sera gira con la sua bici per mettere in guardia i giovani sui pericoli rappresentati dagli alcolici

Guillermo Arias, La Carovana

All’inizio del 2018 qualche centinaia di cittadini dell’Honduras si sono messi in cammino verso il nord. Dopo alcuni scontri alla frontiera tra il Messico e il Guatemala hanno proseguito il loro viaggio e mentre raggiungevano il centro del Messico, altre due carovane si erano già formate in America centrale per intraprendere lo stesso percorso. Per queste persone che fuggono dal loro Paese a causa dell’estrema violenza, viaggiare in gruppo riduce il pericolo a cui sono esposte.

Guillermo Arias / AFP Dei migranti centramericani guardano attraverso la barriera sorvegliata dalle guardie vicino a Tijuana, 25 novembre 2018
Guillermo Arias / AFP Una carovana di migranti dorme su un campo da basket
Guillermo Arias / AFP Migranti a bordo di una carovana in Messico, 30 ottobre 2018

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