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Siria, l’esercito turco avanza oltre il confine. L’ombra dei gruppi jihadisti usati contro i curdi

12 Ottobre 2019 - 16:21 Redazione
A provarlo sarebbero le foto scattate dagli stessi miliziani e postate on line

Continua l’operazione turca nel nord-est della Siria. Ankara annuncia di aver espugnato il centro di Ras al-Ayn, città di confine chiave nella Siria nord-orientale: si tratterebbe dell’avanzamento più significativo, scrive l’Associated Press, dall’inizio delle sue operazioni transfrontaliere contro i combattenti curdi siriani.

Il centro residenziale di Ras al-Ayn è stato preso sotto controllo attraverso le operazioni di successo nella parte orientale dell’Eufrate (Fiume), twitta il ministero della Difesa turco.

Una nota ufficiale che viene però smentita immediatamente dalle autorità curde: «Ras Al-Ayn sta ancora resistendo e i combattimenti sono in corso», spiega un funzionario delle forze democratiche siriane a guida curda.

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, un osservatorio sulla guerra appartenente all’opposizione e con base in Gran Bretagna, le truppe turche sono entrate in città e i combattimenti sono ancora in corso. Coperti dall’artiglieria e da alcuni attacchi aerei turchi, l’esercito turco e le forze di opposizione siriane alleate avanzano – scrive ancora l’Ap – nei villaggi intorno a Tal Abyad e Ras al-Ayn.

Non ci sarebbero state vittime dopo l’attacco turco lanciato su Kobane, dove si trovano le truppe americane, ma nei rapporti tra Ankara e Washington questo episodio porta nuove tensioni, visto che già sulla versione dei fatti si è consumato un altro scontro.

Gruppi jihadisti contro i curdi

Contro i curdi, nella guerra intrapresa contro le Unità di protezione del popolo curdo siriano, o YPG, considerate una minaccia per i suoi legami con l’insurrezione, la Turchia starebbe usando proprio gruppi jihadisti.

A provarlo, le foto scattate dagli stessi miliziani. L’Esercito siriano nazionale (National Syrian Army, Nsa) che combatte al fianco di Ankara, scrive Repubblica, è composto da decine di brigate e battaglioni per un totale di 25mila uomini – a detta dei comandi dell’Nsa. Tra loro, anche Ahrar Al Sharqiyal, ovvero gruppo di ribelli siriani armati del Governatorato di Deir ez-Zor, di ideologia nazionalista e islamista, fondato da alcuni fuoriusciti di Al Nusra tra cui Abu Maria Al Qahtani. Gruppo accusato, scrive ancora Repubblica, di essersi alleati con l’Isis, e di aver aiutato i terroristi europei a raggiungere da Est le sue roccaforti.

Sono le immagini postate sul profilo Twitter ArabBaathist a seguire i ribelli in territorio curdo. «Ahrar al-Sharqiya è il primo gruppo a tagliare fuori l’autostrada M4 tra Al Hasakah e Aleppo, una delle maggiori rotte di approvvigionamento per i terroristi», si legge. E per «terroristi» qui si intendono i combattenti delle Unità popolari curde Ypg e Ypj: gli stessi che si sono opposti per anni all’Isis e che sono stati fondamentali nel sostegno alla Casa Bianca nello sconfiggere lo Stato islamico.

«Il ritorno e la rinascita dello Stato Islamico è uno dei maggiori rischi», aveva avvertito Claudio Locatelli, ex combattente nel Rojava e amico di Lorenzo Orsetti, scomparso a marzo per mano di Daesh. «Ci sono circa 70mila prigionieri collegati a all’Isis nelle nostre carceri in Siria, di cui 14.500 foreign fighters. Lo Stato Islamico nell’ottica di un’imminente battaglia diventerà secondario: i curdi non saranno in grado di gestire una guerra di aggressione contro la Turchia e i prigionieri jihadisti allo stesso tempo».

L’omicidio jihadista della segretaria generale del Partito Per il Futuro della Siria

A farne le tragiche spese è stata anche la segretaria generale del partito per il Futuro della Siria, Havrin Khalaf, rimasta uccisa nell’autobomba esplosa ieri 11 ottobre a Qamishli, città curda presa di mira sia dall’Isis, (che ha rivendicato l’attentato), sia dal fuoco turco. A darne notizia sono state nelle ultime ore fonti curde.

Khalaf aveva guidato di recente un Forum tribale delle donne e si era battuta per una transizione democratica verso una Siria inclusiva e rispettosa dei diritti delle minoranze, fortemente decentralizzata rispetto all’impostazione baathista – cioè del partito Ba’th di Bashar al-Assad e Abdullah al-Ahmar.

Al momento della sua fondazione, avvenuta il 27 marzo del 2018, il Partito per il Futuro della Siria, affermò tra i suoi principi la laicità dello Stato, una Siria multi-identitaria, la rinuncia alla violenza in favore di una lotta pacifica per la risoluzione delle controversie, e l’eguaglianza tra uomini e donne. Tra i punti cardine c’è anche il rispetto delle risoluzioni delle nazioni Unite, in particolare la risoluzione 2254, secondo cui tutte le fazioni del popolo siriano dovrebbero essere rappresentate nel processo politico, compresa la stesura di una nuova costituzione.

Foto Twitter/ArabBaathist

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