Siria: Erdogan non arretra, Trump minaccia sanzioni. Newsweek: «Turchi bombardano per errore forze Usa»

Per l’Onu, dall’inizio dell’offensiva, ci sarebbero almeno 100mila persone in fuga

Il no del Pentagono all’intervento in Siria non ha scalfito il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che ha ribadito che Ankara non fermerà l’operazione militare in Siria nonostante le «minacce».


Il leader dell’Akp non fa marcia indietro ed è deciso a portare avanti l’incursione delle truppe turche nel nord-est della Siria. In risposta alle azioni di Erdogan il presidente americano sta per autorizzare sanzioni «molto significative» contro la Turchia, che però non verranno per il momento attivate. Lo ha affermato il ministro del Tesoro americano, Steve Mnuchin.


Intanto, dopo l’avvertimento di Washington sulla pericolosità dell’intervento militare turco per l’indebolimento della lotta all’Isis, da Qamishli lo Stato Islamico è tornato a colpire. L’attentato compiuto con un’autobomba nella città a maggioranza curda ha causato decine di vittime.

Lo riferisce Site, sito di monitoraggio del jihadismo online. Qamishli si trova nella zona sotto controllo curdo del nord della Siria, a est rispetto all’area in cui la Turchia ha avviato la sua operazione militare. Nella stessa zona c’è il carcere colpito da un raid turco, da cui, secondo le autorità locali, sarebbero poi fuggiti 5 jihadisti dell’Isis.

L’errore a Kobane: i turchi bombardano le forze Usa

Le forze turche impegnate nell’offensiva contro i curdi nel nord della Siria avrebbero bombardato per sbaglio uomini delle forze speciali americane presenti nell’area. Lo rende noto Newsweek che cita fonti dell’intelligence curdo-irachena e un alto funzionario del Pentagono.

Le forze statunitensi, una compagnia formata da 50 a 100 uomini, si trovavano su una collina nella città di Kobane quando sono state state raggiunte da colpi di artiglieria sparati dalle postazioni turche.

100mila in fuga

Per l’Onu ci sarebbero almeno 100mila persone in fuga dall’inizio dell’offensiva turca. Molte si sarebbero rifugiate nelle scuole delle città di AlHassakeh e Tal Tamer.

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