Cosenza si stringe intorno al piccolo Rayem. La mamma del bimbo: «Mio figlio voleva solo fare una carezza»

L’aggressore e sua moglie, denunciati per lesioni aggravate, rientravano in un programma di protezione: il fratello dell’uomo è un pentito di camorra. Sono stati trasferiti per sicurezza

«Il mio Rayem non ha dormito per due giorni. Era terrorizzato, piangeva. Mi chiedeva: “Cosa ho fatto di sbagliato?”». Bouazza Toubi, il papà del bimbo di tre anni preso a calci nel centro di Cosenza, non riesce a spiegare al figlio il motivo per cui è stato picchiato. «L’ho affrontato e gli ho chiesto: perché? – racconta la mamma del piccolo – Lui ha detto di non sapere che cosa volevo e se n’è andato. Sono corsa ad avvertire i poliziotti».


Cosa è successo: l’attesa dal medico

È quasi sera nel centro di Cosenza. Una madre accompagna i suoi tre figli dal medico: hanno 3, 10 e 14 anni. La sala d’attesa è piena. Per non far annoiare i bambini, la donna dà loro i soldi per andare a comprarsi un gelato. Camminando in via Macallè, traversa di corso Mazzini, il più piccolo dei tre fratelli si avvicina incuriosito a un passeggino con a bordo una bimba.


Il folle gesto

Il padre della neonata, improvvisamente, sferra un calcio sull’addome del piccolo Rayem. «Ha fatto un salto di due metri e si è accasciato a terra», ha raccontato una testimone. Il bambino, d’origine africana, viene portato al pronto soccorso. L’uomo e sua moglie sono stati denunciati con l’accusa di lesioni personali aggravate.

L’aggressore è il fratello di un pentito

L’uomo, le cui generalità sono tenute segrete per ragioni di sicurezza, è il fratello di un pentito di camorra: si trovava nel Cosentino proprio perché inserito in un programma di protezione. Lui e sua moglie, che adesso dovranno rispondere in tribunale per l’aggressione, sono stati immediatamente allontanati dalla Calabria: a quanto si apprende, si troverebbero già in un’altra località protetta.

Il racconto della madre: «Voleva solo fare una carezza»

Ulteriori dettagli sulla vicenda li fornisce la mamma di Rayem all’Agi. All’improvviso, dallo studio, «sento delle grida, e ho riconosciuto la voce di mio figlio. Mi sono affacciata dal balcone e ho visto tanta confusione. Mi sono precipitata giù e c’era tanta gente intorno a mio figlio piccolo, che era a terra, era pallido e non parlava».

Una violenza inaudita

Le tinte della vicenda diventano ancora più scure quando la madre racconta la furia dell’uomo: «Mi hanno detto che era stato tirato un calcio a mio figlio da un signore che passava, e che questo voleva tirargliene anche un altro. Ma si è messo davanti un altro dei miei figli e il secondo calcio lo ha preso lui». «Il mio bambino voleva solo fare una carezza al figlio di quel signore, mai mi era capitata una cosa simile», conclude la donna.

Lo stato di salute del bambino

Il padre di Rayem, a Repubblica, descrive le condizioni in cui si trova Rayem: «Ha ancora dolore, ma quello passerà insieme a lividi e contusioni. Anche oggi i medici lo hanno visitato e hanno detto che non c’è nulla di preoccupante, per fortuna. Psicologicamente però, ci preoccupa. Non riesce a capire cosa sia successo e piange disperato. Pure il fratello e la sorella sono inquieti, arrabbiati».

Una Cosenza diversa

«In oltre vent’anni in Italia, non mi è mai successa una cosa del genere – continua Toubi, il padre -. Lavoro qui a Cosenza dal 1995, la mia famiglia è qui, i miei figli crescono qui non ho mai avuto problemi». La famiglia non ha intenzione di lasciare la città: «Per giorni mi sono disperato, ma i concittadini mi sono stati vicini – dice, ringraziando la polizia perché – è stata rapida e ha trovato subito l’aggressore. Adesso che è stato fermato sono più tranquillo». A riconoscere l’autore del gesto sarebbero stati proprio i fratelli del piccolo.

Il flash mob di solidarietà

Sabato 7 settembre, alle 18:00 in via Macallè, è stato organizzato un flash mob per mostrare la vicinanza alla famiglia e al piccolo Rayem. «Contro ogni fascismo e razzismo – spiegano i Giovani Democratici, i ragazzi del Pd che hanno lanciato l’iniziativa -. Testimoniamo la nostra condanna a violenza e intolleranza proprio nel luogo dove è avvenuto. Occorre ritrovarsi, costruire, stare insieme perché l’unica via percorribile per liberare le città e i quartieri dalla violenza razzista è esserci». Tra le molte visite a casa della famiglia, anche quella del sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto: «Tanta gente ci telefona o viene a trovarci – dice la madre del piccolo – siamo grati per la vicinanza».

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