Nel libro di Sergio Rizzo «La memoria del criceto» c’è una leggenda metropolitana sull’emigrazione italiana

Chi non ricorda la storia è condannato a ripeterla, diceva Santayana, ma se la memoria è priva di fonti?

«Il criceto non riesce a ricordare; gli italiani non vogliono ricordare» scrive Sergio Rizzo nel suo nuovo libro intitolato, appunto, «La memoria del criceto». Ricorda, inoltre, che «rimuovendo i ricordi cadono sempre negli stessi errori», ma cosa succede se il ricordo è privo di fonti e con informazioni sbagliate?


Il testo privo di fonti del libro di Sergio Rizzo.

«Siamo un Paese senza memoria», riporta il libro nel prologo, ma a volte alcune «memorie» rimangono impresse nella testa di alcune persone perché fanno piacere. Rizzo riporta nel suo libro una di queste «memorie storiche» che a questo punto sarebbe meglio definire «leggenda metropolitana»:


La maggior parte dei nostri emigrati in quei 124 anni, quasi 5 milioni e mezzo, è finita nell’America del Nord. Dove gli italiani, secondo la relazione dell’ottobre 1912 dell’ispettorato dell’immigrazione al Congresso degli Stati Uniti, erano questi: “Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano in due e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra di loro parlano lingue incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché è diffusa la voce di alcuni stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali…”. Ricorda qualcosa?

«Piccoli e scuri, puzzano e rubano…» si intitolava il capitoletto sulla storia priva di fonti.

Il testo, conosciuto con il titolo «Piccoli e scuri, puzzano e rubano», venne citato in diverse occasioni sui social anche attraverso diversi personaggi famosi – come Saviano nel 2013 – e durante programmi televisivi, purtroppo senza le dovute verifiche. Si tratta di una storia priva di fonti trattata nel 2009 da Paolo Attivissimo:

Una ricerca ancora più approfondita è stata pubblicata presso DavidOrban.com, che ha utilizzato il magnifico servizio “Ask a Librarian” (chiedi a un bibliotecario) della Biblioteca del Congresso statunitense. La dettagliatissima risposta fornisce alcuni dati interessanti: non esisteva un organo ufficiale chiamato “Inspectorate for Immigration” nel 1912, ma i funzionari locali del servizio d’immigrazione erano chiamati “Inspector”. Ma anche interpellando questi non emerge traccia della citazione.

C’è da dire, inoltre, che il Congresso americano non ha svolto alcuna sessione di lavoro nell’ottobre del 1912:

Un altro elemento curioso riguarda le baracche di legno e alluminio siccome quest’ultimo all’epoca era molto costoso, troppo per dei «poveri migranti». La narrativa piace a molti, da parte di chi vuole ricordare come sono stati considerati gli italiani all’estero e da chi è contro al trattamento discriminatorio verso i migranti che oggi arrivano in Italia. Nonostante la leggenda metropolitana, ciò non toglie il duro trattamento subito dagli italiani e le discriminazioni subite, storie riportate in un altro libro a firma di un collega di Rizzo, Gian Antonio Stella: «L’orda: quando gli albanesi eravamo noi» (ricordate come venivano considerati gli albanesi molti anni fa).

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